La vita è una cosa meravigliosa

La fidanzata di Cesare fa la escort. Lui lo scopre e la lascia, deluso per la debolezza del gentil sesso che si concede per soldi.
Cesare di mestiere fa il poliziotto. Figlio di quel proletariato che già Pasolini difendeva ai tempi dei fatti di Villa Giulia. Non è un agente da volante come quello ora immortalato da De Sica per gli spot che gli danno da mangiare, ma una spia impegnata nelle intercettazioni telefoniche ed ambientali. Per questioni di servizio si intrufola nell’intimità domestica di Antonio, presidente di una banca, alla ricerca delle prove di ingenti movimenti illegali di fondi regionali.
Sul lavoro è, però distratto da Laura, massaggiatrice della moglie di Antonio che è triste perché si innamora sempre dell’uomo sbagliato. Approfittando delle confidenze rubate nelle intercettazioni, l’uomo la corteggia sulla base di menzogne, ma se ne innamora per davvero. Meglio massaggiatrice un po’ povera in canna che meretrice per il politico di turno.
Frattanto Antonio, che è troppo naif per mettersi in tasca i soldi che muove per gli altri, aiuta Luigi ad andare avanti col mutuo della casa. Presidente di banca sogna ad occhi aperti un mondo di sani valori e di famiglie unite nel rispetto di una patriarcalità la cui ricetta è andata persa coi nonni.
Antonio è amico di Claudio, un chirurgo estetico di buon cuore che, però ha a che fare con un figlio che non studia e che deve continuamente raccomandare perché passi gli esami di medicina. Con la moglie non si trova tanto bene, fortuna che ha un domestico di colore che è simpatico e sembra preso da una versione aggiornata di Via col vento.
Anche Antonio ha una figlia che fa andare Marco, un elettricista, in prigione perché non trova più l’orologio di diamanti da trentamila euro. E anche lui ha una domestica filippina che gli vuole bene come il cane della figlia di cui non conosce il nome.
Nel mondo di oggi pensato dai Vanzina gli extracomunitari son tutti bravi se sono colf o badanti, di facili e censurabili costumi se son rumeni. E queste sono solo un paio tra le più dolorose esemplificazioni sociali che i Vanzina hanno portato avanti in questa pellicola che anela disperata i fasti di una commedia sofistica che, qui in Italia, sembra sia stata nelle corde del solo Camerini.
Il mondo dei Vanzina è tutto popolato di italiani brava gente che coi mali del secolo hanno solo una collusione secondaria e necessaria. Antonio foraggia coi movimenti di soldi illegali le brame dei politici corrotti, ma mantiene una sua innocenza visto che nelle sue tasche non fa cadere altro che lo stipendio che gli è dovuto. Claudio assume un’infermiera per fare un piacere a quell’amico che dovrebbe promuovergli il figlio all’esame, ma il giuramento di Ippocrate ha ancora qualche valore per lui e non gli va tanto giù che il figlio cominci ad esercitare la professione senza neanche sapere cosa sono i calli. Quello più cattivo alla fine è proprio Cesare che sfrutta le intercettazioni per trovare una compagna e ci dimostra, così, da par suo, che l’unica cosa che si riesce ad ottenere con le cimici è un’illecita conoscenza dell’altrui intimità e giammai una prova certa di certa colpevolezza.
Ma il mondo dei Vanzina è anche un mondo di alta borghesia, simpatica ed un po’ cialtrona dove si diventa squali perché si è costretti a nuotare con gli squali in una boccia di vetro di malsana corruzione generale. Tutti son ben vestiti, tutti hanno soldi, tutti sono griffati e anche gli elettricisti non hanno remore ad ordinare una cena ad un ristorante di Piazza Navona.
Queste esemplificazioni te le berresti con una certa simpatia (gli attori son tutti bravi e tutti sprecati) se non intervenisse il finale alla “mulino bianco” a farci saggiare con mano la mostruosità dell’indulgenza plenaria della nuova commedia italiana.
La soluzione a cotanto orrore è, infatti, il rifugio nel privato e la presa di distanze dal pubblico. Claudio va in Africa a fare il volontario. Antonio scopre la bellezza di un mulino che vorrebbe dove si fanno le conserve di pomodoro e i nipotini imparano a dire “nonno” prima di “mamma”. Laura e Cesare si sposano con lei che perdona lui quando scopre che il suo sentimento è sincero e dietro la bugia c’era pur sempre l’amore.
Il marciume resta tutto in una capitale dove i cattivi son sempre le comparse e solo ai buoni (meglio se redenti sulla via di Damasco) è concesso il ruolo di comprimario.
Sarà questo il trionfo del partito dell’amore contro quello dell’odio? Un mondo definitivamente lontano dalla cosa pubblica che si celebra nell’ignavia del buon sentimento delle piccole cose che è sempre fine a se stesso?
Certamente è un mondo che possono permettersi solo medici e banchieri che sognano a colori. Il resto dell’Italia resta fuori ad evadere le tasse e a passare le giornate davanti alle TV.
(La vita è una cosa meravigliosa); Regia: Carlo Vanzina; soggetto e sceneggiatura: Enrico Vanzina, Carlo Vanzina; fotografia: Carlo Tafani; montaggio: Raimondo Crociani; musica: Armando Trovajoli; interpreti: Luigi Proietti, Vincenzo Salemme, Nancy Brilli, Enrico Brignano, Luisa Ranieri; produzione: International Video 80; distribuzione: Medusa Film; origine: Italia, 2010; durata: 103’
