Lissy principessa alla riscossa
Lissy è un film carico di promesse, poche delle quali mantenute.
Prima le notizie buone: è un lungometraggio di origine europea, realizzato con l’ormai stradiffusa tecnica della grafica 3d, messo in piedi dalla Scanline VFX, che ha sede a Monaco di Baviera (ma anche a Los Angeles, forse vuol dire qualcosa!), per la regia del tedeschissimo Michael Herbig, qui per la prima volta alle prese con un lungometraggio d’animazione neanche di facile costruzione. A memoria nostra, l’ultimo lungometraggio di portata tale entro in confini UE era stato nel 2006 il francese Arthur e il popolo dei Minimei di Luc Besson; tutto questo senza considerare le produzioni inglesi come Giù per il tubo del 2006 (della Aardman e Dreamworks) equiparabili in tutto ai prodotti d’oltreoceano, e pellicole prossime venture come lo spagnolo Planet 51 della Ilion Studios di Madrid. Insomma, Lissy si trova nella fresca ventata che sembrerebbe volere non certo una rinascita, ma una nascita bella e buona di un cinema d’animazione di ampio respiro, che finalmente possa avvalersi, anche in Europa, delle possibilità non solo tecnologiche che lo hanno visto rifiorire in questi ultimi anni praticamente ovunque. Possibilità tecnologiche che in Lissy sono sfruttate con buona maestria: in alcuni momenti la qualità della resa grafica è addirittura stupefacente, mentre se le movenze a volte un po’ rigide dei personaggi lasciano forse a desiderare, il difetto è perdonabile dall’ottima mimica facciale di ciascuno di loro.
Le notizie cattive invece riguardano il tono di fondo della pellicola. Lissy apre con un sipario rosso, che immediatamente sottolinea, o meglio impone le caratteristiche da avanspettacolo del film (tratto peraltro da gag televisive realizzate dallo stesso Herbig), davanti al quale viene presto a pararsi uno dei personaggi a declamare le istruzioni di fruizione per il cartoon. Al centro del discorso troneggia la raccomandazione di lasciare la sala se ci si aspetta di vedere un film d’animazione come “quella roba là” d’oltreoceano: per cui, malgrado la locandina paventi qualcosa di molto simile a Shrek, si viene quasi convinti che potrebbe non essere così, e che Lissy sia invece una sontuosa intelligente parodia, alla maniera europea, delle grandi produzioni statunitensi (che però, e qui sorge il primo dubbio, sono parodie esse stesse, se pensiamo proprio a Shrek). Ma vale qui il detto “non dire gatto se non l’hai nel sacco”, e il sacco di Herbig da questo punto di vista risulta quasi vuoto: non c’è traccia di emancipazione concettuale o narrativa rispetto alle produzioni Dreamworks o Pixar, e malgrado la profanazione di film che vanno da King Kong a Lissy (meglio conosciuto da noi come la saga della principessa Sissi) degli anni ’60, a colpi di citazioni scriteriate, degli intenti ferocemente parodici, delle premesse nulla rimane: e il problema maggiore è che non si ride quasi mai, quando questo diventa il minimo che ci si aspetterebbe da un operazione di tal fatta. Il cavallo di battaglia del film infatti, che sin dalle premesse si autoproclama come pellicola che “ha fatto arrabbiare” quelli d’oltreoceano, e che da solo vorrebbe mettere in ridicolo (senza un vero perché) prodotti come L’Era Glaciale o Shrek o altri ancora, è l’uso di un linguaggio scurrile e di situazioni gratuitamente volgari e nonsense che vorrebbero impressionare per la loro anticonvenzionalità all’interno di un film d’animazione, ancora considerato prodotto per famiglie. Addirittura, a sentire Lorella Cuccarini, doppiatrice e madrina della promozione italiana di Lissy (che in Germania è uscito lo scorso anno), la versione italiana sarebbe alquanto edulcorata rispetto alle battute originali. A nostro parere, per poter essere ascoltati, anche quando si vuol prepotentemente uscire dal coro, la finezza è fondamentale. Fece più “scandalo” quello Shrek II del 2004, dove l’orco premio Oscar, finalmente solo con Fiona le chiedeva “dov’eravamo rimasti?”, alludendo per la prima volta, in un film d’animazione vietato a nessuno, ai normali rapporti sessuali di una coppia, piuttosto che l’imperatore Franz che fa l’idromassaggio alla parti basse in attesa che si presenti in camera sua la moglie Lissy agghindata per la notte.
Dunque sotto questi ultimi aspetti Lissy è una delusione pressoché totale, che avrebbe potuto passare più inosservata con qualche promessa in meno. Restano però le ottime basi tecniche e il coraggio di mettere mano a una produzione di questo genere, che se associata a una capacità di scrittura che oltre alla finezza comprenda anche una maggiore personalità autoriale può dare ottimi frutti, non solo ad Herbig ma a tutto il mercato del cinema d’animazione europeo.
(Lissi und der wilde Kaiser); Regia: Michael Bully Herbig; sceneggiatura: Michael Bully Herbig, Alfons Biedermann; musica: Ralph Wengenmayr; produzione: Michael Bully Herbig; distribuzione: Moviemax; origine: Germania, 2007; durata: 85’.