Miracolo di Sant’Anna (Conferenza stampa)

Roma, 28 settembre 2008. Grande folla di giornalisti assiepati tra le poltrone del cinema Warner Village Moderno a Roma per la presentazione italiana di Miracolo a Sant’Anna, girato in Italia da Spike Lee (vero nome Shelton Jackson), che uscirà con 250 copie per la 01 Distribution. Presto anche una proiezione a Firenze, in cui saranno presenti alcuni dei sopravvissuti alla strage nazista del 1944. Quattordici persone tra regista, attori e interpreti sono invece rivolti verso i giornalisti, pronti a ricevere il fuoco incrociato di una stampa generalmente poco convinta del film, a sentire gli umori post-proiezione.
Dure le polemiche innestate dall’intreccio del film, che vede in un partigiano doppiogiochista il responsabile della strage nazista. L’Anpi - Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia – baluardo di memoria storica, ha protestato per l’immagine distorta dei Partigiani che scaturisce dalla trama. Risponde subito il regista: se il film riesce a creare dibattito sulle vicende storiche narrate ne sono felice, pur nella diversità delle opinioni. Sta di fatto che è inconfutabile che il 14 agosto 1944 la 16ª divisione delle SS massacrò 560 persone a Sant’Anna di Stazzema. Il film è tratto da un romanzo di un ex giornalista del Washington Post, l’afro-americano James McBride. Un libro scritto nel 2002 (edizione tascabile Bur extra) che lo stesso autore così spiega: quando sono andato per la prima volta a Sant’Anna, sentendo le storie della strage, ho sentito orrore e ho deciso di raccontare questa storia scegliendo la via del racconto di finzione basato su fatti reali. Non volevo scrivere un libro di storia: con il racconto si veicola meglio il messaggio del film, cioè quanto una guerra possa mettere amici contro amici, fratelli contro fratelli. La vicenda di Sant’Anna, poi, fa anche parte della nostra storia di neri americani e come in tutte le guerre, è sempre facile trovare dopo persone che dicano di aver combattuto, di essere stati a favore della Liberazione. Non tutti i partigiani erano brave persone così come non tutti i nazisti erano malvagi, per questo ho voluto scrivere il libro. Se poi crea polemiche, meglio che i giovani parlino di queste vicende piuttosto che di American Idol! (il Grande Fratello Usa ndr). A rincarare la dose della vis polemica che aleggia nella sala, Spike Lee aggiunge: da regista non chiedo scusa di nulla a nessuno per il mio lavoro. Noto che in giro c’è molto revisionismo, anche su una vicenda come quella della vostra Liberazione. Come anche è successo nella Resistenza Francese, i Partigiani non erano amati da tutta la popolazione, che molto spesso subiva le rappresaglie mentre loro si trovavano nascosti nelle montagne. E se pensate che per parlare di Sant’Anna ci sono voluti un libro e un film di due statunitensi, qualcosa significa! Aggiungiamo noi: un vago sentore di revisionismo aleggia davvero sulla nostra Storia, se dobbiamo subire le ”lezioni” di storia rivisitata. Spike Lee ha parlato di numerose, troppe questioni aperte nella storia italiana, come se la breve storia a stelle e strisce fosse di un candore immacolato…
Il film, già presentato a New York alla presenza del sindaco di Sant’Anna, non ha riscosso esiti favorevoli nella stampa Usa, stroncato ferocemente da Variety, ma Spike è battagliero: se sei un artista e vieni criticato, non ti butti dall’Empire State Building, non ti tagli le vene per un articolo di Variety. A me piace correre rischi in questo senso e se dirigo film da 23 anni, sono sempre stato criticato. Per Fà la cosa giusta mi hanno anche accusato di fomentare la violenza razziale…
Sulle imminenti elezioni presidenziali in Usa, il regista di Malcolm X fà invece la cosa giusta: il mio voto è per Obama, che penso vincerà. Sono in molti a non votarlo per il colore della sua pelle, ma basti pensare al fatto che non sarebbe dove si trova adesso se avesse avuto i voti unicamente dei neri, che da soli non sarebbero bastati a portarlo alle presidenziali. In Iowa per esempio non ci sono neri…
C’è chi nota nel film un rimando iconografico alle indelebili immagini di guerra fotografate da Robert Capa, a partire dal Miliziano spagnolo, ma Lee sostanzialmente smentisce: io e Matthew, il direttore della fotografia, abbiamo visionato molte fotografie di guerra prima delle riprese, ma abbiamo cercato di non copiare nessuno, volevamo donare al film un nostro personale stile visivo, il più possibile appropriato ai tempi e alla storia. Tra gli attori presenti qualcuno aggiunge che Spike ci ha mostrato molti documenti, dai filmati dell’epoca ai libri sulla divisione dei Buffalo Soldiers, per farci comprendere come fossero considerati al tempo i soldati afro-americani. Una esperienza atipica per il regista di Atlanta: in questo mio film ho sperimentato numerose questioni: per la prima volta ho girato in un paese straniero, in un’altra lingua e non avevo mai girato scene di guerra, sequenze di battaglia.
Tra gli attori italiani presenti, oltre ad Omero Antonutti, che sottolinea quanto sia stata data dignità storica ai neri, prima cittadini di serie B, Pierfrancesco Favino ricorda le letture di Fenoglio e Valentina Cervi, sottolinea quanto le donne ritratte da Spike Lee nei suoi film siano sempre vincitrici, emancipate, anche se subiscono torti e malversazioni.
Nel finale del film prima dei titoli, un silenzio invade la pellicola. Così spiega in sintesi la scelta Spike Lee: volevamo dare agli spettatori due/tre secondi di respiro prima della musica finale per far riprendere fiato dopo le immagini del film.
Carlo Dutto
