La foresta dei sogni
Che cosa può accadere se un regista quotato, come Gus Van Sant, e due stelle di primaria grandezza nel firmamento hollywoodiano, come Matthew McConaughey e Naomi Watts, si trovano a confrontarsi con una sceneggiatura presuntuosa ed incongruente, melensa e ridondante? Può accadere che scaturisca una pellicola come La foresta dei sogni: presentato in anteprima e in concorso a maggio 2015 alla 68ª edizione del Festival di Cannes, il film ha avuto un’accoglienza talmente controversa da indurre la produzione a procastinarne la distribuzione negli Usa per un periodo indefinito. Probabilmente, soltanto l’esito commerciale delle prime proiezioni, previste a fine aprile 2016 in alcuni paesi europei tra cui l’Italia, sancirà la strategia distributiva in patria. Ancora una volta si dimostra quindi l’ineluttabile regola secondo cui né il talento di un regista né la bravura ed il carisma degli attori possono raddrizzare le sorti di un film, quando esistono carenze profonde nello script.
Arthur Brennan (Matthew McConaughey) è un cittadino americano che ha perso ogni ragione di vita dopo la morte della moglie Joan (Naomi Watts); divorato dai sensi di colpa per il suo egoismo e la sua distrazione nel ménage matrimoniale, decide di partire per il Giappone per porre fine alla sua vita in un posto particolare, un bosco misterioso alle pendici del Monte Fuji chiamato “il mare d’alberi” (“The sea of trees” del titolo originale). Qui incontra un giapponese, anche lui aspirante suicida, che gli fornisce l’opportunità di rileggere la propria esistenza, affrontando un profondo percorso di riflessione che rimetterà in discussione i propositi di entrambi.
Nel realizzare la sceneggiatura de La foresta dei sogni, Chris Sparling ha voluto effettuare una sorta di analisi delle maniere estremamente diverse con cui le persone reagiscono al dolore ed alla perdita; l’ispirazione è venuta proprio dalla scoperta di questo bosco giapponese, questo luogo misterioso e profondamente spirituale verso cui molti individui si dirigono, anche affrontando lunghi viaggi, portando dentro di sé la terribile e incrollabile idea di porre fine alla propria vita. Alla base, c’era quindi un progetto piuttosto ambizioso, quello di raccontare lo strenuo confronto dell’uomo contro l’accettazione di un lutto, il disorientamento che coglie nel ricercare il vero senso dell’esistenza, l’incapacità di comprendere l’assurdità della morte. Tali problematiche, così delicate e pregnanti, sono state però affrontate da Sparling in modo eccessivamente retorico, ricorrendo a meccanismi narrativi da “soap opera” e conferendo alla pellicola toni melensi che spesso sfociano nel grottesco; l’abbondanza di dialoghi, e anche di monologhi, ridondanti e pesanti non agevola, poi, il lavoro degli attori che non riescono a donare credibilità e spessore ai propri personaggi.
In un contesto del genere, la messa in scena di Gus Van Sant non poteva certo fare miracoli. In ogni caso, grazie anche all’ottimo apporto del direttore della fotografia Kasper Tuxen, il regista riesce a ricreare atmosfere piuttosto coinvolgenti nelle scene ambientate nel “mare di alberi”, le cui suggestioni magiche ed evocative vengono ben rappresentate e valorizzate. Non riesce tuttavia a conferire un ritmo accettabile alla narrazione, che risulta notevolmente appesantita dal frequente ricorso ai flash-back, né a stemperare l’eccessivo patetismo della trama con tocchi visionari o con qualche scena dall’elevata resa drammatica.
Pur evidenziando una produzione molto curata e rivelandosi inappuntabile sotto i vari aspetti tecnici, La foresta dei sogni non appare, in definitiva, all’altezza delle elevate ambizioni di partenza; il film, che aveva la pretesa di emozionare e coinvolgere lo spettatore spingendolo a riflettere su tematiche di alto profilo, riesce invece, prevalentemente, ad annoiare e deprimere.
(The Sea of Trees) Regia: Gus Van Sant; sceneggiatura: Chris Sparling; fotografia: Kasper Tuxen; montaggio: Pietro Scalia; musica: Mason Bates; scenografia: Alex DiGerlando; interpreti: Matthew McConaughey, Naomi Watts, Ken Watanabe; produzione: Bloom, Netter Productions, Waypoint Entertainment; distribuzione: Lucky Red; origine: Usa; durata: 110’.