La Reina de España
Nel film La niña dei tuoi sogni, presentato in concorso al Festival di Berlino nel 1998, il regista Fernando Trueba raccontava le vicissitudini di una troupe cinematografica spagnola che veniva nella Germania di Hitler a girare la versione tedesca del dramma musicale La niña de tus ojos, presso gli studi UFA della capitale tedesca. Durante la preparazione della pellicola Joseph Goebbels in persona restava folgorato dal fascino conturbante dell’attrice Macarena Granada, protagonista della pellicola, la quale resisteva alle avances del potentissimo ministro nazista per la propaganda e s’invaghiva a sua volta del gitano Leo. Quasi vent’anni dopo lo stesso regista torna a Berlino per presentare nella sezione Panorama Special La Reina de España, film che si ricollega al precedente costituendone una sorta di sequel o forse meglio un “doppio”. Anche qui, infatti, la protagonista assoluta è l’attrice Macarena Granada (interpretata da una Penelope Cruz in forma più smagliante che mai), ma la differenza è data dallo sfondo storico e dallo spostamento cronologico.
Siamo nella Spagna degli anni Cinquanta, in piena dittatura franchista (lo stesso generalissimo Francisco Franco si materializza sullo schermo in una grottesca scena nella parte finale della pellicola). Macarena Granada ritorna nella sua madrepatria dopo una brillante carriera a Hollywood che l’ha consacrata star internazionale del cinema. Per questo si ritiene ‒ e per certi aspetti è davvero grazie anche all’acquisizione della cittadinanza statunitense ‒ un mostro sacro intoccabile, pur sapendo di avere un conto aperto con il fascismo spagnolo che anni prima le aveva ucciso il padre. Il regime spagnolo, dal canto suo, vorrebbe utilizzare il fascino e il prestigio della diva per sdoganare all’estero l’immagine negativa di sistema autoritario che soffoca la libertà artistica.
Il ruolo che Macarena Granada deve interpretare è quello della regina Isabella I di Castiglia in un musical in costume, fortemente voluto e finanziato dal produttore di Hollywood Sam Spiegelman (Arturo Ripstein). La prima parte della pellicola è divertente e leggera, con l’inserzione di sequenze di repertorio (cinegiornali dell’epoca) in parte reali e in parte ricostruiti a tavolino. La telecamera di Trueba indugia sui dettagli della lavorazione del film, sui dialoghi tra gli attori, sulle pose divistiche dell’interprete principale, le rivalità e i litigi, il suo flirt con un ragazzo della truppe. A sconvolgere gli animi è l’apparizione di Blas Fontiveros (Antonio Resines), collega e vecchia fiamma di Macarena, che tutti credevano morto in seguito alla deportazione in un campo di concentramento nazista.
Tradito dalla ex moglie (che bel frattempo ha sposato un generale dell’esercito falangista), Fontiveros è condannato ai lavori forzati e tutta la seconda parte del film verte sugli inverosimili e tragicomici stratagemmi che vengono messi in atto dal gruppo di attori per liberarlo. Ma lo sfondo storico-politico della Spagna franchista resta sempre qualcosa di posticcio e sfumato; il film di Fernando Trueba (già vincitore dell’Osca per il miglior film straniero nel 1992 con Belle Epoque) non va oltre la dimensione di una commedia umoristica in cui si succedono situazioni più o meno divertenti, ma sempre senza mordente. A tenere in piedi la pellicola non basta l’onnipresente primo piano di Penelope Cruz, e l’intera operazione si risolve in un omaggio nostalgico agli anni d’oro del technicolor , alle mode e al divismo dell’epoca.
(La Reina de España); Regia: Fernando Trueba; sceneggiatura: Fernando Trueba; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: Marta Velasco; musica: Zbigniew Preisner; interpreti: Penélope Cruz, Chino Darín, Mandy Patinkin, Cary Elwes, Clive Revill, Antonio Resines, Santiago Segura, Ana Belén, Loles León, Jorge Sanz; produzione: Fernando Trueba PC (Madrid); distribuzione: Myriad Pictures (Los Angeles, USA); origine: Spagna, 2016; durata: 128’