Los colores de la montaña - Roma 2010 - Alice nella città
Manuel è un bambino colombiano che ama giocare a calcio con i suoi amici Julian e Poca Luz (un ragazzino albino, da qui, probabilmente, il suo nome). Le loro giornate trascorrono tra la scuola e il piccolo pezzo di terra de La Pradera che utilizzano come campo da calcio. Il padre di Manuel si prende cura del bestiame: una vita calma la sua, tra lavoro e famiglia. Ma siamo in Colombia e, bisogna dirlo anche tristemente, il pericolo è sempre in agguato dietro l’angolo. Un pericolo rappresentato, ad esempio, dall’arrivo dei militari, dai quali l’uomo scappa, con l’intenzione, in questo modo, di proteggere la sua famiglia. L’ambiente nel quale i ragazzini vivono è difficile, carico di preoccupazione e di sospetto, come quello che si viene a creare nei confronti della nuova insegnante giunta al paese. Nell’aria c’è tensione, e la vita trascorre con timore. Ma Manuel, il piccolo protagonista, pur avendo bene in mente ciò che accade, pur capendo seppur molto giovane) quali sono i problemi che lo circondano, non vuole rinunciare a fare ciò che gli piace: giocare e disegnare. Disegnare la montagna, riportane i colori accesi su di un foglio, “costringerli” in un quaderno, rinchiudere delle immagini possenti. E, in tutto questo, cercare di recuperare il suo amato pallone che, per sbaglio, è finito in un campo minato. Ancora una volta il semplice gioco va a coincidere con la paura e il dolore: tema portante dell’ambiente bellissimo e doloroso nel quale si è nati e si tenta di crescere bene.
I colori della montagna sono, in realtà, i colori della Colombia tutta, un luogo bellissimo, affascinante e, allo stesso tempo, mestamente violento e spiazzante. Sono anche i colori dell’anima e dell’adolescenza, quella vissuta da Manuel e dai suoi compagni, che vogliono vivere ciò che gli spetta di diritto, giocando col pallone, seppur in un piccolo pezzo di terra che usano come campo da calcio, nell’immensa pianura sudamericana. Infine, sono anche i colori del dolore e della paura, quella del padre di Manuel, che cerca di allontanare i militari dalla sua famiglia, così da proteggerla; i colori della paura e del timore che si hanno anche nei confronti della nuova e sconosciuta insegnante.
L’opera di Arbelàez, The colors of mountain, offre tanti spunti e, in maniera consequenziale, ci apre un mondo nuovo, quello di una terra lontanissima e ancora del tutto sconosciuta. Tutto questo lo fa immergendo lo sguardo degli spettatori in quello del piccolo protagonista: è con i suoi occhi che scrutiamo la montagna, la terra. Ed è anche tramite i suoi occhi che ci giungono i suoi sentimenti, le sue paure e le sue volontà, che sono poi anche quelle dei suoi due amici.
Ragazzi che cercano di crescere in un ambiente difficile facendo ciò che a loro più piace: giocare. Purtroppo, come detto, il gioco, quello infantile e sano a cui siamo abituati (da pubblico occidentale), non è sicuramente possibile; eppure la forza dell’adolescenza riesce ad ottenere delle emozioni che sembrano quasi irrealizzabili.
(Los colores de la montana) Regia: Carlos César Arbelàez; sceneggiatura: Carlos César Arbelàez; fotografia: Oscar Jiménez.; montaggio: Felipe Aljure Andrès Duràn; musica: Camilo Montilla; interpreti: Hernan Ocampo (Manuel), Nolberto Sanchez (Julian), Genaro Aristizabal (Poca Luz).; produzione: El Bus Produccion; distribuzione: Umedia; origine: Colombia; durata: 88’.