Morning Light

Presentato nella sezione Anteprima della inaugurale edizione dell’Ostia Film Fest, Morning Light racconta la fantastica avventura di 15 giovani aspiranti marinai, reclutati da un gruppo di vecchi esperti del settore con l’obiettivo di comporre un team e prepararlo ad affrontare (a bordo della Morning Light appunto) una delle regate più affascinanti e pericolose del mondo: la Transpac. Una gara complessa e lunga che richiede ai suoi partecipanti uno sforzo fisico non indifferente e che vede sfidarsi ogni anno, nella classica tratta Los Angeles - Honolulu, decine di imbarcazioni di varie dimensioni e diverse categorie. Il documentario, prodotto dalla Walt Disney e voluto fortemente da Roy Edward Disney (executive producer della major e nipote del mitico Walt), segue passo dopo passo tutto il percorso evolutivo di questa immensa avventura: dal reclutamento dei 15 giovani marinai, alla loro preparazione fisica, dagli allenamenti nelle acque hawaiane, alla selezione finale degli 11 definitivi componenti dell’equipaggio. Fino ad arrivare ovviamente alla gara vera e propria, circa 10 giorni di peripezie in mare aperto documentati dalle splendide immagini catturate dalla troupe di bordo e raccontati attraverso una costruzione del materiale molto accattivante. Il film appare infatti, nei suoi 100’ minuti di durata (un po’ troppi per un prodotto di questo tipo), come un immenso gioco, realizzato dai suoi creatori quasi per passatempo, senza l’assillo dei risultati da ottenere o delle critiche favorevoli da conquistare. Vola via libero Morning Light, come i suoi giovani protagonisti alle prese con le onde dell’Oceano Pacifico, e così facendo lascia che lo spettatore possa assaporare questa libertà, questa sua indipendenza attraverso l’utilizzo di un linguaggio ben connotato, basato principalmente su uno stile giovanile, vincente ed una narrazione a tratti estrosa, insolita per un documentario. A fare da contraltare all’impianto visivo particolarmente agile infatti (influenzato dai videoclip e dalle immagini sportive estreme della ESPN), fatto di accelerazioni e rallentamenti, macchina a mano, inquadrature fuori asse, punti di vista che risentono degli spazi angusti dell’imbarcazione ed un montaggio direttamente costruito sul ritmo del vento, c’è una racconto che sembra oltrepassare in certi tratti i confini del semplice documentario ed aprire finestre sperimentali capaci di richiamare alla mente le dinamiche narrative del reality show televisivo o del talent show. Soprattutto nella parte della preparazione psicofisica all’avventura, in quella della scelta degli 11 membri finali, tutta risolta dagli stessi ragazzi all’interno delle quattro mura di una stanza e nell’attimo precedente alla partenza, in cui il gruppo si ritrova davanti ad uno schermo per ricevere i saluti, le congratulazioni e l’incitamento finale di parenti e amici, si respira la stessa sensazione, si vivono le medesime situazioni provocate dalla televisione contemporanea. Quella per intenderci sempre più attenta al racconto di situazioni umane e alla rappresentazione di rapporti interpersonali da tenersi in contesti ben precisi e riconoscibili. A parte questo spiraglio di innovazione, Morning light non mette in mostra grandi novità o momenti di interesse particolare. La vicenda si svolge seguendo una linea narrativa prevedibile, l’affiliazione dello spettatore non oltrepassa mai i limiti della semplice curiosità entro cui, i numerosi tecnicismi e la distanza dai personaggi della storia (raccontati troppo grossolanamente), relegano la fruizione e soprattutto le immagini patinate, favolose, incredibili per qualità e bellezza finiscono per avvicinare il film ad una sorta di lungo spot sulla vela. Riducendo così anche i più piccoli spunti tematici visibili come la coesistenza forzata di una piccola comunità sociale, l’immagine del sacrificio quale elemento essenziale ai fini della riuscita sportiva o il tema dell’esperienza agonistica vissuta secondo canoni di correttezza e spensieratezza, a dei semplici elementi di contorno o di supporto alla rappresentazione magniloquente dell’impresa sportiva. Questi possibili temi avrebbero potuto aggiungere, qualora fossero stati sviluppati con attenzione, quel livello di tensione drammatica, coerente con le difficoltà di una regata del genere, mai realmente toccato dal film di Paul Crowder e Mark Monroe.
(Morning Light) Regia: Paul Crowder, Mark Monroe; fotografia: Josef Nalevansky; montaggio: Paul Crowder, Mark Monroe; musiche: Liz Gallacher; produzione: Walt Disney Pictures; distribuzione: Walt Disney Studios Motion Pictures; origine: USA; durata: 100’.
