La leggenda di Zorro

È passato molto tempo da quando nel 1919 Johnson McCulley, giornalista di cronaca nera, pubblicava a puntate, dal 9 agosto al 6 settembre di quell’anno su All Story Weekly, un romanzo: The Curse of Capistrano, storia di questo Robin Hood californiano di metà Ottocento di nome Zorro. L’anno successivo a Hollywood Fred Niblo ‘lanciava’ l’acrobatico Douglas Fairbanks in The Mark of Zorro (Il segno di Zorro, 1920). Negli anni ’30 e ’40 escono diverse serie con i titoli più disparati. Nel 1940 la Fox con Rouben Mamoulian traveste Tyrone Power con i panni dell’eroe californiano ne Il segno di Zorro. Di gran lunga superiore all’edizione del 1920, il film presenta diverse novità che poco hanno a che fare con la tradizione del personaggio. Seguono sino agli anni settanta una serie notevole di variazioni sul tema. Oltre alle numerose parodie particolarmente originali, risultano anche film italiani come Zorro contro Maciste e Zorro e i tre moschettieri (entrambi del 1963), oppure versioni erotiche: Les aventures galantes de Zorro (1972) e The Erotic Adventures of Zorro (1973). Nel 1975 anche Alain Delon non può fare a meno di vestire i panni dell’eroe nel film Zorro. E ai giorni nostri che succede? Zorro è diventato oramai obsoleto? Assolutamente no! Sembra proprio questo l’autunno di Zorro! Dal teatro, alla libreria, al cinema non si sente, apparentemente, parlare di altro. Così Margaret Mazzantini è a teatro con Zorro. Un eremita sul marciapiede: atto unico per il marito Sergio Castellitto che trasforma il personaggio in un anti-eroe emarginato, inserito in una realtà drammatica nella quale c’è spazio per riflettere su Libertà, Vita, Sogni e Memoria. Sempre a teatro è in arrivo un musical con sonorità chiaramente latine. Gli autori sono i famosi Gipsy Kings con l’ausilio dei testi di Stephen Clark ed il copione di Helen Edmunson. In libreria invece doppia uscita con Zorro. L’inizio della leggenda di Isabel Allende e La leggenda di Zorro di Ciencin Scott. È proprio quest’ultimo all’origine della sceneggiatura dell’omonimo film che invece in questi giorni è uscito nelle sale italiane. Un’uscita studiata nei minimi particolari, preparata da una martellante pubblicità che promette qualcosa che non riesce a mantenere. Sono passati sette anni dal precedente episodio, sempre firmato da Campbell: La maschera di Zorro. Nel 1998 il regista era riuscito a realizzare un ‘sano’ film di cappa e spada, simpatico, semplice ed efficace, allo stesso tempo lineare e fresco, insomma un buon film di genere con la giusta dose di ironia ed impegno intellettuale. C’erano Antony Hopkins bravo e pieno di autoironia, Antonio Banderas con il suo temperamento latino che dava quel tocco armonioso e un po’ caliente al personaggio e Catherine Zeta-Jones, bellissima come sempre, che interpretava una fanciulla fiera e dolce allo stesso tempo. Nel 2005 ci viene proposto un prodotto che sa di stantio, di già visto. Un lungometraggio (due ore e dieci che si fanno sentire tutte) pieno di effetti speciali ridondanti che si ripetono a ritmi vertiginosi e che danno l’impressione di essere stati messi lì a caso, senza una precisa logica. Dov’è finito l’atletico Banderas, che afferma di non aver utilizzato Stuntmen anche nelle scene più acrobatiche? Forse anche per i grandi attori il tempo passa? “Zorro è amato dalla gente perché è un uomo senza superpoteri - conclude Banderas - che deve fare i conti con un sacco di problemi quotidiani. Un eroe ‘imperfetto’ che, in qualche caso, finisce anche per essere comico”. Il problema è che mentre l’iberico presenta uno Zorro che non riesce a stare al passo con le scene di azione, la Zeta-Jones accusa di meno i sette anni di distanza dal primo film con il suo fascino e la sua bellezza. Questa discordanza negli effetti del tempo sui personaggi evidenzia ancora di più (forse volutamente?) il contrasto tra ritmi accesi e ‘bradipismo cronico’ in questa specie di action-movie in costume in cui Campbell non riesce nell’intento di ringiovanire il supereroe con piroette e acrobazie che sin dalla prima scena riempiono lo schermo. Il tentativo di approfondire la conoscenza dell’animo dei personaggi e dei loro problemi coniugali (che ci sia in questo lo zampino di Spielberg?) purtroppo affatica e non arricchisce la struttura del film. Il ritmo sostenuto, le scenette comico-grottesche e la musica prorompente non riescono a coprire alcuni buchi di sceneggiatura che affossano ulteriormente il film facendone sentire la lunghezza estenuante. Per fare un buon sequel non bastano dunque un aumento di budget, effetti speciali o montaggi rapidi. Servono buone e nuove idee, tutto qui.
(Ottobre 2005)
Regia: Martin Campbell; Interpreti: Antonio Banderas (Don Alejandro De La Vega/Zorro), Catherine Zeta-Jones (Elena De La Vega); Giovanna Zacarias (Blanca Cortez); Raul Mendez (Ferroq); Michael Emerson (Harrigan); Adrian Alonso (Joaquin); Pedro Armendariz Jr. (Governatore Don Pedro); Michel Bos (Arciduca Wilhelm); Nick Chinlund (McGivens); Shuler Hensley (Pike); Rufus Sewell (Armand); Sceneggiatura: Roberto Orci, Alex Kurtzman; Soggetto: Roberto Orci, Alex Kurtzman; Fotografia: Phil Meheux; Musiche: James Horner; Montaggio: Stuart Baird; Scenografia: Cecilia Montiel; Costumi: Graciela Mazon; Produzione: Columbia Pictures Corporation, Tornado Productions Inc., Amblin Entertainment, Spyglass Entertainment; Distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia; Origine: USA, 2005; Durata:130’; Data di Uscita: 28-10-05
