Le Grand Voyage
Non poteva esservi scelta migliore di Le Grand voyage per dare il via alla quindicesima edizione del MedFilm Festival, evento cinematografico ormai divenuto tradizione, appuntamento obbligato e tappa fissa per tutti coloro che amano il confronto, l’interazione e il dialogo tra culture differenti.
Il film di Ismaël Ferroukhi è un viaggio speculare tra la conflittualità di un rapporto padre figlio e la diffidenza tra lo spettatore e i protagonisti della vicenda narrata: all’inizio proviamo un distacco misterioso e indecifrabile, ma a poco a poco il legame con i personaggi si fa più stretto, forte e sincero. Il giovane Reda e suo padre, un marocchino emigrato a Marsiglia, partono in automobile per raggiungere La Mecca: attraverseranno tutti i paesi dell’est europeo, la Turchia, Damasco e l’Arabia Saudita prima di arrivare alla città Santa, dove si separeranno senza salutarsi.
Le Grand voyage è un road movie dell’anima, un viatico esistenziale dove credo e cultura non sono semplici appigli cui aggrapparsi nei momenti di crisi o quando si avverte la prossimità dell’ultima ora, ma veri e propri orizzonti di senso per la vita dell’uomo: non un viaggio di scoperta, piuttosto un graduale processo di maturazione emotiva, di accettazione della diversità e della morte.
Il vero protagonista non è Reda, adolescente fragile e un po’ confuso, ma suo padre Mustafà, uomo severo e tradizionalista: il motore della storia è il desiderio ostinato di compiere il rito necessario di purificazione dello spirito che ogni buon musulmano dovrebbe realizzare almeno una volta nella vita. E’il padre che indica la direzione da seguire; è lui che decide per il figlio; lui che ha una meta da raggiungere. Reda è la spalla, il sostegno, il mezzo per arrivare a destinazione e forse l’allievo principe cui impartire la lezione di vita più importante.
Il genere del film di viaggio è senza alcun dubbio la strada maestra battuta dall’autore, ma all’interno dei suoi codici c’è spazio anche per gradevoli accenti comici che allegeriscono un racconto intimo, drammatico, talmente interiorizzato da apparire biografico. A scontrarsi, per poi coesistere, sono due differenti modi di essere: quello inconsapevolmente laico di Reda e quello sapientemente religioso, rigido e ortodosso di Mustafà. Dal loro contrasto hanno origine alcune situazioni divertenti e quasi surreali che non stonano con la serietà della missione intrapresa dal vecchio musulmano.
Nell’iter puramente esistenziale tracciato da Ferroukhi emerge insistentemente l’incapacità di comunicare tra mondi geograficamente vicini eppur così distanti per usi, costumi, mentalità e tradizioni: la metafora dell’incomprensione linguistica è tanto esplicita quanto efficace per restituire l’utopia dell’integrazione; ma il finale, tragico e ottimista al tempo stesso, lancia un messaggio di speranza e di conciliazione: lo stesso spirito che ormai da un quindicennio pervade l’evento culturale del MedFilm Festival. E ci auguriamo che questa manifestazione possa rivelarsi un “Grand Voyage” anche quest’anno.
(Viaggio alla Mecca) Regia: Ismaël Ferroukhi; sceneggiatura: Ismaël Ferroukhi; fotografia: Katell Djian; montaggio: Tina Bazs; scenografia: Gilles Tissot; costumi: Christine Brottes; musica: Fowzi Guerdjou; interpreti: Nicolas Cazalé (Reda), Mohamed Madj (Mustafà), Jacky Nercessian; produzione: Ognon Pictures; origine: Francia, Marocco; anno: 2004; durata: 108’