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Manuale d’amore 2 (capitoli successivi)

Pubblicato il 22 gennaio 2007 da Alessandro Izzi


Manuale d'amore 2 (capitoli successivi)

Il primo Manuale d’amore (come del resto, anche se in forma diversa, Notte prima degli esami di Fausto Brizzi) era stato, lo scorso anno, uno strano esercizio atemporale sul sentimento e sugli archetipi della commedia.
Un film ad episodi come se ne facevano un tempo, una sorta di ponderosa operazione nostalgia tutta venata d’agrodolce che nascondeva la sua sostanziale dimensione di operazione di marketing (evidente nella scelta di un cast sfavillante ed eterogeneo) dietro la grazia di una confezione pulita, ordinata, estremamente precisa.
Ma prima di tutto era stata un esperimento: il tentativo di sondare la potenzialità commerciali della commedia italiana in un periodo che non fosse qullo natalizio e secondo una logica che non fosse quella del cinepanettone.
Il risultato, ben al di sopra delle più rosee aspettative, non poteva non portare come necessaria ed ineludibile conseguenza la sentita necessità di replicare la formula appena testata. Una necessità, questa, che, stando alle dichiarazioni rilasciate dal regista (insieme col fido sceneggiatore Ugo Chiti), non si dovrebbe fermare al mero raddoppio del prototipo, ma dovrebbe ambire ad una serialità più lunga con almeno cinque puntate di cui la terza (presumibilmente dedicata al rapporto genitori figli) è già in piena gestazione.

A differenza dei cinepanettoni che si accontentano del mero ricalco della loro stessa formula, i film della serie di Manuale d’amore però non si limitano a riciclare pedessiquamente se stessi, ma tentano, soprattutto a livello contenutistico, di porsi in una dimensione più decisamente autoriale. Già sin dal titolo, del resto, il progetto di Veronesi ha la non troppo celata ambizione di volersi porre come summa del modo di vivere il sentimento e l’Amore nella società italiana del nuovo millennio.
A riciclarsi di episodio in episodio non sono, quindi, le idee, la struttura e il senso stesso dell’operazione, ma le mere contingenze produttive (come del resto è lecito aspettarsi da un produttore come De Laurentis) che si ripetono identiche seguendo strategie commerciali fondate su una scelta di casting che affianca nomi di grido, personaggi televisivi e attori decisamente più blasonati. In questo modo si salvaguarda la possibilità di coinvolgere fasce di pubblico molto eterogenee che passano dal mondo dei teen agers a quello dei cinquantenni.
Dietro questa scelta riposa, quindi, una presa di consapevolezza di non poco conto: la scomparsa definitiva di una commedia nazionale capace di tenere in sala un pubblico davvero ampio e stratificato. O, per metterla in altri termini, la scomparsa di un pubblico unico (magari centrato sulla realtà della famiglia) e la costituzione, al suo posto, di tante piccole fasce molto eterogenee, diversamente competenti, che cercano, al cinema, film molto diversi o, se non altro, volti molto diversi.
Manuale d’amore, quindi, nella sua scomposizione del film in quattro episodi isolati, ma non impermeabili, si vuole, sul modello sempre più popolare per le famiglie della multisala dove ognuno può scegliersi il suo film, come una sorta di multifilm: quattro film diversi in una stessa sala.

Come per Notte prima degli esami oggi (ci appoggiamo per adesso solo sui trailer e sulle dichiarazioni del regista visto che il film uscirà solo a febbraio), l’approdo al secondo capitolo comporta l’abbandono di una sorta di astrattezza storica e l’adesione ad una visione più matura e sentita del presente italiano.
Per Veronesi questo approdo alla contemporaneità è, però, sostanzialmente ambiguo perchè, se da un lato non si può negare che vengano toccati temi anche piuttosto scottanti (la fecondazione assistita del secondo episodio, i pacs e l’idea di un matrimonio omoesessuale del terzo), dall’altro si deve notare come lo sguardo nei loro confronti mantenga un che di generico che in parte ne vanifica i risultati.

Niente, in effetti, di tutto Manuale d’amore 2 (capitoli successivi) è mai portato davvero fino in fondo. Neanche la tanto pubblicizzata scena hard tra Riccardo Scamarcio e Monica Bellucci che tanto furbescamente è stata imposta ai media per agevolare il lancio pubblicitario di tutta la pellicola e che, alla fine, è breve e anche un pizzico goffa.

Il primo episodio, ad esempio, nasceva dall’idea, piuttosto rivoluzionaria nel contesto del cinema italiano, di voler rappresentare concretamente il sesso tra una persona "normale" e un portatore di handicap. Ma la portata rivoluzionaria di una scelta del genere è destinata al naufragio se la persona diversamente abile, alla fine, è il sex symbol italiano per eccellenza e se il suo handicap è solo momentaneo e causato da un incidente. In effetti, da questo punto di vista, la sola dimensione eversiva dell’episodio sta tutta nella scelta della donna di concedersi l’avventura erotica proprio una settimana prima di sposarsi nella piena padronanza del proprio corpo e delle proprie pulsioni. E ci sarebbe qui il destro per un buon ritratto psicologico (ben tratteggiato dalla Bellucci) se non intervenisse, per lo spettatore in sala, la canzone di Elisa a chiarire i suoi dubbi e le sue incertezze (scelta forse dettata dall’esigenza di dover spiegare meglio le cose al pubblico adolescenziale cui il segmento si rivolge).
Allo stesso modo il capitolo dedicato alla fecondazione assistita mantiene una certa ambiguità tra il bisogno di chiarire semplicemente un punto di vista progressista (trovare parole semplici per far capire al pubblico italiano il perché la si dovrebbe considerare una pratica ospedialera buona e anche necessaria) e l’esigenza di trovare una storia e un gruppo di personaggi capaci di tenere salda l’attenzione del pubblico.
Anche il terzo episodio paga il pedaggio di una resa ancora macchiettistica del personaggio omosessuale con una sostanziale stanchezza di scrittura che si riflette prima di tutto sul rapporto tra padre e figlio che risulta un po’ troppo standardizzato. In effetti manca a tutto il segmento un’adesione vera ai personaggi, una resa concreta della loro umanità più profonda. Ragion per cui l’episodio resta più che altro come documento di un tentativo di trattare l’omosessualità con lo stesso spirito con cui si guarda l’eterosessualità. E, forse, per l’Italia bigotta e papalina questo potrebbe essere già tanto.

Vanno un po’ meglio le cose per l’ultimo episodio, se non fosse per la pistolettata finale sulla famiglia che resta sospesa nel vuoto, quasi sia stata messa lì per non offendere troppo il comune senso del pudore non ancora davvero pronto ad una visione del mondo così progresstista.
Nel complesso Manuale d’amore 2 pare, nella sua divisione ad episodi, un film stilisticamente più omogeneo del primo, ma anche più insincero. Si respira una sensazione di "artefatto", nel modo in cui i vari episodi cercano comunque di mantenersi nel solco di una buona educazione largamente condivisibile che alla lunga dispiace. Il che è un peccato perché le migliori intenzioni c’erano davvero tutte.


CAST & CREDITS

(Manuale d’amore 2 (capitoli successivi)); Regia: Giovanni Veronesi; sceneggiatura: Ugo Chiti, Giovanni Veronesi, Andrea Agnello; fotografia: Tani Canevari; montaggio: Claudio Di Mauro; musica: Paolo Buonvino; interpreti: Carlo Verdone (Ernesto), Monica Bellucci (Lucia), Antonio Albanese (Filippo), Riccardo Scamarcio (Nicola), Sergio Rubini (Fosco), Fabio Volo (Franco), Barbora Bobulova (Manuela), Claudio Bisio (Fulvio), Elsa Pataky (Cecilia), Dario Bandiera (Dario), Rosario Fiorello (l’infermiere); produzione: Filmauro; distribuzione: Filmauro; orgine: Italia, 2006; durata: 120’; web info: Sito ufficiale


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