La Sapienza (conferenza stampa)
Roma, 7 ottobre 2013, Chiostro del Bramante.
Eugène Green gira qualche scena del suo ultimo film La Sapienza, insieme ai suoi attori maschili Fabrizio Rongione e, per la prima volta sullo schermo, il giovanissimo Ludovico Succio. Il regista e drammaturgo francese presenta nel 2002 a Locarno il suo Le nom du feu, l’anno prima vince il premio opera prima a Cannes firmando la sceneggiatura di Toutes les nuits, successivamente è di nuovo a Cannes e poi ancora a Locarno rispettivamente con Le Monde vivant (2003) e Le Pont des Arts (2005).
La Sapienza, un titolo ambizioso e quantomai evocativo per un film che cerca il ritorno alle origini, quelle dell’antica saggezza, quelle di un’antica ispirazione. La storia è quella di un architetto in crisi di vocazione che attraverso un viaggio di cui Roma è tappa preferenziale, risale la china del suo passato cercando quei motivi che lo hanno ispirato e quegli artisti che su di lui suscitarono un vero e proprio abbacinamento, primo fra tutti Borromini.
La sapienza appunto, dal famoso capolavoro Sant’Ivo alla Sapienza del Borromini, opera ambiziosa, maestosa e al contempo bizzarra. Eugène Green sembra esso stesso ispirato dall’imponenza del genio barocco, dalla chiarezza nell’impianto di quest’opera così come dal capriccio dei suoi giochi architettonici.
Probabilmente il capriccio, l’irrazionale nel film di Green è da ricercarsi nei sentimenti che muovono il suo protagonista e che egli cerca insieme alla moglie e a una coppia di personaggi speculari, di chiarire e approfondire. Probabilmente, il capriccio, l’irrazionale, in breve il barocco è da ricercarsi nelle parole stesse dell’autore “...sono sempre stato animato da una convinzione istintiva, secondo la quale la verità più grande risiede nella finzione”. Cos’altro se non questo può definirsi barocco?
Domandiamo al regista come si concilia questo contrasto che sembra muovere il film: il trionfo di forme ribelli, ingarbugliate, che caratterizzano il motivo estetico dell’opera, il Barocco appunto, e la volontà di sintesi, di chiarificazione che muove gli intenti dei personaggi nel film.
Eugène Green: Credo che vi sia una certa prossimità tra la civiltà barocca e la nostra. Con la differenza che il nostro tempo sembra pervaso da una totale assenza di spiritualità, ecco perché credo che sia fondamentale ritrovare le nostre radici anche quelle estetiche e architettoniche come in questo caso. Per esempio nell’urbanesimo e nell’architettura contemporanei potremmo rintracciare alcuni rimedi a molti dei mali della nostra civiltà, e invece a volte sono proprio gli assetti urbani a determinare dei disagi. Ho studiato molto la civiltà barocca e le bellezze di Roma, ed è per questo che per me è oggi un piacere poter lavorare in questo luogo così pregno di storia. E a proposito di storia un altro nodo cruciale di questa pellicola ruota intorno alla possibilità o meno, in età contemporanea, laddove il sapere tende a disperdersi in moduli che si rincorrono freneticamente, di conservare e tramandare la tradizione. Il mio personaggio avverte come un vuoto di senso e di ispirazione, ed ecco perché tornando alle visioni che lo hanno abbagliato da giovane, ritrova anche quei rapporti che sembravano essersi rarefatti.
Domanda per il produttore Alessandro Borrelli: Questo film è stato realizzato con il contributo del MiBAC, con la collaborazione di Rai Cinema e con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte, ma nonostante tutto deve essere difficile poter realizzare un film da piccolo produttore.
Alessandro Borrelli: Sì, abbiamo ottenuto il sostegno di tutte queste realtà presenti sul nostro territorio ottenendo il riconoscimento di film d’interesse culturale. Però non siamo riusciti a rientrare nei finanziamenti della Eurimages. Pensi che quando ho presentato la sceneggiatura alla Film Commission, ho voluto lasciarla in lingua originale senza alcuna correzione, per far comprendere ai membri la portata della passione e della minuzie che aveva mosso questo autore francese nello scrivere un testo in italiano, pur non parlandolo fino a due anni prima. Per quello che concerne i problemi di produzione e distribuzione in Italia, inutile dire che tutti sappiamo quanto sia diventato difficile piazzare un film in un numero elevato di copie, soprattutto, se come in questo caso è un’opera autoriale, ma è pur vero che soprattutto per un produttore giovane diventa giocoforza avanzare coraggio nell’investire in alcune opere, lasciandosi le difficoltà alle spalle.
Una domanda per gli attori, cominciamo da Rongione: lei è un attore di esperienza, famoso per essere quasi un attore feticcio dei fratelli Dardenne. Com’è stato lavorare con Eugène? E com’è tornare a girare in Italia?
Fabrizio Rongione: Eugène è un regista delicato e creativo. Ho accettato con piacere di prendere parte a questo progetto poiché, sebbene io sia un veterano, ho trovato che in questa sceneggiatura ci fosse qualcosa di mistico, spirituale. Sono sempre molto soddisfatto dei registi con cui lavoro ma trovo davvero che Eugène sia quello più intimo, mistico come dicevo. I fratelli Dardenne per esempio conoscono e stimano molto il lavoro di Eugène, tanto che avrebbero dovuto aderire anch’essi a questo progetto appena concluse le riprese del loro ultimo film, a cui anch’io ho partecipato. Per rispondere alla seconda domanda, io amo molto l’Italia, ho lavorato con Vicari ultimamente e in precedenza anche con la Comencini. Certo lavoro molto di più in Francia, laddove ho la possibilità di recitare nelle commedie, genere che mi piace molto ma che in Italia non ho ancora praticato.
Domanda per Ludovico Succio: tu sei un neofita di quest’arte. Puoi fare delle considerazioni sul tuo esordio e anche sui tuoi sogni futuri?
Ludovico Succio: Ho appena cominciato a fare del cinema, ma ho studiato teatro, fatto degli stage, e quindi sono cresciuto col sogno di recitare. Io sono una persona molto pragmatica e non vorrei illudermi di poter vivere di arte anche se indiscutibilmente il mio sogno va in quella direzione. Come primo contatto col mondo del cinema, devo dire che non poteva andare meglio di così. Eugène è un regista straordinario, molto attento e paziente, in grado di coinvolgerti nel suo immaginario, poi ho avuto anche la fortuna di essere affiancato da un attore che può insegnarmi molto, e non ultimo il mio personaggio mi ha entusiasmato sin da subito.