Lo chiamavano Jeeg Robot

Vero Cult Movie della decima edizione della Festa del Cinema di Roma!
Pur con evidenti limiti di sceneggiatura, e qualche personaggio abbozzato con frettolosa approssimazione, Lo chiamavano Jeeg Robot era già esploso sugli schermi dell’Auditorium Parco della Musica come una sorpresa inaspettata, destando al termine della proiezione un’entusiastica e del tutto spontanea ovazione di apprezzamento e contagiosa simpatia. Siamo di fronte al primo film sulla generazione cresciuta davanti alle televisioni di Berlusconi, che in virtù degli ormoni "italiani" che le scorrono in vena - potentissimi anticorpi in grado di conservare, nonostante il bombardamento di idiozia televisiva, il necessario briciolo di ironia e buon senso - sarà forse in grado di recuperare creativamente le doti migliori di un popolo famoso da sempre per la sua fantasia e la sua genialità nella pratica quotidiana della VITA.
Ripartire proprio dal Cinema potrebbe essere una soluzione intrigante e prodiga di ulteriori sorprese. Da un cinema che torni finalmente a parlare Italiano, dopo decenni di piatto lessico telenovellistico, riappropriandosi della gloriosa cultura dei tempi che furono; fatta di scrittori e registi e artisti grandi, grandissimi ma anche minori eppure sempre preziosi, mescolati ai fumetti dell’Intrepido e alla televisione dei genitori e dei nonni, alle canzoni della Berté e di Gianna Nannini, ai derby calcistici, incorporandovi l’immaginario dei cartoni giapponesi fiorito nelle testoline fanciulle degli odierni trenta-quarantenni cresciuti a pane, latte e siglette cantate da Cristina D’Avena.
Un campionario di cultura alta e cultura bassa che miscelato insieme potrebbe restituire energia e vitalità ad un cinema da troppo tempo involuto e divenuto parodia di se stesso. Il primo lungometraggio di finzione di Gabriele Mainetti urla forte e chiaro questa voglia di osare, di sporcarsi le mani, di calarsi nelle fetuse acque del Tevere, fiume simbolo di tutti gli imperi italici ormai definitivamente decaduti, e risorgerne potenziati di superpoteri insospettabili. Senza mai allontanarsi dal linguaggio del cinema di genere, che da più parti lancia timidi segnali di ripresa premiati dalla curiosità del pubblico, il regista (e attore) romano orchestra la sua storia tra il noir e il manga con vorticoso senso del ritmo e dello spettacolo, e dirige con civetteria rossiniana (Rossini: ecco, insieme a Verdi, due ingredienti fondamentali da aggiungere alla già sapida ricetta per rilanciare il nostro cinema: il melodramma e l’opera buffa, tutta roba NOSTRA!) il suo eccellentissimo duetto di primattori: Claudio Santamaria, tornato finalmente protagonista coi mugugni e coi tormenti di un balordo de Torbella, e uno stupefacente, ambiguo e scatenato Luca Marinelli, che si conferma il migliore e più duttile attore italiano del momento.
Graditissima, almeno dal sottoscritto, l’affettuosa parodia del nolaniano Batman in vetta al Colosseo in sottofinale.
(Lo chiamavano Jeeg Robot); Regia: Gabriele Mainetti; sceneggiatura: Nicola Guaglianone; fotografia: Michele D’Attanasio; montaggio: Federico Conforti; musica: Gabriele Mainetti; interpreti: Claudio Santamaria, Luca Marinelli, Ilenia Pastorelli; produzione: Goon Films, Raicinema; distribuzione: Lucky Red; origine: Italia, 2015; durata: 112’
