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La ricostruzione

Pubblicato il 10 luglio 2014 da Alessandro Izzi
VOTO:


La ricostruzione

Eduardo sembra a tutta prima un automa senza anima.
La macchina da presa lo riprende nelle sue azioni quotidiane enfatizzando a ogni passo il vuoto sentimentale che lo circonda.
È un lavoratore preciso e puntuale nel campo delle perforazioni dei pozzi petroliferi, ma non ha amici, solo sottoposti. Vive da solo in casa senza neanche la compagnia di un cane e non sembra aver bisogno d’altro che delle sue razioni di cibo e di sonno.
Neanche il sesso interrompe il grigiore della sua esistenza senza salti, messa in naftalina per preservarla dalle tarme del sentimento e del bisogno di dialogo.
La conversazione con gli altri si è ridotta al minimo sindacale da consumarsi in orario di lavoro. E anche il pasto (ben altra cosa rispetto al pranzo) è necessità da eseguire sporcandosi le mani, senza posate, come un animale.
Perché è questo che Eduardo crede di essere: un animale!
Della sua vita precedente sappiamo poco e nulla a inizio film. E ancora poco sapremo a metà strada, quando qualche informazione data senza melodramma ci permetterà meglio di capire e di smettere di subire tanta anempatia. Quel che è chiaro da subito, però, è che ciò che abbiamo davanti è il ritratto di una rovina esistenziale e che da qui in poi potrà esserci solo il racconto di una ricostruzione.

La ricostruzione del titolo è, quindi, quella che Eduardo compie su insistenza di un amico che, dal letto di morte, lo invita a prendersi cura della moglie e delle figlie che sta lasciando, non senza ambasce e commozione.
A ricostruirsi dovrà essere però anche la famiglia neo orfana che passa tutte le tappe salienti di una lenta e dolorosa elaborazione del lutto.

Juan Taratuto fa cinema da quasi dieci anni. La sua carriera è una manciata di titoli di cui La ricostruzione è probabilmente il più ambizioso.
Il film colpisce per il rigore di una messa in scena che non concede sconti e che parte dalla scelta di mettere al centro un personaggio spiacevole e difficile, ma si costruisce su un copione che muove su tappe abbastanza risapute.
Se da una parte, bisogna ammetterlo, sono evitate le derive nel sentimentalismo d’accatto, dall’altra si ha, però, l’impressione che l’opera sia più espressione di una ricerca stilistica che non un approdo (o un porto da cui partire) costruito per un reale e profondo bisogno di dire.
Certo il risultato non è superficiale né scontato e non si sindaca sulla sincerità con cui il regista compone la sua messa in scena, ma l’impressione è che l’affabulazione resti chiusa in se stessa senza riuscire del tutto nell’intento dichiarato ad ogni fotogramma di dipingere quel ritratto di un’anima e il suo dolore che il film avrebbe voluto essere.


CAST & CREDITS

(La Reconstrucción); Regia e sceneggiatura Juan Taratuto; fotografia: Nico Hardy; montaggio Pablo Barbieri; interpreti: Diego Peretti (Eduardo), Claudia Fontán (Andrea) Alfredo Casero (Mario), María Casali (Ana), Eugenia Aguilar (Cata); produzione: Concreto Film; origine: Argentina, 2013; durata: 93’


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