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Meteora

Pubblicato il 13 febbraio 2012 da Matteo Galli


Meteora

Le prime inquadrature sono già un programma (estetico). Accompagnate da un martellante tambureggiamento che, scopriremo più tardi, chiama alla preghiera, ci vengono presentate due icone stilizzate che, scopriremo più tardi, verranno sempre più spesso a costituire una sorta di mosaico animato. Le icone raffigurano Theodoros (=dono di Dio) e Urania (=donna del cielo), i protagonisti della vicenda, sullo sfondo di Meteora (=sospeso in aria), la località della Tessaglia nota per i monasteri, Patrimonio dell’Unesco, il luogo della vicenda. E il film, per l’appunto, si chiama Meteora. Il plot è presto raccontato: Theodoros, greco, è un monaco, Urania, russa, è una monaca. Lui scende centinaia di scalini, lei si fa calare con una carrucola, nella valle fra i due speroni di roccia i due s’incontrano tre volte: la prima volta si scambiano le rispettive croci, la seconda volta fanno un picnic col capretto cucinato in forno personalmente dal monaco e hanno un primo timido avvicinamento fisico, la terza volta, in una grotta, fanno l’amore. Tristano e Isolda, anzi Abelardo e Eloisa, reloaded. L’agapé, l’amore celeste, si trasforma in eros, l’amore terreno. In mezzo ai tre incontri: le liturgie dei monasteri, innumerevoli inquadrature delle rocce di Meteora in ogni stagione e con ogni clima, un breve incontro di lui con l’eremita (in funzione antifrastica: lui sì che resta attaccato al cielo), col pastore zufolante (in funzione antifrastica: lui sì che è sempre rimasto attaccato alla terra ed è contento così, Meteora è in Tessaglia ma funziona bene anche come Arcadia), l’uccisione e soprattutto il brutale scuoiamento del capretto, segnali luminosi da una cella all’altra (una specie di chat fra monaci), i vani tentativi di resistere al peccato e molti, moltissimi inserti animati, che riprendono, sorta di mosaici su legno, l’estetica delle icone bizantine rappresentando ad un tempo la materializzazione delle fantasie degli amanti (per esempio: lei che novella Raperonzolo tende la treccia come corda tesa verso l’altro monastero e lui ci cammina sopra), delle paure degli amanti (per esempio: lei che novella Arianna gli affida il gomitolo per attraversare il labirinto, ma al centro niente Minotauro bensì Gesù Cristo in persona, gli amanti gli piantano i chiodi nella mano e giù fiumi di sangue che sgorgano dai palmi: e meno male che in conferenza stampa il regista ha dichiarato che nella religione ortodossa non esiste il concetto di punizione). Si esce da Meteora con una sensazione ambivalente; in certi momenti, quelli con più alto spessore auratico (in cui il sublime del paesaggio la fa da padrone), ti sembra di vedere un film scritto a quattro mani dai compianti Tarkowskij e Angelopoulos, in altri – uno quasi si vergogna a dirlo ma è così – viene da pensare a certi film licenziosi anni ’70, con frati e suore, di ambientazione medievale. La continua presenza delle sequenze animate, giustificata da autore, sceneggiatore e produttori, per ovviare alla mancanza di comunicazione fra i due protagonisti, finisce per ritorcersi contro il film, destituendo l’amore (sia eros che agape) di sacralità e conferendo alla vicenda un ché di involontariamente grottesco. Al suo secondo lungometraggio (il primo che non ho visto s’intitolava PVC-1 ed era stato presentato a Cannes nel 2007, un dramma fatto di un solo piano-sequenza, riferiscono le filmografie), il regista Spiros Stathoulopoulos che è anche sceneggiatore e, soprattutto, direttore della fotografia del film, ha voluto conferire alla pellicola un eccessivo spessore simbolico, il fatto è che probabilmente non aveva un soggetto sufficientemente solido per le mani e malgrado gli inserti animati si fa fatica ad arrivare in fondo ai soli ottantadue minuti di durata.


CAST & CREDITS

Regia: Spiros Stathoulopoulos; sceneggiatura: Spiros Stathoulopoulos, Asimakis Alfa Pagidas; fotografia: Spiros Stathoulopoulos; montaggio: George Cragg; interpreti: Theo Alexander (il monaco); Tamila Koulieva (la monaca); produzione: Essential Filmproduktion, Berlino; origine: Germania-Grecia; durata: 82’.


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