La pazza gioia

Ci sono tante cose belle, anzi ottime, nel nuovissimo film di Paolo Virzì, ma ahimè anche qualcosina, e forse più di qualcosina, che funziona poco, e che compromette il risultato d’insieme. È come se dedicando tanta cura alla definizione di due personaggi femminili magnifici, complessi, e, per spendere una parola che si dovrebbe usare con parsimonia, indimenticabili, l’unico erede indiscusso della grande tradizione italiana della Commedia di Costume degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso abbia sorvolato, insieme alla sua co-sceneggiatrice Francesca Archibugi, su alcuni snodi del racconto, impostato sul binario di uno schema che sembra programmato a tavolino, un po’ come alla lunga finisce per risultare l’intero film, che se da un lato non riserva molte sorprese sul piano dello sviluppo narrativo, dall’altro procede per accadimenti cuciti insieme sulla falsariga di certi automatismi sospetti, finora estranei alla vena di spontaneità e di leggerezza che da sempre è la cifra riconoscibile dell’autore di Ovosodo, Caterina va in città e Tutta la vita davanti. La mano di Virzì, sempre felice nel dipingere contesti anche corali di resa difficile, quando non pericolosa, specie nell’ambito di un cinema, come quello italiano, troppo spesso prodigo di compitini superficiali, artificiosi e incapaci di restituire una qualunque verosimiglianza di ambienti e situazioni, ricrea con una regia nervosa e volatile la comunità di “matte” sulle colline pistoiesi, tutta murales colorati, suore bislacche e psichiatri alternativi, dove si incontrano Beatrice e Donatella, due figure agli opposti che ritrovano nella loro “corda pazza” il punto di incontro sul quale imbastire una relazione che le salverà e le recupererà al mondo senza presunte e buoniste guarigioni, ma anzi riservando loro, grazie alla dimensione della follia, uno spazio dove poter mettere in scena il proprio dialogo privato fondato su una vicinanza e una comprensione estranee a noi “sani”. La stralunata, mitomane Beatrice (vagamente ispirata alla Blanche Dubois del Tram chiamato desiderio di Tennessee Williams, ma pure alla Blue Jasmine di Woody Allen) e Donatella, ragazza “contro”, tatuata, depressa, mamma di un figlio che la legge le ha tolto e che non ha più rivisto, sono state immaginate e scritte su misura per Valeria Bruni Tedeschi e Micaela Ramazzotti, e quasi spiace riconoscere la supremazia della prima sulla seconda pur bravissima, verace, passionale, ma la “Morandini Valdirana” è senz’altro tra le più felici creazioni dell’intera filmografia di Virzì, un’autentica festa di invenzione e di scrittura, di quei ruoli che, per ammissione della stessa Bruni Tedeschi, sono doni che nella vita di un attore capitano una volta sola. Apprezzabile è anche l’intenzione, non sempre compiutamente realizzata, di evitare i sentimentalismi (vedasi soprattutto una sequenza ad alto rischio come quella della spiaggia), anche se l’uso della colonna musicale e soprattutto l’assenza di Francesco Bruni alla sceneggiatura lasciano avvertire una scelta di toni meno stemperata del solito… Insomma, le quasi due ore di proiezione scivolano sull’onda dell’emozione, dello spettacolo, del ritmo, e la giostra puntualmente innescata da ogni film di Virzì non si ferma un attimo, eppure stavolta qualcosina ogni tanto si intoppa, vuoi per qualche scivolone incongruo (come il tizio cui le ragazze rubano il fuoristrada, che le ritrova casualmente all’uscita del ristorante chic), vuoi per qualche concessione furbetta a un’emotività di matrice televisiva, forse pensando di rivolgersi a un pubblico dichiaratamente più femminile, con la complicità di un’esperta e sensibile sceneggiatrice come la Archibugi.
(La pazza gioia); Regia: Paolo Virzì; sceneggiatura: Francesca Archibugi, Paolo Virzì; fotografia: Vladan Radovic; montaggio: Cecilia Zanuso; musica: Carlo Virzì; interpreti: Valeria Bruni Tedeschi, Micaela Ramazzotti, Valentina Carnelutti, Anna Galiena, Marco Messeri, Tommaso Ragno; produzione: Lotus Production, Rai Cinema; distribuzione: Bac Films Distribution; origine: Italia, 2016; durata: 116’
