N-Capace
N-capace di fare cose, di vivere in due, di accettare suo padre per quello che è, la protagonista Anima in pena si aggira per luoghi non-luoghi in un viaggio di conoscenza.
N-capace gioca con gli stili, mischia il documentario con la performance, col monologo teatrale, con l’inchiesta. Eleonora Danco (come ha sempre fatto sulla scena teatrale) mette in gioco se stessa come donna e come figlia in un gioco di rispecchiamento, di svelamento (in campo lungo si spoglia nuda alle spalle di una strada davanti al mare), di ritorno indietro nel tempo (le foto dei protagonisti giovani, lei e il suo vero padre, sui corpi attuali). I fuori scena entrano violentemente in campo, sono ironici, taglienti, disperati.
Le testimonianze dei vecchi di Terracina, spaesati in mezzo a campi, vestiti da antichi romani in un museo di arte antica, neutralizzati in scenari intimi casalinghi raccontano se stessi riguardo al sesso, alla famiglia, alla religione, alla morte.
Gli adolescenti di Tor Bella Monaca (quartiere di periferia romano) guardano in macchina coi loro difetti di pronuncia, coi denti storti di chi non ha portato l’apparecchio, con i chili in eccesso per troppo junk food, dichiarando i propri limiti: "non ho mai fatto l’amore totale", "le ragazze qui nun te lo dico che fanno", "ne prendono tanti", "il mio desiderio è aprire una bisca", "mangio di tutto e sempre", "so’ stato bocciato quattro volte perché non ci sto a certe regole", "da sposare una che non l’ha mai fatto, per il sesso una che ha tanta esperienza".
La romanità deformata in pose estraniate. La protagonista-regista, a volte in pigiama altre in toga e piccone, gira per le strade del piccolo paese di mare vicino al Circeo, dove ha passato l’infanzia, per il quartiere dove abita attualmente, San lorenzo, vaga tra scogliere bianche imponenti e mare a perdifiato. Si interroga sul suo malessere, sulla solitudine, sui limiti.
Più volte ha attacchi di rabbia violenti in cui si butta a terra, si percuote con schiaffi in faccia, pugni, capocciate (anche alla lavagna della scuola, in un ritorno all’infanzia: "voglio andare a casaaaa!"), con la violenza del Vito Acconci in una performance dei primi anni Settanta.
C’è attenzione all’arte contemporanea, alle istallazioni, alla luce visionaria di alcuni paesaggi del mare del Nord, c’è Ascanio Celestini (forse suo amico), c’è Miranda July, performer e regista che fa del suo personaggio un’icona di ironia triste e perdente. C’è estrema leggerezza nel giocare con le forme, con l’urgenza del racconto che è un grido alla Munch ma non privo di speranza.
Un film fresco, vero, di certo per l’autrice necessario. Una voce che nel panorama italiano non c’era e ora c’è. Da vedere.
(Titolo originale) Regia, sceneggiatura: Eleonora Danco ; fotografia: Daria D’Antonio; montaggio: Desideria Rayner; musica: Markus Acher; produzione: Bibi Film; origine: Italia; durata: 80’.