Le Invasioni Barbariche

Le invasioni barbariche narra gli ultimi giorni di vita di un professore cinquantenne che insegna Storia all’Università di Montreal. Non si tratta di un dramma tuttavia, bensì di una commovente commedia che trasmette gioia e amore per la vita. Remy, il protagonista, è malato di cancro ed è condannato ad una morte rapida, implacabile e dolorosa. L’ex moglie, che gli vuole ancora molto bene, decide di riunire al suo capezzale i figli, gli amici e anche, sportivamente, le ex amanti. Non c’è niente di lugubre o macabro nel racconto della morte che arriva lentamente e abbraccia Remy inesorabilmente: la morte sopraggiunge come un evento naturale in un’atmosfera pacata e serena. Remy dirà: “Dinanzi alla morte mi sento indifeso come quando ero appena nato”. La poesia del film sta infatti nel farci comprendere che la morte e la vita sono la stessa cosa, lo stesso meraviglioso mistero che stupisce atei e credenti. Remy è ateo ma è troppo aperto e intelligente per non subire la fascinazione del sacro e del mistero. Ad una interpretazione religiosa, comunque, contrappone orgogliosamente il suo credo materialistico-epicureo che si basa essenzialmente sull’amore per gli altri, per la bellezza delle donne, per i figli, per l’impegno ideologico socialista, per la cultura, per la natura, per il buon cibo e più in generale per l’amore inteso come forza naturale, misteriosa e sacra. Il suo epicureismo proviene da traumi infantili: Remy, vittima di un educazione veterocattolica castrante, ha vissuto un cristianesimo mortificatorio e sessuofobico di cui paga ancora le conseguenze e a cui ha contrapposto per tutta la vita, con ostinazione, la forza gioiosa della sensualità. Come insegnante di Storia sa che in nome di Dio, con la scusa di evangelizzare i popoli, si sono compiuti milioni di omicidi e altrettanti crimini orrendi si sono consumati in nome di ideologie distorte come stalinismo e nazismo, ma la sua saggezza sta proprio nel non aver comunque perso fiducia nel bene e nell’umanità. La storia del suo epilogo coincide con la riappacificazione con il figlio Sebastien. Remy, intellettuale, umanista, idealista e bizzarro, è l’opposto del figlio, uomo d’affari pragmatico e concreto, ma grazie alla forza dell’amore e senza patetismi gratuiti riescono ad instaurare un bellissimo dialogo. Ruota intorno ai due un gruppo di personaggi molto ben caratterizzati. Fra questi di grande rilievo il personaggio della tossicodipendente, che fornisce a Remy le dosi per sopportare il dolore della malattia: la ragazza è l’unico personaggio perdente del film ed è proprio lei ad incarnare davvero la morte. La morte vera infatti non è quella fisiologica, ma quella psicologica intesa come fuga, rifiuto e paura della vita. Film scritto con grande finezza (premio a Cannes per la sceneggiatura) e bene interpretato da un cast azzeccato in toto a cominciare dal protagonista Remy Girard, un simpatico omaccione pieno di vitalità e umorismo, brillante nei momenti opportuni e mai falso in quelli profondamente drammatici.
regia: Denys Arcand sceneggiatura: Denys Arcand fotografia: Guy Dufaux montaggio: Isabelle Dedieu musica: Pierre Aviat interpreti: Remy Girard, Stephane Rousseau, Dorotheè Berryman, Louise Portal, Dominique Michel produzione: Daniel Louis, Denise Robert origine: Canada, Francia 2003 durata: 99’ distribuzione: Bim web info: www.bimfilm.com/leinvasionib...
[dicembre 2003]
