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La la land e il vivere senza tempo

Pubblicato il 23 febbraio 2017 da Antonio Pezzuto & Mazzino Montinari


La la land e il vivere senza tempo

Mazzino mi invia un suo testo che ha scritto su La La Land. Visto il nome di questa rubrica un pezzo al film glielo dobbiamo. La sera prima gli avevo chiesto, a Mazzino, se secondo lui la legge di Darwin fosse rispettata non solo dalle specie animali e vegetali che abitano questo pianeta ma anche dai macrorganismi, dalle stelle, dai sistemi solari, le galassie e i buchi neri, l’Universo. Siamo così arrivati a parlare del Tempo e del fatto che non possiamo nemmeno immaginarci cosa sarebbe l’assenza di tempo che ci troveremmo sempre a fare i conti con un “attimo”, un “prima”, un “istante”. O con la contemporaneità. E anche che in una prospettiva senza tempo non potrebbero esistere nemmeno le parole, con le loro lettere che si seguono una dietro l’altra. E l’unica immagine dovrebbe essere immobile, sempre la stessa. E anche la parola “sempre” non avrebbe più senso. E nemmeno la “stessa” avrebbe senso, aggiunge Mazzino, perché il tempo differenzia. Per questo, quando immaginiamo di vivere le cose, possiamo scegliere solo all’interno di un campo molto limitato di opzioni. Non abbiamo scelte che probabilmente esistono ma che esulano dalla nostra immaginazione. Le possibilità che ci si prospettano, cioè, derivano dalla nostra natura, da quello che siamo.
La La Land è un film di scelte, o almeno così crediamo. E su questo concorda anche Mazzino che ha scritto alcune parole su questo film e che mi ha appena inviato e che, riviste da me, dicono:
«È sempre una questione di scelte. O almeno così crediamo. Sebastian è un pianista jazz vecchio stile, superato dai tempi che, però, vorrebbe far riemergere la classicità e l’eleganza di un’arte musicale che è stata soppiantata da generi più omologanti e senza genio. Il suo sogno, contro ogni ragione possibile, è quello di riaprire un locale dove una volta suonavano le leggende del jazz e ora si dà spazio solo a miseri repertori da pianobar. Mia è una giovane aspirante attrice. Ogni volta che se ne presenta l’occasione corre ai provini. Studia, si prepara, cerca di migliorarsi, ma niente, viene sempre respinta. Il suo talento non è compreso. Questo film rappresenta il più classico degli esempi di quando si mettono a confronto ragione e sentimento. La La Land gioca su un doppio binario narrativo che ovviamente si incrocia. Il primo riguarda l’adesione completa tra il nostro essere e ciò che si fa per essere. Sia Sebastian che Mia legano il desiderio di fare musica e recitare direttamente al loro esistere. Non riuscire a realizzare quel progetto significherebbe fallire su tutta la linea. Eppure dall’altro lato, la ragione indica più volte una strada alternativa, quella del compromesso se non addirittura della ritirata, perché sembra che non si possa vivere in questo mondo inseguendo solo i sogni. Il secondo livello narrativo è naturalmente la storia d’amore. Sebastian e Mia si amano, tuttavia lo stare insieme a un certo punto, potrebbe rivelarsi controproducente per il loro percorso».
A questo punto, è un po’ complicato continuare a parlare senza fare spoiling. Ma diciamo, che nel film succedono delle cose e altre cose vengono semplicemente immaginate. E le opzioni che la natura di Damien Chazelle rende possibili, le opzioni, cioè, che lui - in odore di Oscar - riesce a immaginarsi, sono solo due: Mia e Seb restano insieme; Mia e Seb si lasciano.
Il film a me ha divertito molto vederlo. Ma i miei dubbi sono proprio legati a questo orizzonte di scelte che i protagonisti si trovano di fronte . L’uomo del film, cioè, può avere come prospettiva figa sia lo sposarsi e l’essere felice accanto alla donna che ama e ai figli, sia il vivere fumando sigarette, suonando jazz, solo e appagato da qualche relazione occasionale. Alla donna, invece, appartiene una sola prospettiva: deve sposarsi e avere famiglia, e figli. Altrimenti è sconfitta. Non sarà mai felice. Deve tornare nel suo paesino a casa dei genitori. Cioè, in due parole, a me la logica che sottende questo film mi sembra veramente un bel po’ fallocentrica.
Forse perché - ribadisce Mazzino - fallocentrico è il mondo nel quale viviamo. «Non credo dice lui - che il film suggerisca modelli di vita. Propone degli archetipi. Questa storia, come tante in precedenza, ci pone di fronte ai nostri demoni, anche se con la leggerezza di un musical. Non si potrebbe vivere senza la ragione, senza pensare di avere ragione, senza comprendere le ragioni di qualcuno o di qualcosa. Eppure di fronte a certe scelte esistenziali, alla nostra vita, dovremmo forse lasciarci guidare anche da qualcosa che superi la ragione e che ci permetta di avanzare dubitando sia di noi stessi e che degli altri. Insomma, per semplificare, Sebastian e Mia sono due personaggi irretiti, legati al loro egotismo, non sono due modelli. E aggiungo come nota personale del tutto trascurabile, ma forse utile a capire i paragrafi precedenti, il film mi è piaciuto ma al contrario di chi lo “ama”, a me interessa proprio per la “negatività” dei personaggi».
E che i due personaggi siano negativi si vede già dalla scena iniziale, dove è una collettività quella che si muove e crea il senso. E a questa collettività che balla e canta si contrappongono le immagini di Seb e Mia, chiusi, da soli nelle loro automobili, capaci solo di interagire con gli altri mostrando il dito medio o suonando un disarmonico clacson.
E mentre penso a questo, Mazzino torna indietro nel tempo e prosegue i suoi pensieri: "Ti ricordi uno dei pezzi che abbiamo scritto da Venezia? "Passeggiando in bicicletta"?
Si parlava proprio di La La Land e di «personaggi chiusi nel loro piccolo spazio vitale», dove «il mondo inteso come il luogo dove si condivide e si agisce insieme rimane quasi sempre fuoricampo». E infine: «Storie personali, il desiderio di far carriera, amare un uomo o una donna. Oltre il due non si va. E i due protagonisti sono un musicista e un’attrice, cioè hanno a che fare con l’arte, l’opera intorno alla quale dovrebbe istituirsi un ’paese’. Il fatto è che si fa per essere, non si è per fare». All’epoca non l’avevi ancora visto il film e mi opponevi le sartine che Wang Bing raccontava nel suo film Ku Qian. Forse ora affronteresti il discorso in modo diverso!"
Ma le sartine di Wang Bing, come le sartine e i sartini che lavorano al Pigneto a Roma, sulla Tuscolana come a Madonella a Bari a Prato o in via Sarpi a Milano, non sono soli per eccesso di egotismo. Sono soli anche perché la nostra cultura è dominata da film belli come La La Land che rimandano immagini felici di persone che sono sole. E non c’è sindacato che tuteli i delusi in amore, così come non c’è sindacato che tuteli le sartine. Il tempo li ha cancellati tutti, perché evidentemente, non erano funzionali all’evoluzione della specie. Oppure perché il darwinismo funziona su animali e esseri umani, ma meno, molto meno sui sistemi politici.


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