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Le morti di Ian Stone

Pubblicato il 17 luglio 2008 da Marco Di Cesare


Le morti di Ian Stone

Le morti di Ian Stone porta incongruamente le firme di Dario Piana (nel 1988 regista de Sotto il vestito niente II, fino ad ora sua unica prova cinematografica), autore nel Belpaese più che altro di sceneggiature televisive, ma anche e soprattutto di pluripremiati spot pubblicitari, e di Stefano Marcaldo, un direttore della fotografia anch’egli italiano. Due migranti in mezzo a un cast e a una produzione anglo-americani a produrre un curioso effetto di spaesamento per un’opera nella quale si possono ritrovare alcuni dei difetti tipici dell’horror americano contemporaneo, ma anche qualche pregio.
E come un apolide ci appare Ian Stone (Mike Vogel), tipico ragazzo americano che adora l’hockey e la sua bionda fidanzatina Jenny Walzer (Christina Cole). Una sera, dopo una partita nella quale l’arbitro gli ha inspiegabilmente annullato il gol decisivo, affermando che il tempo era ormai scaduto, tornando verso casa Ian si imbatte in una figura immobile che giace lungo i binari di un passaggio a livello: spaventato, cerca di chiedere soccorso. Ma la ’cosa’ lo prenderà e lo getterà sotto un treno in corsa. L’istante successivo ritroveremo Ian, incolume, risvegliarsi in un ufficio londinese, ricoperto dalle pratiche e scartoffie generate dal mondo contemporaneo: Jenny ora è solamente una gentile collega, mentre lui convive con la bruna e sensuale Medea (Jaime Murray). Ma di nuovo scoccherà la sua ora – sempre la stessa - e nuovamente Ian dovrà fuggire dal tempo che non scorre più e che lo imprigiona, in situazioni a lui sempre più estranee e disturbanti. Perché è inseguito dai ’Mietitori’, mostruosi demoni che si nutrono delle paure degli esseri umani: e quale è la paura superiore a tutte, se non quella che si prova nell’attimo che precede la propria morte? Ma l’intervento dell’anziano Gray (Michael Feast) rivelerà molto a Ian sull’assurdità della sua esistenza e su di un passato che sembra aver dimenticato.
Vorrebbe volare alto, almeno nelle intenzioni, la sceneggiatura realizzata da Brendan William Hood, già creatore di They - Incubi dal mondo delle ombre: dall’eterno ritorno di Nietzsche alla tragedia greca; dal rapporto tra realtà e virtualità (Matrix e anche qualcosa di Essi vivono) allo stravolgimento delle coordinate spazio-temporali che abitualmente dominano il nostro universo, cinema compreso; dal senso dell’identità individuale e quello di appartenenza al gruppo dei propri consimili (vedi sopra), fino all’Esistenzialismo e al potere salvifico dell’Amore, con in aggiunta un po’ dei supplizianti di Clive Barker. Ma comunque si trova molto fantasy in un horror che, almeno, non appare come un ennesimo teen-movie ma, piuttosto, come una fantasia un po’ stravagante, che sa anche spiazzare, colorata a tinte fosche e che trova nella realizzazione tecnica il suo punto di maggiore forza, a fronte di uno script e di un cast artistico che lasciano spesso a desiderare. Perché non sempre i personaggi sfuggono allo stereotipo, a volte utilizzati al solo fine di coprire alcuni buchi di sceneggiatura (come nel caso di Gray). La tipica opposizione bruna vs bionda vede una Jaime Murray che, per quanto affascinante, diviene troppo presto ammiccante; mentre Christina Cole non è altro che un oggetto d’amore, debole in quanto persona, ma ricca di una fondamentale forza allegorica che, però, risulta alquanto stucchevole. Così come ha ingenerato una certa insoddisfazione la presenza, a volte assidua, di assordanti e fastidiosi interventi musicali, tipici dei più ritriti cliché horror, con in più effetti sonori che è con difficoltà possono essere assorbiti dal corpo senza che, tra l’altro, questo possa rimanerne veramente scosso nella sua psichica interiorità.
In mezzo a questi problemi, il regista Dario Piana ha mostrato di prediligere una tecnica ben visibile che, nonostante il budget risicato, sa farsi valere più di quella utilizzata da molti suoi colleghi statunitensi, in particolare quelli più giovani. In questo è stato di certo ben aiutato da Stefano Morcaldo, autore di una cinematografia che si fa notare per la dura eleganza nel restituire la freddezza dell’ambiente circostante. Senza tacere, infine, sulla pregnanza degli splendidi effetti speciali curati dallo ’Stan Winston Studio’. E almeno una scena rimarrà impressa nella memoria, giungendo quasi inaspettata nella sua materica semplicità: uno spruzzo di sangue che va a cozzare contro una porta chiusa che avrebbe dovuto lasciare il pericolo fuori campo, almeno per un po’; ma tutto, invece, si deciderà nell’altro fuori-campo, quello del quale ci eravamo quasi scordati, preda di certi meccanismi narrativi che a volte funzionano. E subito dopo vedremo fin dove può arrivare l’amore sadico di una donna tradita.
Non ci resta che sperare che Dario Piana possa lavorare in Italia per realizzare il cinema di genere che più gli aggrada, in un mercato che, sotto questo punto di vista, non riesce proprio a risollevarsi, e che ’gente nuova’ (anche al di là dell’età anagrafica) possa fare in modo che il pubblico italiano si abitui a un cinema ’commerciale’ diverso da quello che ci viene ormai abitualmente propinato da oltre due decenni, e che si possa finalmente abbandonare la deriva televisiva che dagli anni ’80 ha affossato il cinema di genere italiano, in particolare l’horror che, una volta così fecondo, più di tutti ha dovuto subire i danni causati da una produzione e da una distribuzione che divengono un tutt’uno nella loro pochezza, oltre che da milioni di spettatori sempre più rinchiusi all’interno delle quattro mura che possono ben rappresentare quei vincoli famigliari e quotidiani che proprio l’horror più di tutti ha sempre voluto mettere in discussione.


CAST & CREDITS

(The Deaths of Ian Stone); Regia: Dario Piana; soggetto e sceneggiatura: Brendan William Hood; fotografia: Stefano Morcaldo; montaggio: Celia Haining; musica: Elia Cmiral; interpreti: Mike Vogel (Ian Stone), Christina Cole (Jenny Michael), Jaime Murray (Medea), Michael Feast (Gray); produzione: Odyssey Entertainment, Isle of Man Film Commission, Stan Winston Productions; distribuzione: Medusa; origine: U.K. e U.S.A. 2007; durata: 90’.


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