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MILLE MIGLIA LONTANO

Pubblicato il 17 novembre 2006 da Alessia Spagnoli


MILLE MIGLIA LONTANO

Zhang Yimou torna all’antico con questa ennesima deviazione interna al suo viaggio dentro le storie e la Storia della Cina.
Il suo ritorno ad un cinema quasi “neorealista” farà storcere il naso ai puristi del cinema “Cinema” di Hero o La Foresta dei Pugnali Volanti, film della svolta wuxiapian, che erano anche e soprattutto (ma non solo, naturalmente) manuali di tecnica cinematografica. Opere che erano valse al pluridecorato autore cinese nutrite schiere di fan in visibilio per l’ultimo corso di Zhang. Qui l’autore di Lanterne Rosse torna a regalare emozioni e a porre la sua tecnica sopraffina al servizio di un racconto nuovamente intimista che concede solo lo stretto necessario alle ragioni dello spettacolo, stavolta tutto appannaggio degli ammalianti scenari naturali, mentre l’autore affonda nella dimensione privata dei ‘non- protagonisti’ della Storia, i veri reietti della Società. Chi per scelta personale, come nel caso dei personaggi giapponesi, chi perché non è stato alle regole, ragione della detenzione dell’artista cinese. Eppure la Storia o, meglio, la cronaca del suo Paese emerge prepotentemente, ferocemente perfino, per mezzo dell’ironia crudele e pungente riservata alle istantanee dello stolto direttore del carcere, come pure dell’anziano capo del villaggio. Ottusi funzionari d’ordine e d’autorità, certi di perpetrare la legge indottrinando il popolo alla stregua di un bambino. E’ necessario un occhio straniero, estraneo all’ideologia inculcata a forza fin dall’infanzia per focalizzarsi sull’interesse del singolo, pare dire Zhang, con l’ennesimo tassello impietoso della vasta tela che va dipingendo ormai da decenni sul suo multiforme Paese. Il suo è un lavoro stratificato che, come sempre nel suo cinema, è tutto giocato sull’eterno conflitto vecchio/nuovo e sulle contraddizioni che esso ha ingenerato nella società del boom.
Non indispensabili, probabilmente in un’opera che tutto dice attraverso le immagini, i didascalici commenti aggiunti in voice-over, come se l’autore non nutrisse fiducia nell’affidarsi totalmente a quello che risulta invece un poderoso lavoro di scrittura filmica o alla superba prova del suo protagonista: sul suo volto riottoso e scavato come le impervie cime cinesi è dato leggere solo il riflesso del tumulto di emozioni che lo agitano dall’interno. Una prova davvero maiuscola, quella di Ken Takakura.

(Qian Li Zou Dan Ji) Regia: Zhang Yimou; sceneggiatura: Zou Jingzhi; fotografia: Zhao Xiaoding; montaggio: Cheng Long; musiche: Guo Wenjing; scenografia: Sun Li; interpreti: Ken Takakura (Gou-ichi Takata), Shinobu Terajima (Rie Takata); produzione: Gilla Co. Ltd., Beijing New Picture Film Co. Ltd. e Elite Group Enterprises Inc.XXX; distribuzione: Mikado; origine: Cina/Hong-Kong/Giappone; durata: 107’

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