Live! - Ascolti record al primo colpo

La tv torna al cinema con l’uscita di Live – Ascolti record al primo colpo, un film che racconta la nascita, lo sviluppo e la messa in onda del più grande evento della storia della televisione. Un programma mai visto prima. In realtà non ancora visto fortunatamente, perché Live! racconta la fittizia nascita di uno show che porta in tv il gioco macabro della roulette russa. Qualcosa di assurdo, improponibile! La nota predominante è la finzione quindi. La finzione di uno show che non esiste e la finzione di un film che, con la scusa di raccontare un evento televisivo immaginario, mette in scena le piaghe dei media e la decadenza della società contemporanea. È necessaria una premessa però. Se con Quinto potere, Quiz show o le deviazioni comiche di Re per una notte e Tootsie il cinema di un tempo si limitava a raccontare la televisione, mettendone in mostra i suoi lati nascosti e le curiosità più interessanti, oggi invece il grande schermo si dimostra molto più disponibile ad accettare della televisione il suo linguaggio. Per comprendere ciò è sufficiente pensare, ad esempio, a quanto si sia modificata nel corso degli anni la concezione del ritmo nei film; sempre più rapido e frammentato e sempre più distante dalla lentezza di epoca “pre-catodica”. È servito di recente un film come Good night and good luck a far riaffiorare, proprio grazie al gusto retrò dell’opera, la vecchia tendenza, ormai accantonata da tempo, dell’hommage cinematografico al mondo televisivo. Non è un caso infatti che Clooney abbia scelto un certo tipo di televisione arcaica come soggetto della propria pellicola ed uno stile di racconto compassato, molto più in sintonia con i ritmi di quel tempo che con quelli odierni.
E’ possibile oggi ritornare ad affrontare tale questione grazie a Bill Guttentag, interessante regista già premio Oscar per il cortometraggio Twin towers, e al suo controverso Live!. Un’opera non eccezionale ma di certo provocatoria, che offre al pubblico, oltre alle proprie qualità tecniche, molti interessanti concetti sui quali ragionare. Come quelli legati alla natura stessa dell’opera. Posizionata sulla linea di confine tra le due tendenze appena menzionate, essa strizza l’occhio al racconto cinematografico della tv, scrutando tutto ciò che si nasconde nella pancia di un network moderno e mostrandoci ovviamente gli aspetti conosciuti della televisione odierna, con i suoi contenitori ibridi e chiassosi, con le sue volgarità gratuite e il suo concetto costruito di realtà (che non deve essere realtà ma verosimiglianza ovviamente!). Allo stesso tempo però oltre a raccontarci la televisione, Live! ha la capacità di parlarci con i modi della televisione, con le sue tecniche precise, i suoi movimenti convulsi e i suoi tempi ansiogeni. Sulla scia della moderna tendenza, la forma del film risente della cultura televisiva. Quella stessa cultura però che, in questo caso, è anche indagata dall’opera stessa. Un balletto di rimandi quindi in cui il contenuto crea il suo involucro e in cui quest’ultimo ridiviene ancora contenuto. Due esempi su tutti. L’inizio del film durante il quale i protagonisti, senza svelare il reale motivo per cui ciò avviene, gettano continuamente lo sguardo in camera (solo dopo pochi minuti si capisce che dietro quella stessa camera si nasconde in realtà, alla maniera di Rec e Cloverfield, un cameraman protagonista del film) e la sovrapposizione, durante la messa in scena finale dello show, dell’occhio cinematografico con quello televisivo (all’interno dello studio le immagini del film corrispondono in molte occasioni a quelle del programma televisivo stesso). Ma non è solo questo Live!. E’ anche dissacrante contestazione di una televisione senza più alcun controllo e ritegno. Capace di mandare in onda la bassezza più squallida, come il suicidio di un uomo, pur di conquistare un punto in più di share. Live! è una radiografia ridondante dell’eccesso che anima il mondo televisivo, della elegia dell’effimero che nasce nello studio di un reality, di un talent show o di un qualsiasi altro evento del genere, della ipocrisia che muove i suoi protagonisti e soprattutto della continua e affannosa ricerca della spettacolarizzazione. Il film va addirittura oltre. Ad essere spettacolarizzato non è nemmeno l’inutile a cui siamo abituati ma addirittura il vietato, l’impossibile, la morte. Come se si volesse provocare l’audience e l’opinione pubblica in generale con la frantumazione dell’ultima barriera etica ancora rimasta. D’altronde se Eros negli ultimi anni è stato sfruttato e calpestato con tanta noncuranza da una volgarità dilagante perché allora non alzare l’asticella della morale pubblica ed includere in questo vortice mediatico anche Thanatos?
Live! permette di riflettere sulla condizione odierna della tv, ma anche sulla strada intrapresa dai media in generale, perché il film di Guttentag oltre ad essere una denuncia della contemporaneità è anche una preoccupante anticipazione di ciò che potrebbe avvenire domani. Il monito lanciato dal film si riassume nel finale rocambolesco e forse troppo frettoloso, in cui il disgusto fisico della protagonista Mendes, che di fronte alla morte dell’ultimo concorrente e in concomitanza con l’annuncio del record di share corre in bagno a vomitare il lato marcio della propria esistenza, si unisce al suo annientamento fisico, o meglio alla distruzione della figura che lei rappresenta, della maschera che indossa. Per un gesto così grave non basta infatti la purificazione delle viscere, è necessaria una liberazione completa, un processo catartico che includa prima la rinascita spirituale, la purificazione della coscienza, e poi il sacrificio del corpo. Il messaggio dell’autore è lanciato. Ma attenzione però, si sta parlando comunque di show business, di entertainment che tutto divora. E allora l’occhio che scruta questi eventi finali torna inevitabilmente ad essere quello del cameraman iniziale, ingaggiato dalla stessa protagonista per realizzare un altro prodotto audiovisivo che possa supportare lo show e sfruttarne di conseguenza il successo eventuale. Per un’ottima trovata, il punto di vista muta ancora una volta quindi. Non è più quello giudicante del regista ma ancora una volta quello del mercato, ancora pronto a sfruttare ogni minimo evento per catturare audience e fare soldi. L’effetto catartico decade inevitabilmente con la scoperta di questo segreto! Ne abbiamo la riprova quando, un istante dopo, un salto temporale ci porta direttamente all’inizio di una nuova edizione dello show, orfano ormai della sua ideatrice ma con una ex concorrente superstite, divenuta conduttrice, pronta a garantirne la continuità. D’altronde la macchina è partita! E allora perché fermarla? In fondo sono morte solo due persone per uno show televisivo che fa il 60% di share! La critica severa dell’autore si legge soprattutto in questo salto finale, in questo passaggio indolore tra la morte e la prosecuzione dell’intrattenimento. Evidente simulazione della semplicità con cui oggi si affronta la creazione televisiva. E’ qui che secondo il regista si deve muovere la coscienza del pubblico. Nell’impossibilità, o nell’incapacità, dei media di regolamentarsi è necessario che, al momento della visione, ciò venga fatto dalla coscienza del singolo spettatore. Questo perché lo show business in generale e la tv in particolar modo hanno sempre la facoltà di rilanciare. Sta quindi all’occhio e alla prontezza dello spettatore saper stabilire il momento in cui decidere di ritirarsi da un gioco troppo pericoloso.
(Live!) Regia: Bill Guttentag; soggetto e sceneggiatura: Bill Guttentag; fotografia: Stephen Kazmierski; montaggio: Jim Stewart; musiche: Phil Marshall; scenografia: Robert De Vico; costumi: Dayna Pink; interpreti: Eva Mendes, David Krumholtz, Rob Brown, Katie Cassidy, Jay Hernandez, Eric Lively, Monet Mazur, Jeffrey Dean Morgan; produzione: Mosaic Media Group; distribuzione: Moviemax; origine: USA; durata: 96’.
