Oceani 3D

Nel 1956 Jacques-Yves Cousteau, oceanografo di fama internazionale, incontrava un regista pieno di promesse di nome Louis Malle. Era il loro un incontro strano, a suo modo inedito ed indefinibile, certamente voluto da stelle benigne. Lo studioso, a bordo di un’imbarcazione destinata a diventare proverbiale come il berretto che portava sempre calato sulla fronte, sognava di comunicare al vasto pubblico della sala cinematografica il suo immenso amore per il mare e per le creature che lo popolano. Il secondo, presto annoverato tra i padri della Nouvelle Vague non era propriamente un sommozzatore provetto, ma aveva dalla sua una fame disperata di immagini e di racconto.
Da questo incontro benedetto di talenti e competenze venne fuori uno dei più bei documentari sottomarini di tutti i tempi, una pagina di cinema grondante poesia e passione: Il mondo del silenzio.
L’incanto della realtà sottomarina risiedeva non solo nei movimenti aggraziati dei pesci e dei mammiferi, ma stava tutta nell’assenza di suono che dava alle immagini quel sapore amniotico che ancora oggi incanta. La voice over, sempre presente in opere che non nascondono la loro matrice didattica e divulgativa, assecondava il silenzio dei mari, quasi lo accarezzava con voluttà.
Questo film, vincitore della Palma d’oro al Nono Festival del cinema di Cannes, ancora oggi ci è maestro di come la mancanza di suono possa confinare con un misticismo di stampo panteista anche se i limiti dei mezzi di ripresa non riuscivano sempre a trovare quelle immagini maestose e dense di epica che più tardi nuove tecnologie avrebbero reso comuni sino a farle usurate. Il silenzio del mare, ci dicevano Cousteau e Malle lo puoi spiegare a parole (rovinandolo un poco) o lo puoi assecondare. Romperlo sarebbe un delitto.
Sarà per questo che, molti anni più tardi, Besson, nel dare al mondo un’epica come Atlantis, scelse di rinunciare alla voce e di dar voce alla sola musica per raccontare la poesia del silenzio.
Il silenzio è esattamente quello che si invoca durante la visione di Oceani 3D che del grande Jacques-Yves è un’eredità visto che la produzione reca la firma del di lui figlio, Jean-Michel, a sua volta oceanografo amante del cinema di divulgazione anche se in versione più familiare. Lo si invoca con nostalgia e con fastidio perché si sente, ad ogni piè sospinto, come la voce (anzi le voci: quelle di Aldo, Giovanni e Giacomo) riempiono con inutile cicaleccio lo spazio sonoro di una pellicola che era stata pensata per una voce calda e materna che ricordi il calore dell’utero (in francese era Marion Cottilard: mica una qualunque!).
Durante la visione di immagini di stupita maestà, sotto lo sguardo di una macchina da presa che esalta, col 3D utilizzato al massimo del suo potenziale, ogni colore ed ogni forma, l’arrivo dei siparietti comici pensati da Pino Insegno e Francesca Draghetti (che altrove apprezziamo come esempi di un comico demenziali non fine a se stesso) spezza l’incanto e ci fa sentire, di colpo e senza che noi lo si voglia, tutti pesci in un acquario.
Le continue battutine metariferite, il gioco a tre di un gruppo di attori affiatato, ma che ha comunque bisogno anche del corpo per arrivare al divertimento, sfianca anche lo spettatore meglio disposto e lo lascia nella certezza di non aver visto quello che gli autori avevano pensato.
Quello che passa nei cinema italiani è solo metà film o, a voler essere più gentili, un film pessimamente riuscito.
Forse qualche dubbio sull’operato degli autori lo si può avanzare in certe scene come quella del ballo acrobatico dei leoni marini in cui il montaggio ricorre loop da discoteca che forzano il fascino naturalistico della contemplazione fino a quel punto perseguita. O in altri momenti in cui la visione viene obbligata al racconto con campi e controcampi (l’incontro squalo-tartarughina) che avrebbero fatto rizzare i capelli a Bazin. Ma dire questo è come cercare il pelo in un uovo che qualcun altro ha già trasformato in frittata.
Il grande Cousteau non avrebbe probabilmente apprezzato. Il giovane Coustau è altrettanto probabilmente ignaro. A noi resta la certezza che l’operazione doppiaggio è solo motivata dalla speranza, per i distributori, di riuscire a presentare il film in qualche matinèe per le scuole elementari. Ed è ancora troppo lontano il dubbio che continuando a trattare i nostri bambini come cerebrolesi li stiamo, di fatto, rendendo tali.
(Oceanworld 3D); Regia: di Jean-Jacques & François Mantello; soggetto e sceneggiatura: Jean-Jacques & François Mantello; fotografia: Gavin McKinney; musica: Christopher Jacquelin; voci narranti: Aldo, Giovanni e Giacomo; produzione: Jean-Michel Cousteau, 3D Entertainment e McKinney Underwater Productions; distribuzione: Eagle Pictures; origine: Gran Bretagna, 2009; durata: 82’
