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La legge della notte

Pubblicato il 7 marzo 2017 da Marco Di Cesare
VOTO:


La legge della notte

Affinché un autore possa essere considerato tale, egli deve realizzare una crescita all’interno della propria poetica, un accumulo di idee che portino a una commistione di stasi (nel senso di stabilizzarsi e consolidarsi) e allo stesso tempo di movimento, movimento che nel suo alveo come un fiume trascina i temi ricorrenti di una poetica, spingendoli verso la meta che l’autore si è – più o meno consciamente - prefissato. Tutto ciò perché egli possa definire una visione precisa del mondo, della realtà, laddove il mondo rappresenta l’insieme di idee che lo compongono, sospeso esso nel conflitto, lungo il confine dove risiede l’attrito che si forma tra stasi e movimento di idee e di mentalità.
Le opere di un autore, essendo ovviamente queste la base espressiva della sua poetica, sono tessere di un mosaico che va a realizzarsi nel tempo e del tempo avendo necessità al fine di formarsi. Così si può ipotizzare come l’esordio di un regista incarni la resa espressiva delle opinioni che costui ha accumulato negli anni di formazione, negli anni di vita. Mentre il secondo film rappresenti o un prosieguo oppure, nel caso di un esordio fallimentare, la negazione del primo film. Laddove il vero turning point è maggiormente il terzo: quello che dà la stura alla successiva evoluzione della filmografia di un artista.

E Ben Affleck incarna benissimo tale ’teoria’, essendo poi lui parte di un sistema produttivo - quello hollywoodiano - che difficilmente lascia totale libertà agli autori, soprattutto se dalla ancora giovane carriera registica, essendo Hollywood da sempre un sistema espressivo a livello di (ri)produzione industriale.
Nello specifico di Affleck si può facilmente notare come la sua opera, che consta di quattro film, sia suddivisibile in due dittici: il primo è composto da due noir (Gone Baby Gone e The Town) ambientati nel presente, ove recitano personaggi dallo spessore umano, ricchi di miserie nella Boston contemporanea; i successivi due (il Premio Oscar Argo e questo La legge della notte) sono entrambi collocati nel passato. Il primo dittico inquadra un luogo, un ambiente, la Boston proletaria di oggi che rappresenta probabilmente qualunque altra periferia di qualsiasi altra metropoli in giro per il mondo; mentre il secondo incornicia un pezzo di storia degli Stati Uniti di America, con Argo che porta in scena un pezzo di Storia eroica all’interno di quella che può considerarsi come una spy story; mentre La legge della notte è un gangster movie ambientato in particolare durante gli anni del Proibizionismo, con personaggi che si intrecciano sullo sfondo di una storia forse più minuta rispetto agli intrighi internazionali portati in scena da Argo. In ogni caso ambedue i film congelano i sentimenti dei personaggi in una resa convenzionale e semplicistica, quasi a rappresentare un didascalico distanziamento rispetto ad eventi e persone appartenenti – o che potrebbero essere appartenute - al Passato.

In La legge della notte si assiste all’ascesa del protagonista Joe Coughlin (interpretato dallo stesso Affleck) da semplice fuorilegge nella gelida Boston a ricco gangster affarista, responsabile del commercio clandestino del rum a Tampa per un’importante famiglia mafiosa, in una Florida torrida, multirazziale e scossa da tragici problemi di integrazione e inclusione sociale. Tratto, così come già Gone Baby Gone, da un libro del bostoniano Dennis Lehane (il cui omonimo romanzo in Italia è stato pubblicato in questi giorni), qui Affleck porta sullo schermo un ragazzo inizialmente deluso dall’esperienza della Grande Guerra in Europa («Partii soldato e tornai fuorilegge»), mosso a spostarsi a Tampa non per scopi di puro arricchimento economico, quanto per fini legati alla sua sfera più privata. Così il regista nato in California, ma presto da bambino adottato da Boston, come già in Gone Baby Gone e The Town delinea un protagonista con un proprio comportamento che lo contraddistingue rispetto all’ambiente circostante, perlomeno nella prima parte portatore di una nobiltà d’animo che si rifà a una morale contorta e anche ipocrita di sentirsi al di sopra del proprio medesimo gruppo di appartenenza, come nel caso del Doug MacRay di The Town (anche lì interpretato da Affleck). Mentre La legge della notte ancor più mostra il lato oscuro dell’American Dream: sullo sfondo i ruggenti Anni ’20 ricchi del dolore e della morte arrecati da vite fatte di eccessi (povertà e ricchezza, estremismo religioso, sesso, droghe e alcol), nel turbinio di un’epoca resa attraverso un’ottica filmica che si ispira ai ganster movie dell’Hollywood classica, in un rincorrersi tra vita e rappresentazione che diviene presto uno stantio falso movimento, per una corsa nel tempo e contro il tempo di vite che difficilmente potranno invecchiare («Gli uomini nobili di rado superano i quaranta anni»), così come in Argo vi era la presenza di una messinscena (meta)cinematografica utile per liberare gli ostaggi americani.
Argo: film che aveva mostrato i primi scricchiolii nell’opera di Affleck; scricchiolii che in La legge della notte sono diventati crepe.


CAST & CREDITS

(Live by Night); Regia: Ben Affleck; sceneggiatura: Ben Affleck (tratta dal romanzo omonimo di Dennis Lehane); fotografia: Robert Richardson; montaggio: William Goldenberg; musica: Harry Gregson-Williams; interpreti: Ben Affleck (Joe Coughlin), Elle Fanning (Loretta Figgis), Sienna Miller (Emma Gould), Zoe Saldana (Graciela), Robert Glenister (Albert White), Brendan Gleeson (Thomas Coughlin), Chris Messina (Dion Bartolo), Chris Cooper (Irving Figgis), Matthew Maher (RD Pruitt), Titus Welliver (Tim Hickey); produzione: Appian Way e Pearl Street Films; distribuzione: Warner Bros. Pictures Italia; origine: USA, 2017; durata: 128’; web info: Sito ufficiale, Pagina Facebook ufficiale, Pagina Twitter ufficiale.


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