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La terra dell’abbondanza (perché no)

Pubblicato il 9 settembre 2004 da Giovanella Rendi


La terra dell'abbondanza (perché no)

God bless America, ieri, oggi e per sempre. Nell’anniversario della strage alle Twin Towers, i due volti dell’America si incontrano, si scontrano a Las Vegas e si riconciliano proprio davanti Ground Zero. Si tratta di Paul, reduce del Vietnam cui gli avvenimenti dell’undici settembre hanno sconvolto la mente al punto che ha deciso di incaricarsi della sicurezza del paese pedinando arabi sospetti e analizzando presunte sostanze chimiche per attacchi terroristici, e sua nipote Lana, appena tornata dopo anni passati in Africa e in Israele sulla scia del padre missionario, e che ora vive in un ricovero per homeless. La morte misteriosa di un giovane pakistano che frequenta la mensa dei poveri dove lavora Lana, si rivela la porta verso il passato per Paul, che fino a quel momento aveva troncato i rapporti con tutti, compresa la sua famiglia, ma l’incontro con Lana serve anche a fargli sapere che nel mondo non tutti amano l’America, da lui sempre considerata la Terra della Libertà.
Per Wim Wenders “il sogno americano ormai è finito, i suoi ultimi bagliori hanno coinciso con l’era di Clinton, e la maggior parte degli statunitensi non si rende conto del crollo del loro paese davanti all’opinione pubblica mondiale”, tuttavia il più americano dei registi europei non sembra rinunciare al suo personale american dream, ormai appannato dagli anni.
Lamerica (detto alla Amelio) di Wenders è in fondo rimasta quella di tanti anni fa, dei road movies, dei deserti e dei motels di Paris, Texas: poco a suo agio appare con il presente, con la capacità di gestire le immagini delle migliaia di schegge che si sono sparse per un raggio infinito di chilometri dopo l’undici settembre. Paul e Lana si riducono a due meri archetipi, il passato e il futuro, l’allarmismo xenofobo e la Fede Che Smuove Le Montagne, il dolore e la pietà. Nel ricovero per senzatetto, il predicatore ricorda che “Gesù viveva tra i poveri e non sopportava di sedere alla mensa dei ricchi, ma i poveri continuano a dormire per le strade perché “ormai esiste solo l’Iraq”. A tormentare gli incubi di Paul sono i “musi gialli”(sic!), ma Lana vuole andare a Ground Zero “per sentire le voci delle vittime”. Nello snodarsi di dolenti luoghi comuni e del continuo monologo di Paul con immaginari referenti a cui fa il resoconto in tempo reale delle sue azioni di sicurezza, il film risulta pesante e ripetitivo, e la componente religiosa non riesce a donare una goccia di poesia in un film che non vuole scontentare nessuno (alle immagini delle vittime palestinesi, sul computer di Lana, seguono immediatamente i funerali di quelle israeliane).
Duole dirlo, ma questa volta sembra essersi anche appannato il suo indiscusso talento registico, l’intensità della visione unita alla musica, che ha fatto perdonare scelte infelici in materia di sceneggiatura dopo il divorzio da Peter Handke. Non si rivela infatti feconda la scelta di un direttore della fotografia come il giovane Moritz Laube, che non riesce ad emanciparsi dal mondo dei videoclip, riducendosi ad oscillare tra panorami da cartolina hi-tech e i primi piani “sporchi”.
Wenders non assolve perché non condanna, l’America per lui resta un sogno che non è mai esistito. L’America è morta, viva l’America.

[settembre 2004]

Regia: Wim Wenders; Sceneggiatura: Wim Wenders, Scott Derrikson; Fotografia: Franz Lustig; Montaggio: Moritz Laube; Musica: Thom & Nackt; Interpreti: John Diehl, Michelle Williams, Richard Edson, Wendell Pierce; Produzione: Reverse Angle International, InDigEnt
Distribuzione: Mikado; Origine: USA; Durata: 118’


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