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The Lesson- Lezioni di vita

Pubblicato il 29 marzo 2016 da Matteo Galli
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The Lesson- Lezioni di vita

Specializzata nella distribuzione di documentari (Sugar Man, The Act of Killing, Citizenfour etc,) la bolognese I Wonder Pictures, legata al Biografilm Festival, ha cominciato non da molto a distribuire anche film di finzione. Adesso arriva in Italia - con quasi due anni di ritardo rispetto alla presentazione al Festival di Toronto del 2014, cui hanno fatto seguito presenze (e premi) in numerosi festival in giro per il mondo (solo in Italia, tre: Bologna, Venezia, Trieste) - The Lesson- Lezioni di vita, lungometraggio di esordio dei registi bulgari Kristina Grozeva e Peter Valchanov, che non sono fratelli ma che, sul piano dello stile, devono molto al cinéma vérité dei due fratelli belgi più famosi. Il film ha la chiara struttura di un apologo morale. Insegnante d’inglese, ispida e, come si dice in questi casi, integerrima, Nadia vive in una scialba cittadina bulgara, esacerbata, lo scopriamo strada facendo, da una serie di vicissitudini familiari e sociali non esattamente esaltanti: la madre è morta ancora piuttosto giovane, il padre benestante si è quasi subito riaccoppiato con una non proprio finissima signora che avrà una trentina d’anni meno di lui, il marito è un buonannulla alcolizzato che si è bevuto le rate del mutuo, la figlioletta Andrea, forse, è malata. La condizione economica è assai precaria, l’ultra-tenue possibilità di riscatto è costituita dalla prospettiva di disfarsi dell’unico bene (solo in apparenza) mobile, ovvero un camper obsoleto, troppo obsoleto, tanto che quando arrivano potenziali acquirenti quel pachiderma non si schioda. Il camper è il correlativo oggettivo dell’impasse esistenziale in cui vive Nadia: piantato di fronte alla porta costringe a tortuose circonvoluzioni chi entra e chi esce da casa. Eppure, malgrado tutto, Nadia non vorrebbe proprio venire a patti col mondo: un furtarello verificatosi nella sua classe d’inglese (la glottodidattica in Bulgaria non sembra avanzatissima, detto fra parentesi) viene indagato con l’acribia di un ufficiale della STASI, con la giovane mogliettina del papà Nadia non vuole avere a che fare nemmeno morta, anche se basterebbe un sorriso (espressione del corpo che Nadia non conosce, forse non ha mai conosciuto) per indurre il padre a scucirle tutti i lev di cui ha disperatamente bisogno (il money converter ci dice che la cifra equivale a 4000 euro). In corso d’opera l’accanimento del destino la indurrà giocoforza a venire a patti col mondo - non diciamo come, diciamo solo che, date le premesse, il compromesso di Nadia, sul finire del film, è di quelli tosti.
The Lesson, titolo ovviamente duplice (è la vita che impartisce una lezione a quell’insegnante che, all’inizio, voleva essere non solo docente ma maestra di vita), racconta dunque la caduta morale di un individuo tutto d’un pezzo, con tutta l’inesorabilità che questi apologhi prevedono. Quel che, fra le altre cose, rende il film convincente e insolitamente maturo è l’ampio margine che viene lasciato allo spettatore, costantemente sospeso fra empatia e irritazione nei confronti della protagonista e della sua odissea: anche quando il baratro economico ed etico nel quale è precipitata sembra non lasciarle più scampo Nadia non induce mai completamente alla compassione, c’è sempre qualcosa che irrita nel suo modo di fare, così laconico, così estremo, come quando, a mala pena recuperati i soldi per bloccare il pignoramento della casa, torna ad assumere i sadici e astuti panni dell’investigatore privato, quando, in fondo, avrebbe anche potuto farne a meno.
Anche sul piano dello stile il film, dotato di una solida sceneggiatura e di un buon ritmo, è laconico, estremo, accanito: macchina da presa che pedina la protagonista in giro per le tristi strade della cittadina, rigorosissimi i due registi non si lasciano mai andare ad alcun cedimento formale, in linea col cinema – festivaliero, d’autore - europeo non c’è neanche una nota di musica extradiegetica, la fotografia è lattiginosa e sgranata. Bravissima l’attrice protagonista Margita Gosheva, che è in scena per tutti i centoundici minuti di durata della pellicola. Il film, basato su un episodio di cronaca, è altresì recitato, per le parti minori, da attori non professionisti, in omaggio a tipiche convenzioni neo-neo-realiste.


CAST & CREDITS

(Urok); Regia: Kristina Grozeva, Peter Valchanov; soggetto: Kristina Grozeva e Peter Valchanov sceneggiatura: Kristina Grozeva, Peter Valchanov; fotografia: Krum Rodriguez; montaggio: Peter Valchanov; interpreti: Margita Gosheva (Nadia), Ivan Barnev (Mladen); produzione: Abraxas Film- Graal Films; origine: Bulgaria-Grecia, 2014; durata: 111’


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