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40 carati

Pubblicato il 9 febbraio 2012 da Alessandro Boni
VOTO:


40 carati

Tutti gli ingredienti classici di un thriller di puro intrattenimento: ritmo serrato, tensione costante, finale rocambolesco. In più un pizzico d’originalità per l’inconsueta ambientazione, ad oltre settanta metri di altezza sul cornicione del Roosevelt Hotel di New York. Tutto questo fotografa l’essenza di 40 carati, film d’esordio del regista danese Asger Leth, già documentarista piuttosto affermato; la produzione, intenzionata a dare un taglio “cronachistico” alla pellicola, ha puntato su di lui proprio per sfruttarne l’esperienza e le capacità tecniche nel raccontare storie di vita reale. Senza troppo badare alla caratterizzazione dei protagonisti della vicenda e focalizzando l’attenzione sulla “vertiginosa” spettacolarità di molte sequenze, il film si snoda piuttosto fluidamente, pur lasciando alla fine un senso di insoddisfazione proprio per l’eccessiva banalità dell’intreccio psicologico nonché per l’esilità di una trama troppo inverosimile soprattutto nel finale.

Nick Cassidy (Sam Worthington) è un ex-poliziotto che, vittima di un complotto, è stato condannato a vari anni di prigione per il furto di un diamante da “40 carati” ai danni del tycoon immobiliare David Englander (Ed Harris). Riuscito ad evadere rocambolescamente, Nick prende una stanza ad un piano molto alto del Roosevelt Hotel; deciso a proclamare la sua innocenza, esce quindi sul cornicione, minacciando il suicidio. Dopo aver espressamente richiesto l’intervento di Lydia Mercer (Elizabeth Banks) come negoziatore della polizia, inizia con lei una spossante trattativa, cercando di ottenerne la fiducia. Niente è come sembra, però, perché l’azione clamorosa di Nick si rivela in realtà una sorta di messinscena per coprire un piano finalizzato a dimostrare la sua innocenza, con l’aiuto di suo fratello Joey (Jamie Bell).

Oltre a conferire un’adeguata cadenza alla narrazione, Leth si dimostra piuttosto abile nell’alimentare ad arte il senso di vertigine dello spettatore, giocando con inquadrature e stacchi di montaggio che lasciano col fiato sospeso. Il regista si concede poi anche fugaci digressioni sociologiche, raffigurando con tagliente ironia, sia la cinica indifferenza dei media di fronte ad un dramma, sia l’assuefazione alla violenza ed al sangue della folla assiepatasi in strada, che sembra una variante con videofonino del pubblico sugli spalti del Colosseo.

Se la messa in scena risulta quindi, tutto sommato, adeguata, non altrettanto si può dire della sceneggiatura, troppo piegata ad una logica di spettacolarizzazione, fino a risultare spesso pretestuosa, e del tutto lacunosa nei dialoghi e nella costruzione psicologica dei personaggi; in questo modo la trama si perde ben presto dietro a svolte improbabili ed il comportamento dei protagonisti assume spesso connotati di scarsa plausibilità. Anche il cast si adegua al contesto, con una recitazione alquanto sotto tono: Worthington è ancor meno espressivo del solito e non riesce a dare l’idea dell’uomo disperato, mentre la Banks si dimostra più vivace ma soffre per l’insufficiente caratterizzazione del suo personaggio. Solo Ed Harris, con la sua maschera gelida e ghignante, riesce ad ergersi dalla piattezza, disegnando un altro cattivo da manuale.

Sarebbe bastato sviluppare più in profondità qualche aspetto della vicenda per conferire maggiore spessore alla pellicola; ad esempio arricchendo di contenuti il rapporto tra i due protagonisti, entrambi feriti dalla vita ed in cerca di un’occasione di riscatto. Ma ciò avrebbe comportato il sacrificio di qualche scena d’azione e la scelta precisa della produzione era invece quella di puntare quasi esclusivamente sulla spettacolarità visiva. Ciò che ne scaturisce è quindi un film, a tratti, anche suggestivo ma che finisce inevitabilmente per collocarsi nell’affollata categoria del cinema di facile intrattenimento, destinato ad un pubblico senza troppe pretese.


CAST & CREDITS

(Man on a ledge) Regia: Asger Leth; sceneggiatura: Pablo F. Fenjves; fotografia: Paul Cameron; montaggio: Kevin Stitt; musica: Henry Jackman; scenografia: Alec Hammond; interpreti: Sam Worthington, Elizabeth Banks, Jamie Bell, Ed Harris produzione: Summit Entertainment, Di Bonaventura Pictures ; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Usa; durata: 102’.


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