Men in black 2

Men in black II riprende le fila del racconto proprio là dove il primo Men in black ci aveva lasciati.
Il grandissimo agente K (Tommy Lee Jones) , che era stato deneuralizzato alla fine del precedente episodio, passa ormai le sue giornate come direttore di un ufficio postale di una piccola città di provincia (che gestisce, in rispetto alle sue vecchi abitudini, con piglio militaresco) continuando a chiedersi cosa lo spinge, ogni notte, ad alzare lo sguardo verso le stelle distanti. Nel frattempo J (Will Smith) è ormai la nuova stella dell’agenzia e, anche se non riesce a trovare una spalla che possa sostituire davvero il suo vecchio maestro (ritrovandosi letteralmente solo con un cane), non da meno ha un gran bel da fare ad inseguire vermoni giganti, sul modello del lynchiano Dune, nell’affollatissima metropolitana newyorkese.
Tutto proseguirebbe in questo malsano e velenoso tran tran se non fosse per il fatto che, dal passato ormai irraggiungibile di K non emergesse di colpo la perfida Serleena, un’aliena che, appena sbarcata sulla terra a bordo della sua piccola astronave assume le sembianze di una Lara Flynn Boyle versione modella di lingerie. ll suo scopo è quello di recuperare la misteriosa Luce di Zartha, un’arma micidiale che, da sola, sarebbe in grado di distruggere l’intero pianeta in una vampata di luce.
Se le intenzioni di Sonnenfeld nel realizzare il primo Men in black erano quelle di realizzare un progetto tra amici, senza alcuna ambizione autoriale o intellettualistica e per il puro gusto del divertimento fine a se stesso (e, proprio, qui, in fondo stava tutta la sua freschezza), lo scopo ultimo di questa seconda puntata parrebbe essere quello di limitarsi a cavalcare l’onda lunga di un successo commerciale (quello del primo) tutto sommato inaspettato.
Ci si limita, allora, a realizzare una pallida fotocopia della prima puntata senza aggiungere alcunché di realmente nuovo e riproponendo, sullo schermo, scampoli di un immaginario gadgettistico già addondantemente visto e collaudato. Gli effetti speciali diventano ben presto, data l’insulsaggine del soggetto e la piattezza della sceneggiatura, l’unico motivo d’interesse per un pubblico già stanco dopo i primi venti minuti di proiezione, ma è un interesse relativo perché, in fondo, si tratta di immagini già viste nel precedente episodio o in altri film analoghi. Il ritmo forsennato con cui essi si succedono per riempire la superficie bianca dello schermo ingenera ben presto un’impressione di stralunata normalità e, forse, è proprio il modo con cui si ripetono con palese non chalance a costituire, paradossalmente, un motivo di interesse nel suo disegnare le coordinate di un mondo riconoscibile eppure assolutamente altro.
Non che il film non sia, a momenti, divertente, e non che non riesca ad azzeccare qua e là qualche trovata originale, ma il tutto da l’impressione di una totale ed inveterata mancanza di idee.
L’unico elemento che resta affascinante e che è, comunque, anch’esso ripreso dalla prima puntata, risiede nel continuo gioco ribaltamento dei punti di vista per cui l’infinitamente grande può tranquillamente trascolorare nell’infinitamente piccolo, e basta appena bagnare le dita in una polla d’acqua per annullare un’intera millenaria civiltà di creature atomiche che in essa abitavano come basta aprire un armadietto per trovare un adorante villaggio di minuscoli alieni che scambia gli agenti in nero per nuove divinità di un pantheon spiccatamente profano.
Una trovata che ci mette di fronte al nostro sentirci piccoli ed inermi nei confronti di un mondo che sfugge sempre alla nostra comprensione razionale e che possiamo solo intuire attraverso il gioco barocco delle messe in scena. Solo così acquista un senso l’inserto, proprio ad inizio pellicola, (l’unico momento di grande cinema) di un finto film di fantascienza con effetti speciali alla Ed Wood. Perché è proprio mediante il gioco della fantasia sguinzagliata ad immaginare altri mondi popolati da alieni che riusciamo a dimenticare, per un po’, la tremenda paura che ci fanno.
(Men In Black II); Regia: Barry Sonnenfeld; Sceneggiatura: Barry Fanaro, Robert Gordon; Fotografia: Greg Gardiner; Montaggio: Richard Pearson, Steven Weisberg; Musiche: Danny Elfman; Interpreti: Tommy Lee Jones, Will Smith, Lara Flynn Boyle; Origine: Usa, 2002; Produzione: Laurie MacDonald, Walter F. Parkes; Distribuzione: Columbia Tristar
