Last Food

Gli unici due superstiti di un disastro aereo si ritrovano a vagare soli e sperduti nel deserto del Tibet. Non hanno cibo e, ironia della sorte, fanno entrambi mestieri legati al cibo. Uno è un cuoco giapponese che divinizza il cibo attraverso il rituale, l’altro un manager occidentale del precotto prodotto in serie ed ha una visione consumistica della realtà. Tra le montagne brulle e rocciose ai confini del mondo sono costretti a convivere e ad imparare a nutrirsi di erba e di sassi... Se l’orientale ha un maggior controllo dei propri istinti animali e sopporta meglio la fame, rifiutandosi per esempio di toccare il cibo lasciato da alcuni monaci tibetani in un tempio abbandonato, l’occidentale è un bambino debole e viziato ma dotato di maggiore scaltrezza e pragmatismo. Il confronto fra i due tocca l’apice nella battaglia per la cattura di un lucertolone. Dopo giorni e giorni di digiuno è l’orientale quello ad avere più prontezza di riflessi e concentrazione nella cattura, e non accetta l’irruzione vigliacca e prepotente dell’altro. Sbranano la preda a morsi e poi si attaccano. Grumand fugge e perde le tracce dell’amico Takano. A questo punto Cini si porta di nuovo su un versante surreale per affrontare un tema ancestrale: il cannibalismo. Grumand trova un cadavere, che presume di Takano, nel ghiaccio: lo tira fuori e lo addenta. Una volta tornato a casa e finito l’incubo del deserto, Grumand non riesce più a mangiare e diviene anoressico. Si fa ricoverare in una clinica per disturbi alimentari dove incontra Arianna, una ragazza anoressica per la quale prova un’attrazione fatale e perversa: la desidera da impazzire ma la respinge perché ne ha paura. Il fatto è che, sembra suggerire Cini, non si può amare qualcuno se non amiamo noi stessi e Grumand non si ama perché è malato. Arianna infatti per amore di lui decide di guarire e ed ingrassare: crede sia un cannibale e non vuole deluderlo (!). Cini è un regista strano e originale affascinato dal tema dei cinque sensi, da cui trae storie metaforiche ma non lontane dalla realtà. Last Food oscilla fra la favola ironica e il grottesco. Stilisticamente parlando è molto eclettico ma con risultati estremamente felici: nella prima parte, astratta e metafisica, in paesaggi dominati dal vuoto, pietraie e praterie anonime e secche, predominano i primi piani tesi sui dialoghi dei protagonisti; nella seconda parte, che segna il ritorno del protagonista nella società, arrivano colori più caldi e toni da commedia. Insomma Cini con mille peripezie riesce a mantenersi a galla su un registro assai difficile da controllare, riuscendo alla fine a toccare anche temi sociali (come anoressia e bulimia) legati a modelli culturali di massa, con tono leggero e aggraziato.
[marzo 2004]
regia: Daniele Cini sceneggiatura: Daniele Cini e Sergio Bazzini fotografia: Stefano Pancaldi montaggio: Paola Freddi e Stefano Tria musica: Alessandro Molinari interpreti: Gigio Alberti, Hal Yamanouchi, Fanny La Monica, Silvana Bosi, Marianne Cotton produzione: Nauta Film origine: Italia 2003 durata: 90’ distribuzione: Stazione Marittima
