La misura del confine

Non si può articolare un discorso su La misura del confine senza tenere in considerazione le peculiarità produttive che hanno consentito la sua realizzazione e che lo caratterizzano in quanto film indipendente, come spiega chiaramente l’attore Peppino Mazzotta: «Io penso che un film fatto con queste modalità vada valutato anche nel contesto in cui è nato, perché del resto è l’unico modo possibile in cui poteva nascere: si è fatto di necessità virtù. Andrea ci ha messo tutto quello che aveva e anche quello che non aveva, quindi insomma è un miracolo che si deve in gran parte a lui e ci si augura che quantomeno ripaghi dei tanti sforzi gioiosi fatti per realizzarlo».
Andrea Papini è attivo dal 1986 e ha realizzato numerosi corti, documentari e spot pubblicitari. Nel 2008, con il lungometraggio La velocità della luce, vince il primo premio della rassegna Cinema domani. Esordi del cinema italiano indipendente, consistente nella possibilità di utilizzare per due settimane la telecamera digitale Red 4k. Così con la troupe del film precedente nasce l’idea di questo lungometraggio ambientato nel rifugio Vigevano, sulle splendide ed inquietanti Alpi piemontesi al confine con la Svizzera.
Giovanni e Mathias sono due topografi, il primo siciliano e l’altro svizzero, chiamati dal comune di Carcollo per datare una mummia rinvenuta sulle montagne e stabilire se appartenga alla Svizzera o all’Italia. L’interesse principale del sindaco di Carcollo è che il ritrovamento porti turismo. Il cadavere però non ha rilevanza storica, essendo troppo recente, e tuttavia suscita la curiosità degli ospiti del rifugio, che continuano le indagini sull’identità e la misteriosa morte dell’uomo rinvenuto.
La misura del confine è stato realizzato in due settimane, a tremila metri d’altezza, con un budget estremamente ridotto. «Questo film è un caso che avrebbe meritato mezzi migliori», sostiene Thierry Toscan, «non dico per la sua bellezza o per altro, ma semplicemente perché è un film indipendente, e non raccontate che è un film meraviglioso, perché probabilmente non lo è. Non si capisce se è commedia o se non è commedia, anche se è classificato come commedia italiana, il che basta, considerando lo stato attuale di questo genere». Invece Peppino Iacuzio denuncia la sua insoddisfazione: «io sono contentissimo di essere arrivato fin qui, cioè in una sala, ma non sono affatto contento di come abbiamo lavorato. Cioè sono orgoglioso del lavoro che abbiamo fatto, ma non è così che dobbiamo essere costretti a lavorare. Voglio lamentarmi. Io ho fatto solo film indipendenti, d’autore, low-budget, sono orgoglioso di quello che ho fatto, ma sono stanco. In America indipendente vuol dire un film che è libero da certi vincoli produttivi, e low-budget significa che ti danno ottocentomila euro, un milione per fare il film. Qui indipendente significa... sfigati.. non lo so... Indipendenti ok, low-budget significa zero. Uno può fare un film indipendente, ma con un minimo di sostegno che gli permetta di farlo al meglio delle possibilità. Ho visto una sala, due sale, niente soldi in tasca... Ti rimane la felicità di aver fatto un lavoro di qualità che chi ha visto ha apprezzato, però poi dentro ti rode, perché il lavoro va anche ricompensato e riconosciuto.»
La misura del confine solleva quindi problematiche rilevanti rispetto alla situazione del cinema italiano (e in particolare di quello indipendente) contemporaneo: «i canali di finanziamento li abbiamo ricercati tutti e sono stati tutti bocciati. Abbiamo sopportato per troppo tempo la prevaricazione di una serie di persone che hanno il potere di finanziare nel nostro paese. Basta, è il momento di dirlo» si sfoga il regista Papini, che ringrazia cast e troupe: «hanno veramente lavorato tutti in collaborazione e sono praticamente tutti co-produttori. Non potevo chiedere più di due settimane di lavoro alla troupe di attori e a quella tecnica.. abbiamo rischiato, non eravamo certi di portarlo a termine». Alla luce di queste premesse, il film è tecnicamente e fotograficamente un ottimo lavoro, penalizzato da alcuni difetti di cui il regista è consapevole e che spiega e giustifica con lucidità affermando di aver dovuto «buttare giù una sceneggiatura che poi con piena libertà creativa è stata realizzata, con dei limiti tecnici. Se io avessi avuto più mezzi avrei fatto un film diverso, girando nei teatri di posa si poteva lavorare di più sull’introspezione dei personaggi (di cui si sente effettivamente la mancanza). Al direttore della fotografia ho detto di farmi la fotografia di un documentario di lusso, e gli ho lasciato completa libertà. Sia come regia che come fotografia, sapendo che non c’era tempo per curarle, ho scelto uno stile semplicissimo, fatto proprio di niente, il minimo necessario per seguire la storia».
Dunque l’incerto futuro di questo film indipendente si basa sulla (vana?) speranza che diventi un piccolo caso che permetta pian piano a chi fa cinema con fatica e passione di crescere.
(La misura del confine) Regia: Andrea Papini ; sceneggiatura: Andrea Papini, Monica Rapetti ; fotografia: Benjamin Nathaniel Minot ; montaggio: Maurizio Baglivo ; musica: Petra Magoni, Ferrucio Spinetti ; interpreti: Paolo Bonanni (Mathias Valletti), Lorenzo Degl’Innocenti (Cunaccia), Giovanni Guardiano (Giovanni), Luigi Iacuzio (Osvaldo); produzione: Alba Produzioni Srl. ; distribuzione: Immagini distribuzione ; origine: Italia ; durata: 79’.
