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Lezione Ventuno

Pubblicato il 17 ottobre 2008 da Gaetano Maiorino


Lezione Ventuno

L’aria da presuntuoso di successo dona ad Alessandro Baricco. All’autore torinese infatti piace giocare col suo ruolo di antipatico artista tuttofare e, dopo aver pubblicato saggi e best sellers, realizzato trasmissioni televisive, rimodernato l’Iliade, fondato una scuola di scrittura, il tutto sempre con ottimi risultati soprattutto di pubblico, decide, complice il suo mecenate Domenico Procacci, di mettersi dietro la macchina da presa e girare un film.
Lo fa con apparente umiltà, partendo dal presupposto che non esistono opere perfette, capolavori assoluti; spesso anzi quando si parla di straordinarie opere d’arte, ci si trova davanti a una credenza comune più che a un’evidente realtà. Un’opera d’arte per essere analizzata deve essere infatti inscritta nel momento preciso in cui viene partorita, non considerando solo la corrente artistica, o il contesto culturale, ma soprattutto la situazione umana, psicologica e a volte anche economica, del suo autore.
È qui che l’umiltà si rivela apparente e si palesa agli occhi dello spettatore quella punta di immodestia che ormai fa parte del personaggio Baricco. La vittima eccellente di questa vivisezione qualitativa, che en passant vede imputati anche Kubrick, Joyce, Warhol, Botticelli, è Beethoven. L’alter ego del regista in questa particolare ricerca è il professor Kilroy, studioso di “opere sopravvalutate”. La storia della sua vita e in particolare della lezione tenuta sulla Nona di Beethoven (la lezione ventuno appunto), è il filo conduttore di questo film che nonostante sia imperfetto (come un’opera d’arte si potrebbe a questo punto dire), presenta anche dei momenti molto interessanti, in perfetta sintonia con lo stile letterario del suo autore.
Il passaggio dalla letteratura al cinema non è semplice, e Lezione Ventuno risente a volte dell’esperienza di scrittura tipicamente (e logicamente) più romanzesca che cinematografica di Baricco. Contrariamente a quello che si potrebbe immaginare però, sono i dialoghi a risentirne di più, troppo insistiti, troppo ricchi di orpelli e ghirigori piacevolissimi sulle pagine, un po’ meno sullo schermo.
Tutto il contorno, i luoghi vagamente onirici, i personaggi surreali, il non detto tipico della scrittura baricchiana, vengono resi sullo schermo in maniera perfetta e conferiscono quel tocco d’autorialità che di sicuro il regista desiderava imprimere al suo film.
Diversamente dall’unico adattamento di un suo scritto, quel Novecento diventato La leggenda del Pianista sull’Oceano nelle sapienti mani di Tornatore e nel dolente volto di Tim Roth, Lezione Ventuno dà l’impressione di non voler raccontare davvero una storia, ma forse di essere sinfonia. Cerca un suo percorso cinematografico corale allo stesso modo dell’opera musicale che critica; come quelli strumentali nella Nona, si riempie di acuti visivi: l’incipit con una bara portata in spalla da pattinatori, il protagonista che suona il suo violino vestito di nero unico punto scuro in una distesa di ghiaccio, il veliero senza vento (elemento naturale molto significativo per lo scrittore) intrappolato nella neve di ispirazione vagamente felliniana, il comporsi e scomporsi dell’orchestra durante l’esecuzione dell’Inno alla Gioia, ne sono un esempio.
Pur con i suoi limiti tecnici, nascosti dal montaggio magistrale di Giogiò Franchini, Lezione Ventuno piace. I fan di lunga data non resteranno delusi da questa nuova veste indossata da Baricco. Un’opera prima non banale e apprezzabile, anche se a rischio intellettualismo. Persino qualche sequenza divertente ma soprattutto tanta musica classica, una rarità sul grande schermo.


CAST & CREDITS

(Lezione Ventuno); Regia: Alessandro Baricco; sceneggiatura: Alessandro Baricco; fotografia: Gherardo Gossi; montaggio: Giogiò Franchini; musica: Mario Brunello; interpreti: Noah Taylor (Hans Peters), Clive Russel (Hoffmeister), Leonor Watling (Martha), Jonh Hurt (Mondrian Killroy); produzione: Fandango, Rai Cinema; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, 2008; durata: 92’


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