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LA STORIA DEL CAMMELLO CHE PIANGE

Pubblicato il 26 giugno 2005 da Maria Coletti


LA STORIA DEL CAMMELLO CHE PIANGE

Pur nell’ondata di interesse crescente che il documentario sta riscuotendo in Italia, il film di Luigi Falorni e Byambasuren Davaa, film di fine corso della Scuola di cinema di Monaco, si distingue senz’altro per l’originalità dell’approccio e della storia, tra documentario e finzione, o piuttosto tra Flaherty e Walt Disney: una “favola moderna” che nasce semplicemente dalla messa in scena del reale. Deserto del Gobi, sud della Mongolia: una grande famiglia di pastori nomadi vive al ritmo delle stagioni. La primavera è la stagione del parto dei cammelli, così, oltre alle incombenza quotidiane, tutti partecipano con trepidazione ai travagli delle numerose cammelle. L’ultimo è quello di una giovane cammella alla sua prima esperienza di madre: un parto doloroso e difficile, che provoca l’allontanamento della madre. Un rifiuto percepito dal piccolo cammello con tutta la sofferenza che un neonato può sentire nell’essere abbandonato, fino quasi a rifiutare il latte che le donne cercano di fargli prendere con un improvvisato biberon. Ecco allora che l’unica soluzione sembra essere quella di un antico rituale musicale: il suono particolare di un violino, insieme al canto struggente di una donna che la accarezza, aiutano la cammella ad accettare il figlio. L’idea del documentario è nata proprio da questa tradizione, da questo rito musicale, di cui la coregista aveva sentito raccontare dai genitori e dai nonni, senza averlo mai vissuto in prima persona. Dopo migliaia di chilometri nel deserto del Gobi, Falorni e Davaa hanno scelto questa famiglia numerosa, che li ha accolti con calore: avevano una ventina di cammelle incinte, quindi c’era un’alta possibilità che si verificasse anche il caso di un parto difficile e di un rifiuto da parte della madre, ed è avvenuto proprio con il cammello nato per ultimo. Ma questo rituale del “risveglio” dell’istinto materno del cammello attraverso la musica si rivela subito per essere un evento dalla portata universale: il rifiuto, l’abbandono, la perdita dell’amore e del suo ritrovamento. Il fascino più grande del film è la (ri)scoperta di una dimensione di solidarietà, di comunità universale, non solo tra uomini ma anche tra esseri umani e animali, tra l’uomo e la natura, come ha spiegato il regista a proposito della famiglia che li ha ospitati: “Sono persone incredibili perché non mollano mai e il rimedio che propongono per ogni problema è la solidarietà, l’unione, l’essere pronti l’uno per l’altro, per chi si trova in difficoltà, sia esso un essere umano o un cammello. Questo forse è stato il fattore determinante che ha fatto sì che molte delle persone che hanno visto il film provassero una grande nostalgia per un tempo passato. Oggi siamo più individualisti e l’individualismo portato all’estremo ti lascia soli”. Una riflessione che non viene detta in modo didascalico, ma che filtra attraverso le immagini e i suoni del film, naturalmente: i lunghi silenzi interrotti dal suono del vento o dai versi degli animali, il canto di una madre al proprio bambino come quello della vecchia nonna alla capra che sta allattando un cucciolo, i brani di conversazione e la partecipazione collettiva al piccolo grande dramma della maternità, fino al violino suonato amorevolmente e che si fonde con il canto di una giovane madre umana e le lacrime di una giovane cammella appena madre. Miracoli dell’esistenza che ci riportano con i piedi per terra, a scoprire che gli occhiali sono solo “occhi di vetro”, come la televisione trasmette solo “immagini di vetro”, mentre la vita è qui e ora, in ogni secondo che passa...

[giugno 2005]

CAST & CREDITS

(tit. or. Die Geschichte vom weinenden Kamel)

Regia: Luigi Falorni e Byambasuren Davaa Sceneggiatura: Luigi Falorni e Byambasuren Davaa, da un’idea di Byambasuren Davaa e Batbayar Davgadorj Fotografia: Luigi Falorni Montaggio: Anja Pohl Interpreti: Ingen Temee (cammello madre), Botok (cammello cucciolo), Ugna, Odgoo, Janchiv, Dude, Guntee, Amgaa, Zevel, Ikchee, Chimed, Munkhbayar Produzione: Hochschule für Fernsehen und Film München (HFF)Origine: Germania, 2003 Distribuzione: Fandango web info: www.fandango.it

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