Love For Life
Ci sono film che al di là del tema che trattano, della bellezza dei dialoghi, della bravura dei suoi interpreti o del regista riescono ad arrivare al cuore dello spettatore sin dalla prima immagine. Una melodia, un rumore, un dipinto ripetuto per 24 volte al secondo ed ecco che la magia accade. Zui Ai è proprio uno di quei film. Lo si guarda con attenzione per tutti i cento minuti della sua durata, lo si lascia sedimentare all’uscita della sala e man mano che i minuti passano comincia a farsi largo nel cuore dello spettatore lasciando un ricordo agrodolce e la consapevolezza di essersi arricchiti nonostante tutto. Nonostante un senso di insoddisfazione (o di non completa soddisfazione) rimanga come una piccola punta in lontananza. Gu Changwei a dire il vero, non brilla di certo per stile registico o poesia dei dialoghi, ma le immagini che sceglie sono potenti e bellissime come solo un ex fedele braccio destro di Zhang Yimou poteva essere in grado di confezionare. Ciò che solitamente rappresenta una pecca nella maggior parte dei lungometraggi "Made in China", ovvero la fotografia, in Love for life diventa punto di forza di una storia necessaria e molto sentita ma che ha diversi buchi di sceneggiatura e che spesso non convince pienamente nella sua drammaticità stereotipata.
In un piccolo villaggio della Cina a causa di illeciti traffici di sangue, comincia a diffondersi l’incubo dell’AIDS. Al centro di tutto, come al solito c’è il bisogno di denaro che a causa di debiti e povertà induce diverse famiglie a donare il sangue sul mercato nero. La famiglia Zhao viene da subito additata come responsabile del rapido diffondersi della malattia poichè Qi Quan, è stato tra i primi a convincere la gente a donare il sangue al mercato nero. Suo nonno, disposto a tutto per cancellare la vergogna dal nome della sua famiglia, trasforma la scuola locale in una casa di cura per i malati di AIDS. Qui inizia la bellissima storia d’amore tra due di essi, De Yi e Qin Qin (interpretata dalla bellissima Zhang Ziyi) che pur sapendo di non poter avere aspettative per il futuro decidono di vivere quello che gli resta come amanti segreti. Scoperti e tacciati di immoralità dal resto del villaggio (lei era la moglie del cugino di De Yi, anche esso colpito dalla malattia e morto da poco) i due si trovano davanti alla difficile scelta di rinunciare a stare insieme o di godere felici gli ultimi momenti che la vita ha deciso di concedergli.
Il film è un melodramma vecchio stile che pur avendo qualche ottima intuizione di sceneggiatura e pur essendo il primo lungometraggio cinese che ufficialmente ha potuto raccontare il dramma del virus dell’ HIV, risente pesantemente sia delle limitazioni che quasi certamente il "regime" cinese gli ha imposto, sia degli oltre 50 minuti tagliati che rendono spesso incomprensibile il film allo spettatore. Se da un lato Gu Changwei ha ereditato il gusto estetico delle immagini da Yimou, sicuramente non ha ereditato il suo polso e la capacità di decidere quale sia lo stile più adatto al film che sta girando. Troppo spesso infatti si passa da un registro stilistico ad un altro senza che esso sia giustificato e così facendo alcune scene passano per essere poco credibili e di intralcio al resto della storia. Detto ciò, sicuramente Love for life era un film necessario che anche nelle sue imperfezioni non solo rappresenta un rompighiaccio fondamentale per il proprio Paese, ma anche un’opera, sicuramente incompiuta, che comunque non riesce a far storcere completamente la bocca e che di sicuro non sarà facile da dimenticare.
(Zui Ai); Regia: Gu Changwei; sceneggiatura: Yan Laoshi, Yang Weiwei, Changwei Gu ;fotografia: Christopher Doyle, Changwei Gu e Tao Yang; montaggio: Li Dianshi; interpreti: Aaron Kwok e Zhang Ziyi ; produzione: Hing Lung Worldwide Group Limited; origine: Cina, 2011; durata: 100’.