My Queen Karo - IFFR 2010 - Bright Future
Le illusioni si scontrano con la realtà in una Amsterdam immersa nel clima hippie dei primi anni ’70. Alla ricerca di un luogo dove far avverare le utopie dei propri ideali, Raven, Dalia e la loro figlia Karo di circa dieci anni, arrivano nella capitale olandese dal Belgio, in fuga da una cultura repressiva, e si stabiliscono con altri squatters, in un fabbricato abbandonato creando una comune. Insieme costruiscono un luogo dove la libertà è il principio fondante della convivenza, dove tutto è di tutti e non esiste alcuna discriminazione.
L’amore e il possesso sono i due aspetti dell’atteggiamento umano che la regista Dorothée van de Berghe approfondisce di più in questa storia familiare che ruota attorno alla figura della piccola Karo. Quando la bambina si rende conto che il padre, in nome del concetto di amore libero, tradisce sua madre, il suo mondo perfetto, fatto di serenità familiare, sicurezza e punti di riferimento, vacilla. In questo continuo disorientamento, la piccola protagonista cerca di trovare la sua strada e conosce i primi dolori e le prime sofferenze della vita.
Ciò che risalta maggiormente osservando i componenti della comune, è il completo dominio dell’istinto sulla razionalità, un modo di avvicinarsi alla vita che coinvolge totalmente sia il corpo che l’animo. Le emozioni si vivono in maniera estrema e totalizzante, i corpi sono mischiati, stretti, confusi, nudi, le azioni non sono mai ponderate, ma completamente spontanee. Un modo di vivere destinato al fallimento, in un mondo come quello che si stava pian piano configurando, tutto ragione e interessi, e che avrebbe visto la sconfitta o almeno il superamento della cultura dei figli dei fiori.
Le lotte eroiche di Raven contro quella classe sociale dei medio borghesi a suo dire nemica della libertà, sono sul momento esaltanti, ma in realtà fini a se stesse. Le sconfitte emotive e materiali di Dalia, il suo scendere a compromessi per pagare il padrone dell’appartamento occupato, si rivelano invece l’unico modo per mantenere l’equilibrio che permette alla favola del mondo perfetto di restare in vita. Karo si rende così conto che la realtà spesso è più forte dei sogni e spesso meno affascinante. Alle soglie dell’adolescenza, comprende che la felicità è fugace e che fermare il tempo è impossibile. Ciò che vien voglia di fare è congelare i momenti perfetti per poi andarli a riprendere quando il peggio sarà passato, ma neanche questo metodo sembra funzionare del tutto.
Un ritratto vivace, colorato, a tratti violento, molto realistico e nonostante tutto abbastanza ottimista, quello che la regista belga cerca di descrivere nella sua opera seconda. Una cura particolare e un tocco delicato nel riprendere i corpi dei protagonisti e l’insistere sui primi piani della piccola Karo, sono i dettagli di regia che più si possono apprezzare. Nel complesso il film coinvolge e si lascia guardare, forse qualche pecca nel finale un po’ troppo prevedibile e didascalico.
(Id.); Regia: Dorothée van den Berghe; sceneggiatura: Dorothée van den Berghe e Peter van Kraaij; fotografia: Jan Vancaille; montaggio: Marie-Hélene Dozo; interpreti: Déborah François, Anna Franziska Jaeger, Matthias Schoenaerts, Maria Kraakman, Nico Sturm; origine: Belgio, Olanda 2009; durata: 101’.