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Le Tre Sepolture

Pubblicato il 28 gennaio 2006 da Giovanni Pedrollo


Le Tre Sepolture

Le Tre Sepolture è il film che non ti aspetti. Nessuno si sarebbe mai aspettato che dietro quel personaggio con la "faccia da duro" e il volto solcato e levigato dalle piaghe del tempo quale è Tommy Lee Jones, potesse celarsi una prestigiosa laurea in letteratura inglese conseguita presso la Harvard University con il massimo dei voti. Ebbene sì, l’autore-attore confeziona un’ottima pellicola dal solido impianto western, genere che deve averlo appassionato sin da piccolo, in un età nella quale tanti americani come lui sono cresciuti davanti allo schermo di un piccolo televisore domestico scoprendo per la prima volta quel mito della frontiera così ben tratteggiato da registi del calibro di John Ford e Howard Hawks. Il lungometraggio pone al centro delle vicende narrate la morte di Melquiades Estrada, un messicano che lavorava nel ranch di Pete Perkins, impersonato dallo stesso Tommy Lee Jones (vincitore del premio come miglior attore all’ultima edizione del festival di Cannes). In seguito a due precedenti sepolture, Perkins decide di intraprendere un lungo viaggio per garantire al corpo di essere sepolto secondo i desideri di Melquiades. Accanto a sè porterà il responsabile della prematura scomparsa dell’amico, il poliziotto Mike Norton (Barry Pepper). La struttura di The Three Burials of Melquiades Estrada prevede una prima parte in cui si intrecciano i caratteristici flashback tipici delle sceneggiature di Guillermo Arriaga (chi non ricorda lo schema a incastro di 21 Gramms?), per poi lasciare spazio alla macro-sequenza rappresentata dal viaggio iniziatico costruito attorno alla classica traccia delle dodici tappe elaborata da Vogler. Il viaggio fornirà al giovane Mike l’occasione di vivere alcune esperienze che lo porteranno a maturare la necessità di un cambiamento nel suo modo di porsi nei confronti dell’altro. D’altronde l’intero universo diegetico messo in scena è caratterizzato da una miscela di culture che prevede la contemporanea presenza di messicani e americani, lo stesso Perkins parla indistintamente l’inglese e lo spagnolo. Ed è qui che risiede il senso, il significato più intimo del film, l’apertura verso identità culturali diverse dalla propria. In un periodo di globalizzazione, nel cui termine è già di per sè implicito il concetto di smussamento delle barriere tra popoli, perseguire coloro i quali garantiscono una manodopera a prezzi molto bassi sarebbe controproducente. Eppure nelle scene iniziali del film assistiamo al maltrattamento e alla cattura di messicani che travalicano il confine del Rio Grande in cerca di nuove possibilità. Un Rio Grande considerato dalla polizia di frontiera un confine geo-politico separatista laddove un sano atteggiamento incline al cosmpolitismo riterrebbe opportuno pensare il fiume come a un semplice elemento della natura. A tal proposito il merito dell’accoppiata Jones-Arriaga risiede nell’aver saputo filtrare in una storia solo all’apparenza comune a tante altre un messaggio quasi banale ma putroppo fatto proprio da pochi: rispettare sempre il prossimo specialmente nel caso egli abbia usanze dissimili dalle tue e un diverso colore della pelle.

(The Three Burials of Melquiades Estrada); Regia: Tommy Lee Jones; sceneggiatura: Guillermo Arriaga; fotografia: Chris Menges; montaggio: Roberto Silvi; costumi: Kathleen Kiatta; scenografie: Meredith Boswell; musica: Marco Beltrami; interpreti: Tommy Lee Jones (Pete Perkins), Barry Pepper (Mike Norton), Julio Cesar Cedillo (Melquiades Estrada), Dwight Yoakam (Belmont), Melissa Leo (Rachel); produzione: EuropaCorp, Javelina Film Company; distribuzione: 01 Distribution; origine: Usa/France, 2005; durata: 121’ web info: Sito ufficiale

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