Ligabue Campovolo - Il film 3D

Ecco Luciano Ligabue e il suo Campovolo, concerto-evento
tenutosi lo scorso 16 luglio all’aeroporto di Reggio Emilia, che ha
richiamato una folla di ben 120.000 spettatori. Il 2.0 di cui si fregia il
titolo del live sta lì ad indicare: un primo Campovolo s’era già fatto nel
2005, ma, nonostante il record di presenze registrato (accorsero quasi
180.000 persone), lo spettacolo fu oggetto di numerose critiche a causa di problemi audio legati a uno degli impianti service. Questo Ligabue –
fortemente voluto da Claudio Maioli, storico produttore del Liga da oltre
vent’anni, – può concedersi, a buon diritto, il diritto di replica sul
precedente, vantando da subito un piccolo primato: è il primo concerto
italiano realizzato in 3D e, con tutta probabilità, darà il via ad una
(eventuale) serie di concerti in tre dimensioni dei nostri artisti.
Il docu-film – introdotto da un cortometraggio (Quelli di
Campovolo 2.0, realizzato dalla Fondazione Smemoranda per la regìa di
Andrea Bacigalupo) che ha il merito d’immortalare l’entusiastica
partecipazione dei ragazzi accorsi da tutta Italia per lo spettacolo unico
della rockstar emiliana – si articola in due snodi principali: il reportage del
concerto e un documentario che svela alcuni retroscena inediti della vita di Luciano Ligabue. Le riprese dello show, affidate alla solida direzione di
Cristian Biondani, sottolineano abilmente l’imponenza titanica e
spettacolosa del palco (90 metri, e aggiungeteci 620 metri quadrati di
mega-schermi), ma soprattutto restituiscono agli spettatori del grande
schermo le immagini festose della marea umana che ha gremito
l’aeroporto di Reggio Emilia. Biondani – il regista collabora con Ligabue
dal 2003 ed ha firmato, per il cinema, i due Ligabue Day (2010 e 2011) –
mescola continuamente i campi lunghi ai dolly vertiginosi, i primi piani
alle carrellate: questi movimenti di macchina, che per così dire calcano le scene insieme a Ligabue e i suoi musicisti, costituiscono i momenti in cui
si può godere maggiormente dell’effetto 3D – anche grazie ad un
montaggio non troppo serrato, opera di Marco Manes.
Come accennavamo poco sopra, le immagini di Campovolo si
alternano al documentario di Marco Salom: il regista piacentino percorre
le vie di Correggio – dove Ligabue è nato, vive e lavora – per intervistare
gli amici e i collaboratori più stretti del rocker emiliano. Pur avvalendosi
della forma più propriamente cinematografica di Campovolo, il racconto
di Salom procede con una scarsa e poco approfondita solidità narrativa,
incapace di sviluppare le potenzialità che strutturalmente gli sono proprie: il documentario, sebbene contornato dalle immagini della cittadina reggiana e dalla voce off dello stesso Ligabue, ricerca continuamente la suggestione senza mai trovarla.
L’efficacia di Ligabue Campovolo, insomma, ci sembra risieda
interamente nella dirompenza visiva del concerto – impreziosita da un
notevole Sorround 5.1, mixato da Corrado Rustici e Chris Manning
nientemeno che negli Skywalker Studios di George Lucas – e nella
presenza forte di un Ligabue sempre a suo agio sul palco: quando canta
non si muove mai troppo vistosamente, ma appena corre lo fa per davvero, lungo tutta la passerella, infiammando l’animo dei giovani fans: così la macchina da presa muove passi audaci, il ritmo registico accelera e
Campovolo (ri)trova un proprio equilibrio filmico. Non è poco.
(Ligabue Campovolo - Il film 3D); Regia: Cristian Biondani, Marco Salom; sceneggiatura: Marco Salom, Cristian Biondani; fotografia: Marco Bassano, Brett Turnbull; montaggio: Marco Manes, Claudio Bonafede; produzione: Eventidigitali Films in coproduzione con Riservarossa/F&P Group/Lumière & Co./Zoo Aperto; distribuzione: Medusa Film; origine: Italia, 2011; durata: 108’
