Non ti muovere

“Non ti muovere”: un invito, un comando, l’espressione del desiderio di ognuno di fermare il tempo proprio nel momento culminate ed appagante del sentimento, ma anche il secco comando che lo stupratore impone alla sua vittima o che il soldato intima al suo prigioniero. È su questa ambiguità che Sergio Castellitto, molti anni dopo la prova non completamente convincente di Libero burro, costruisce tutta la poesia della sua ultima fatica cinematografica come regista. E l’ambiguità di cui parliamo, e che costituisce sicuramente il pregio maggiore di questa pellicola, si riversa principalmente nei tratteggi che vanno a comporre il ritratto psicologico del protagonista principale interpretato dallo stesso Castellitto che, come attore si conferma sempre più sfumato e convincente. Chi è, infatti, Timoteo? Quali sono le contraddizioni interne del suo carattere che lo portano a compiere azioni ugualmente contraddittorie? Uomo borghese come molti altri, egli vive tutto dei classici stereotipi del suo rango sociale. Sposato con una donna che non ama davvero, professionista stimato (è un medico chirurgo) che ha perso l’etica stessa della sua professione, Timoteo è, in tutto e per tutto un uomo facciata che consuma la sua esistenza riproponendo al mondo l’immagine può confacente alla propria posizione. Eppure basta un momento di sbandamento, un bicchierino di troppo perché il protagonista porti a galla il lato nascosto della sua psiche, quel desiderio di prevaricazione e di controllo che lo porta a violentare una donna qualsiasi (Italia), una sottoproletaria dall’esistenza precaria, per di più di brutto aspetto. Da questa azione eccessiva, portata avanti e filmata come incidente da teatro dell’assurdo camusiano, sortiscono una serie di azioni non meno incoerenti (e per questo quanto vere). Timoteo, dopo aver consumato la sua violenza carnale, torna nella casa della donna nell’apparente desiderio di esprimere le sue scuse per l’atto compiuto (azione che è un perfetto ritratto della cattiva coscienza borghese che prima sfrutta ai suoi fini il sottoproletario e poi finge un pentimento che non esiste) e poi rivela la sua intenzione di portare avanti una vera e propria storia. Pur innamorandosi gradualmente, ma inesorabilmente della povera Italia, Timoteo continua a pagarla come una comune prostituta (e come tale ne accenna ai suoi compagni di lavoro) e, in questo doppio laccio incerto (reso ancor più indefinibile dal fatto che la donna non spende, ma conserva, come Filumena Marturano, i soldi che l’uomo le lascia) egli è sempre più preso. Tutto questo fino al prevedibile, ma necessario momento in cui moglie ed amante, in uno specchio necessario della sua doppia vita, restano in cinta ed una è costretta a rinunciare alla gravidanza. Castellitto regista si rivela prima di tutto splendido direttore di attori (con un occhio felicissimo anche sui comprimari di straordinaria bravura), ma ha anche finezza di tocco e riesce a comporre un’opera preziosa pur nei margini di un mancato controllo della coerenza interna (che è al tempo stesso limite e motivo di interesse). Il film ha, infatti, due anime inconciliabili che restano per lo più incapaci a trovare una propria sintesi espressiva. La prima è una vocazione alla Ferreri che domina tutta la parte del divampare erotico della passione tra Timoteo e Italia (la migliore), la seconda è una vocazione al melodramma di forti tinte nella sua descrizione di un amore impossibile. La descrizione di una passione “diversa” che si nutre della stessa bruttezza di Italia (che Timoteo non vuole in nessun modo cambiare, borghesizzare alla Pretty woman), va, quindi, ad urtare contro certe scene che si sostanziano di un sentimentalismo un po’ deteriore (e fin troppo “normalizzato”) e si ha spesso l’impressione che buona parte del secondo tempo sarebbe un totale fallimento se l’intero film non fosse sorretto dalla straordinaria Penelope Cruz cui basta spesso un sorriso mesto per dare luce ad una scena drammaturgicamente un po’ sfuocata. Resta, comunque, un film di notevole spessore, sostanziato dalla giusta dose di coraggio ed intelligenza.
(Non ti muovere); regia: Sergio Castellitto; sceneggiatura: Sergio Castellitto, Margaret Mazzantini; fotografia: Gianfilippo Corticelli; montaggio: Patrizio Marone; interpreti: Sergio Castellitto, Penelope Cruz, Claudia Gerini, Angela Finocchiaro; produzione: Alquimia Cinema, Cattleya ; distribuzione: Medusa
[marzo 2004]
