Marilyn
Quella di Marilyn Monroe è forse una delle figure più complesse, articolate e misteriose che Hollywood abbia conosciuto. Ne fece di lei un meraviglioso ritratto Truman Capote, nel racconto breve Una Bellissima bambina, cogliendone in pieno lo spirito amaro ed eternamente triste. Eppure quella di Marilyn è una delle personalità meno esplorate ed esplorabili. Inespugnabile e inarrivabile, la bionda stella è riuscita a proteggere se stessa anche dopo la morte.
Con Marilyn, Simon Curtis cerca di rendere un’ immagine inedita, di questa donna che sembrava condannata ad una eterna infelicità. Lo fa usando i diari di Colin Clark, giovane di buona famiglia, affascinato dal mondo del cinema che riesce a farsi assumere come terzo aiuto regista di Lawrence Olivier, nel film Il principe e la ballerina. Marilyn, fresca sposina, arriva sottobraccio a Miller. Le riprese del film sono un disastro, il confronto tra il mondo di Hollywood e quello britannico, tra il passato e il futuro, si trasforma in una bomba sempre sul punto di esplodere. Marilyn è fragile, insicura, indecisa, imprecisa, eccessivamente bella e irrimediabilmente in ritardo. Sir Olivier è disperato, spaesato, innamorato e irritato da questa giovane piena di un talento, che fatica a contenere. Clark si innamora perdutamente. Lei lo nota e lo ama, come può, per la sua fresca ingenuità, per quel suo non appartenere ad un mondo crudele e corrotto che la sfrutta fino a lasciarla priva della voglia di vivere.
Quello che si pone Simon Curtis è un compito arduo. Il confronto con il personaggio di Marilyn, si dice abbia conosciuto il rifiuto di tante attrici. Raccoglie invece la sfida Michele Williams e riesce pienamente nell’intento e scompare fondendosi completamente con l’immagine cristallizzata di Marilyn, fino ad umanizzarla. Non c’è scimmiottamento, non c’è sbavatura, La Williams non cade nella trappola, non cede al tentativo di imitare la stella del passato ma lavora sulle movenze della Monroe fino a farle sue rendendocele con naturale spontaneità. La prova d’attrice è straordinariamente e incredibilmente riuscita. Lo stesso possiamo dire di Branagh che, seppur impegnato in un’impresa forse meno rischiosa, si compenetra nello spirito do Olivier e lo fa suo.
Se la direzione degli attori si può definire perfettamente riuscita, non possiamo dire lo stesso del film. La storia ci viene raccontata in assenza assoluta di chiaro scuri. Il vuoto che divora e uccide Marilyn, che spinge Miller ad abbandonarla durante le riprese del film, quello stesso dolore che l’ha resa grande e che viene citato in continuazione, non appare mai. Questa ragazza che cerca salvezza ma che non vuole essere salvata, viene costantemente mostrata da un lato solo. La bidimensionalità dello schermo nel quale lei stessa si sentiva imprigionata, i pregiudizi che tanto la facevano dannare, non lasciano il posto alla donna, che rimane chiusa nel personaggio privando l’essere umano di spazio vitale.
L’altra faccia della luna resta celata e il buio dell’anima di Marilyn Monroe rimane per noi un mistero irrisolto.
(My week with Marilyn) Regia: Simon Curtis; soggetto: basato sui diari di Colin Clark; sceneggiatura: Adrian Hodges; fotografia: Ben Smithard; montaggio: Adam Recht; musica: Conrad Pope e Alexandre Desplat; interpreti: Michelle Williams (Marilyn Monroe); Kenneth Branagh (Sir Laurence Olivier), Eddie Redmayne (Colin Clark), Judi Dench (Dame Sybil Thorndike), Emma Watson (Lucy), Dougray Scott (Arthur Miller), Dominic Cooper (Milton H. Greene), Julia Ormond (Vivien Leigh), Derek Jacobi (Sir Owen Morshead), Zoë Wanamaker (Paula Strasberg), Richard Clifford (Richard Wattis); produzione: The Weinstein Company, BBC Films and Trademark Films, Lip Sync Productions e Trademark Films production.; distribuzione: Entertainment Film Distributors; origine: Inghilterra; durata: 101’; web info: http://myweekwithmarilynmovie.com/