La Morte Sospesa
Tratto dal libro autobiografico di Joe Simpson , autore della sceneggiatura, La morte sospesa è un dramma- documentario. Il regista e l’autore hanno rifiutato di realizzare la storia di due alpinisti in fiction, per evitare qualsiasi trasposizione romanticizzata e altre falsità estetizzanti lontane dallo spirito del racconto: spirito di un nudo e crudo realismo. La storia è elementare ma emblematica: due alpinisti legati secondo consuetudine da una corda, decidono di scalare le vette più alte affrontando i pericolosi e infidi ghiacciai delle Alpi. Simon, uno dei due, a un certo punto è costretto a tagliare la corda e abbandonare nel deserto dei ghiacci l’amico, che crede morto perché si era poco prima rotto una gamba. In realtà l’altro, cioè Joe, è potenzialmente morto nel senso che è sprofondato nel baratro di un ghiacciaio da cui non può risalire. Joe con una forza di volontà straordinaria riuscirà a salvarsi. Avvincente, emozionante e adrenalinico come un thriller è un film sull’ istinto primordiale della sopravvivenza. L’alpinismo diviene una metafora della vita..la vita è piena di ostacoli imprevisti e vince chi ha più determinazione e carattere. Insomma non esiste il talento o la sorte: la risorsa più importante dell’uomo è la forza di volontà. Il film è un inno al coraggio e al rifiuto della passività e della rassegnazione: per questo risulta così esaltante. Se Joe, l’eroico protagonista, fosse stato un pessimista o un debole, sarebbe morto e invece grazie al suo straordinario coraggio e ottimismo riesce a salvarsi e a divenire un esempio su come affrontare la vita e le sue prove. Il film è girato nel modo più realistico possibile senza finzioni ed è supportato da una bellissima fotografia e un montaggio ineccepibile. Il panorama delle Alpi è così spettacolare da costituire una scenografia naturale meravigliosa e mirabolante. Dal mistero di una natura incontaminata, muta e impassibile scaturisce spontaneamente il racconto filosofico: la montagna da scalare insegna a resistere ad ogni costo ma anche a sapersi fermare al momento giusto per riprendere le forze. Nella società consumistica e alienata delle grandi città la perdita del rapporto con la natura e con il sacro significa anche la perdita e l’inconsapevolezza delle proprie potenzialità e risorse energetiche ancestrali: questo il senso del sottotitolo Più ti avvicini alla morte e più ti senti vivo. Nella direzione di due attori, ambedue credibilie, Mcdonald giustamente rifiuta un tipo di interpretazione caricata o estetizzante o dialoghi di tipo letterario per rendere verosimile il racconto veristico. Insomma qualcosa di più di un documentario e qualcosa di più di un film senza essere né l’uno nell’altro: un docudramma a sfondo filosofico narrato come un thriller e in ogni caso al di là delle definizioni dei generi funziona, emoziona ed è terribilmente avvincente ...
[marzo 2005]
regia: Kevin Macdonald sceneggiatura: Joe Simpson fotografia: Mike Eley montaggio:Justine Wright musica: Alex Heffes interpreti: Nicholas Aaron, Brendan Mackey produzione: John Smithson e Sue Summers distribuzione: Fandango