Noi credevamo

Doveva andare a Cannes, ma poi non era ancora pronto. La postproduzione si era prolungata troppo, il materiale girato era tanto. Dopo la Croisette, però, non si poteva fallire anche la Mostra di Venezia, ed ecco quindi, prima di uscire nelle sale in sole 30 copie, sbarcare al Lido, in competizione ufficiale, l’attesissimo film-fiume di Mario Martone Noi credevamo, racconto di quarant’anni di storia italiana, quadro storico del Risorgimento, riflessione politica sull’unità d’Italia.
Tre ore e venti minuti: questa la durata. Eppure non si tratta di un’opera mastodontica, non si tratta di un kolossal. Martone sceglie una strada diversa ed anziché portare sullo schermo la guerra, le battaglie, il tanto sangue versato, preferisce raccontare tutto indirettamente, di richiamo, focalizzandosi più sull’aspetto socio-ideologico-politico del periodo. Il regista napoletano, partendo da molte ricerche storiche e dal romanzo di Anna Banti, segue le vicende di tre personaggi, Domenico, Salvatore e Angelo, che si promettono di dedicare la loro vita alla causa dell’unità, della libertà e dell’indipendenza italiana. Così sposano la Giovine Italia, tentano di uccidere re Carlo Alberto e partecipano ai moti savoiardi del 1834. Ma i tempi cambiano e le idee pure. Angelo non sopporta più la violenza della rivoluzione ed uccide Salvatore, accusato di tradimento. Da qui il racconto inizia la sua seconda parte, con le due storie parallele di Angelo e Domenico, due storie che ovviamente vanno di pari passo con le diverse tappe verso la definitiva unità.
Impressionante il lavoro di ricerca storica di Martone e dei suoi collaboratori, notevole la cura del dettaglio, sia scenografica sia costumistica sia narrativa. Martone dipinge un perfetto quadro del tempo, un affresco che ha la forza di una minuziosa lezione di storia. Attraverso gli occhi dei due protagonisti e il racconto delle vicende in cui rimangono coinvolti, Noi credevamo ci riporta le speranze e le disillusioni del secolo scorso. Ma il Risorgimento, la macrostoria, fa solo da sfondo. Non c’è la descrizione dei grandi fatti storici, ma solo la descrizione di come essi hanno condizionato l’esistenza di un popolo.
Sebbene la lunga durata del film fosse necessaria per ripercorrere tutti i momenti fondamentali di tale periodo, essa nuoce all’opera. Manca velocità e profondità al film di Martone, manca ritmo. Molte appaiono di troppo e l’incedere si fa troppo compassato. La dimensione didattica soffoca l’epica della narrazione e solo a tratti si respira buon cinema. Il film inizia bene, la presentazione dei protagonisti con la contestualizzazione storica e la delineazione della loro ideologia funziona e coinvolge. Poi però la narrazione diventa episodica, disomogenea. Alcune figure storiche importanti sono appena descritte e abbozzate (vedi il Mazzini di Toni Servillo, vedi il Crispi di Luca Zingaretti). I dialoghi, troppo lunghi, appesantiscono il racconto e l’azione strutturata soprattutto in interni dà al film una costruzione teatrale. Martone così si dimentica di dare profondità ai personaggi, lasciandosi sfuggire l’aspetto emozionale dell’opera, strozzandolo per quasi due ore nella parte centrale. Ma nel finale si riprende e nell’ultima mezz’ora si rivede lo smalto dell’incipit, in un crescendo emotivo notevole e con una tesi conclusiva sull’unità d’Italia discutibile ma da considerare.
A sostenere tutto il film uno straordinario Luigi Lo Cascio, che disegna sul suo volto i sogni, i rimpianti, i sentimenti dell’Italia Risorgimentale, ed un ottimo Valerio Binasco.
Noi credevamo è una sfida vinta solo a metà da Mario Martone. Un film realizzato con passione ma evidentemente ricco di difetti. Un La meglio gioventù ottocentesco che sulla carta ha tutto, ma che solo a tratti presenta quell’epos e quella capacità di mescolare microstoria e macrostoria che invece erano i punti di forza del film di Giordana. Comunque, da vedere.
(Noi credevamo) Regia: Mario Martone; sceneggiatura: Mario Martone, Giancarlo De Cataldo, liberamente ispirata a vicende storiche e al romanzo di Anna Banti Noi credevamo; fotografia: Renata Berta; montaggio: Jacopo Quadri; scenografia: Emita Frigato; interpreti: Luigi Lo Cascio (Domenico), Valerio Binasco (Angelo), Francesca Inaudi (Cristina di Belgiojoso), Toni Servillo (Mazzini), Luca Zingaretti (Crispi), Michele Riondino (Saverio), Luca Barbareschi (Antonio Gallenga); produzione: Palomar (in collaborazione con Feltrinelli), RAI Cinema, Rai Fiction, in coproduzione con Les Films d’Ici; distribuzione: 01 Distribution; origine: Italia, Francia; durata: 204’.
