LA STORIA DEL CAMMELLO CHE PIANGE

Pur nell’ondata di interesse crescente che il documentario sta riscuotendo in Italia, il film di Luigi Falorni e Byambasuren Davaa, film di fine corso della Scuola di cinema di Monaco, si distingue senz’altro per l’originalità dell’approccio e della storia, tra documentario e finzione, o piuttosto tra Flaherty e Walt Disney: una “favola moderna” che nasce semplicemente dalla messa in scena del reale. Deserto del Gobi, sud della Mongolia: una grande famiglia di pastori nomadi vive al ritmo delle stagioni. La primavera è la stagione del parto dei cammelli, così, oltre alle incombenza quotidiane, tutti partecipano con trepidazione ai travagli delle numerose cammelle. L’ultimo è quello di una giovane cammella alla sua prima esperienza di madre: un parto doloroso e difficile, che provoca l’allontanamento della madre. Un rifiuto percepito dal piccolo cammello con tutta la sofferenza che un neonato può sentire nell’essere abbandonato, fino quasi a rifiutare il latte che le donne cercano di fargli prendere con un improvvisato biberon. Ecco allora che l’unica soluzione sembra essere quella di un antico rituale musicale: il suono particolare di un violino, insieme al canto struggente di una donna che la accarezza, aiutano la cammella ad accettare il figlio. L’idea del documentario è nata proprio da questa tradizione, da questo rito musicale, di cui la coregista aveva sentito raccontare dai genitori e dai nonni, senza averlo mai vissuto in prima persona. Dopo migliaia di chilometri nel deserto del Gobi, Falorni e Davaa hanno scelto questa famiglia numerosa, che li ha accolti con calore: avevano una ventina di cammelle incinte, quindi c’era un’alta possibilità che si verificasse anche il caso di un parto difficile e di un rifiuto da parte della madre, ed è avvenuto proprio con il cammello nato per ultimo. Ma questo rituale del “risveglio” dell’istinto materno del cammello attraverso la musica si rivela subito per essere un evento dalla portata universale: il rifiuto, l’abbandono, la perdita dell’amore e del suo ritrovamento. Il fascino più grande del film è la (ri)scoperta di una dimensione di solidarietà, di comunità universale, non solo tra uomini ma anche tra esseri umani e animali, tra l’uomo e la natura, come ha spiegato il regista a proposito della famiglia che li ha ospitati: “Sono persone incredibili perché non mollano mai e il rimedio che propongono per ogni problema è la solidarietà, l’unione, l’essere pronti l’uno per l’altro, per chi si trova in difficoltà, sia esso un essere umano o un cammello. Questo forse è stato il fattore determinante che ha fatto sì che molte delle persone che hanno visto il film provassero una grande nostalgia per un tempo passato. Oggi siamo più individualisti e l’individualismo portato all’estremo ti lascia soli”. Una riflessione che non viene detta in modo didascalico, ma che filtra attraverso le immagini e i suoni del film, naturalmente: i lunghi silenzi interrotti dal suono del vento o dai versi degli animali, il canto di una madre al proprio bambino come quello della vecchia nonna alla capra che sta allattando un cucciolo, i brani di conversazione e la partecipazione collettiva al piccolo grande dramma della maternità, fino al violino suonato amorevolmente e che si fonde con il canto di una giovane madre umana e le lacrime di una giovane cammella appena madre. Miracoli dell’esistenza che ci riportano con i piedi per terra, a scoprire che gli occhiali sono solo “occhi di vetro”, come la televisione trasmette solo “immagini di vetro”, mentre la vita è qui e ora, in ogni secondo che passa...
[giugno 2005]
CAST & CREDITS
(tit. or. Die Geschichte vom weinenden Kamel)
Regia: Luigi Falorni e Byambasuren Davaa Sceneggiatura: Luigi Falorni e Byambasuren Davaa, da un’idea di Byambasuren Davaa e Batbayar Davgadorj Fotografia: Luigi Falorni Montaggio: Anja Pohl Interpreti: Ingen Temee (cammello madre), Botok (cammello cucciolo), Ugna, Odgoo, Janchiv, Dude, Guntee, Amgaa, Zevel, Ikchee, Chimed, Munkhbayar Produzione: Hochschule für Fernsehen und Film München (HFF)Origine: Germania, 2003 Distribuzione: Fandango web info: www.fandango.it
