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La vita facile

Pubblicato il 9 marzo 2011 da Antonio Valerio Spera


La vita facile

Lucio Pellegrini è uno dei pochi veri eredi della commedia all’italiana. Non avrà (ancora) la potenza stilistica di Germi, il talento dell’affresco narrativo di Monicelli, l’equilibrio formale di Comencini, né la bravura nel costruire i personaggi di Dino Risi, ma possiede uno sguardo malinconico, un taglio spesso cinico e cattivo, un’attenzione al reale e al sociale e una speciale capacità nel plasmare sullo schermo tutti questi elementi con ironia e sarcasmo. Tutti aspetti che riportano alla mente la grande commedia all’italiana dei suddetti autori. Questo discorso l’avevamo già fatto per Figli delle stelle, lo possiamo applicare anche ai film precedenti di Pellegrini, da Ora o mai più a E allora mambo!, ed ora è ancora più opportuno sottolinearlo per La vita facile, un film di cui si è parlato tanto e si parlerà ancora per il trio di stelle tutte italiane (Accorsi, Favino, Puccini) e per l’ambientazione africana, ma di cui si discuterà poco, almeno nel pubblico, per il lavoro di Pellegrini. Un regista che piano piano si sta facendo strada nel panorama della commedia italiana, ponendosi a latere dei film frivoli e leggeri che tanto stanno avendo successo, grazie ad una proposta cinematografica molto personale, ironica e divertente ma sempre orientata verso il sociale, con un occhio puntato verso il costume, la politica, il marcio del nostro paese. Se già Figli delle stelle si faceva apprezzare per il suo affresco tagliente tanto grottesco quanto realistico dell’Italia perdente di oggi (che poi è anche quella di ieri), con continui richiami ed omaggi cinematografici (da I soliti ignoti a La banda degli onesti), La vita facile prosegue su questa scia, presentandosi come un’ulteriore tappa dell’esplorazione della commedia all’italiana da parte dell’autore. Già dal titolo gli echi degli anni ’60 si sentono con chiarezza: La vita facile per contrasto riporta subito alla mente Una vita difficile di Dino Risi. Contrasto solo lessicale però, perché di facile nel film c’è ben poco. Il sintagma del titolo infatti è solo una chimera per i protagonisti del film, un sogno irrealizzabile perché raggiungibile, almeno nel nostro paese, solo scendendo a compromessi, vendendosi, tradendo i propri ideali. E’ lo stesso concetto portante del capolavoro di Risi con Alberto Sordi, in fondo. E proprio al grande attore romano tende l’interpretazione di Pierfrancesco Favino, che un po’ lo ricalca con il suo personaggio, un medico sbruffone, gaglioffo, traffichino ma sostanzialmente insicuro e impaurito dalla vita, che si rifugia dal vecchio amico e collega volontario in Kenya. Ma i riferimenti alla commedia all’italiana non si esauriscono qui. Pensiamo anche solamente alla stessa ambientazione africana che non può che ricordare Riusciranno i nostri eroi di Ettore Scola, o anche al tema del viaggio, spesso al centro della cinematografia comica degli anni ’60. E poi l’aereo ricorrente nel film, mezzo di locomozione che stravolge il racconto con i suoi arrivi e le sue partenze, che porta con sé sogni infranti, passati rimossi, eterni ritorni, mezzo molto spesso presente nel cinema dei decenni ’60/’70, da I mostri a Lo scopone scientifico.
In ogni momento La vita facile rimanda lo spettatore ad un cinema italiano che non c’è più, toccando costantemente il suo inconscio, il suo immaginario cinematografico. Lo fa, come abbiamo detto, con espliciti richiami e omaggi, ma lo fa anche e soprattutto con una feroce analisi del presente. Perché Pellegrini, così come pochi altri “commediografi” del nostro paese, ha capito che la commedia all’italiana si può fare solo e soltanto parlando del presente, dei suoi problemi, delle sue brutture, delle sue assurdità storiche, e che non si fa narrando semplici, commoventi e scontate storielle sentimentali. L’autore, insieme ai suoi sceneggiatori, delinea sullo schermo dei veri "nuovi mostri", quelli di oggi, che si nascondono dietro un dito, che ricevono mazzette, che sono pronti a tutto pur di andare avanti, personaggi che non sono ciò che sembrano. Attraverso di loro Pellegrini ci racconta l’Italia, un paese perso e perdente, che non sa su quale aereo salire.
Nonostante l’autore faccia sicuramente un piccolo passo indietro rispetto alla convincente opera corale precedente - perché qui mette troppa carne al fuoco, cambia spesso tonalità del racconto e non riesce con costanza a dosare ed amalgamare cattiveria, amarezza, ironia e comicità - ci risulta difficile non elogiare ed ammirare il suo lavoro e quello dei suoi attori. La vita facile è un lavoro imperfetto ma che sa di buon cinema, un film coraggioso con tanti cliché e non privo di difetti che però affascina e coinvolge con la sua atmosfera divertita e allo stesso tempo pregna di “sporcizia”, amarezza, rimpianto. Monicelli diceva: la commedia deve essere cattiva, anzi spietata. Pellegrini ce l’ha ricordato. E non è poco.


CAST & CREDITS

(La vita facile); Regia: Lucio Pellegrini; sceneggiatura: Stefano Bises, Andrea Salerno, Laura Paolucci; fotografia: Gogò Bianchi; montaggio: Walter Fasano; musica: Gabriele Roberto; interpreti: Pierfrancesco Favino, Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Camilla Filippi, Angelo Orlando; produzione: Fandango; distribuzione: Medusa; durata: 102’.


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