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La sorgente dell’amore

Pubblicato il 26 marzo 2012 da Giulio Barbagallo
VOTO:


La sorgente dell'amore

La sorgente dell’amore (La source des femmes) dichiara, sin da subito, l’inattendibilità della vicenda che s’appresta ad essere raccontata – un personaggio fondante del cinema di Radu Mihaileanu già chiosava: «Questa storia è vera..o quasi» (Shlomo nel finale de Train de vie - Un treno per vivere [1998]) –: le donne di un piccolo villaggio (forse ubicato nel Maghreb o, più genericamente, nel Medio Oriente) che, tra le faccende domestiche e la raccolta degli arbusti nel deserto, sono costrette a raccogliere l’acqua ad una fonte (la sola nel raggio di chilometri) abbarbicata tra le montagne. La pars femminile, però, è incitata dalla giovane Leila (Leïla Bekhti), la quale convince tutte ad uno sciopero dell’amore fino a che gli uomini non troveranno il modo di far giungere l’acqua in paese.
Ad una scomposizione nello spessore del testo filmico, la rappresentazione si articola in una serie di opposizioni tematiche e stilistiche, che istituiscono un confine separante il mondo delle donne dal mondo degli uomini. Questi paiono allevati nella mollezza: fissano le strade polverulente, sorseggiano annoiati il tè, sfaccendatamente si godono il sole del deserto; nondimeno, nel momento in cui indicono un’assemblea per tentare di risolvere i problemi della comunità, finiscono per azzuffarsi.
Le femmes di Mihaileanu, per converso, non paiono subire le cattive abitudini dei maschi che hanno sposato né tantomeno rassomigliare ai loro anziani padri: avvinghiano amorevolmente i bambini dopo le percosse del marito (che vuol far l’amore) e redarguiscono i figli sulla cattiva strada (si veda il conflittuale rapporto tra Vecchia Lupa [Biyouna] e il figlio, imam di primo pelo già corrotto).
Nella messa in quadro, la duplice lettura è sottolineata da una dialettica dello sguardo: gli uomini sono spesso ripresi in campo lungo o tramite camera fissa, fino a risultare incerti e distanti. Carrellate laterali e panoramiche catturano, invece, il movimento delle donne, con una particolare attenzione ai primi o primissimi piani: lo sguardo della m.d.p. è attento nell’indagare le dinamiche sottese al vivace e continuo dialogo tra di esse. Tuttavia la dicotomia programmatica appena descritta risulta fin troppo rigida perché povera di sconfinamenti tra i due ‘mondi’; un aspetto che distingue il film di Mihaileanu dalla sua fonte letteraria più diretta ovvero la Lisistrata (411 a. C.) di Aristofane. Nella commedia greca le opposizioni Coro di Vecchi/Coro di Donne oppure Lisistrata/Spartani generano momenti in cui, anche attraverso il linguaggio, la tematica sessuale riflette lucidamente quella politico-sociale (basti guardare l’uso della metafora delle navi): ciò che più manca a La sorgente dell’amore, dove il rapporto uomo/donna – si guardi la relazione tra Leila e il marito Sami (Saleh Bakri) o tra la stessa e il suocero – è strutturato secondo un dialogato convenzionale e dove, inoltre, la semantica viene affidata a figure retoriche inefficaci (leggi «tante formiche spostano un leone»). Di là dallo scioperare, maggiormente ficcante ci sembra la valenza attanziale di Leila e compagne, capace di ‘influenzare’ il contesto ambientale e modificare la messa in scena: il paesaggio desertico si arricchisce di elementi naturali quali i fiori sui vestiti a festa delle femmes, gli alberi che le riparano dalla calura, perfino l’acqua, per così dire recuperata nelle immagini delle terme (umide, vaporose) e del ruscello in cui lavano i panni. Ancora: rammentandoci la lezione di Pasolini e Lars Von Trier – quelle madri di disperata musicale possanza: Anna Magnani in Mamma Roma (1962) e la Selma (Björk) de Dancer in the dark (2001) – le eroine musulmane, tramite l’utilizzo dei codici della danza e del canto, trasformano l’immobilità oggettiva (la sabbia, le pietre) in fantasioso dinamismo (il ritmo, il suono, la musica).
Ridare, insomma, significato alle cose; e anche questo è un compito del cinema.


CAST & CREDITS

(La source des femmes) Regia: Radu Mihaileanu; sceneggiatura: Alain-Michel Blanc, Radu Mihaileanu; fotografia: Glynn Speeckaert; montaggio: Ludo Troch; musica: Armand Amar; interpreti: Leïla Bekhti, Hafsia Herzi, Hiam Abbass, Saleh Bakri, Sabrina Ouazani, Mohamed Majd; produzione: Elzévir Films, Europa Corp., Indigo Film; distribuzione: BIM; origine: Belgio, Francia, Italia 2011; durata: 136’.


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