Onora il padre e la madre

Non esiste la rapina perfetta. Lo ricorda, alla venerabile età di ottantatre anni, Sidney Lumet, che regala al cinema una perla per lo sguardo, un film perfetto, un atto d’amore verso il racconto per immagini e suoni. Avidità, tradimenti, sensi di colpa e vendetta combinati nella storia di due fratelli. Uno, con la mole e il volto di Philip Seymour Hoffman, dirigente d’azienda, alto stipendio, casa ricca e vita borghese con una moglie bella e l’altro, interpretato da Ethan Hawke, scapestrato nullafacente dalla vita disordinata e amante della moglie del fratello. Una rapina a una gioielleria che finisce nel sangue, i due fratelli accomunati da un orribile segreto, la vendetta di un padre che non ha mai saputo amare.
Presentato al Toronto film festival e fuori concorso all’ultima Festa del cinema di Roma, Before the devil knows you’re dead, frase derivata da un brindisi irlandese, può a tutti gli effetti essere definito un piccolo miracolo. Non solo per l’età del regista (basti pensare a Ronin, girato dal compianto Frankenhaimer a 68 anni o alle regie del mai sazio di vita De Oliveira), ma anche per la freschezza che costui dimostra nel saper dirigere una piccola storia per un grande thriller. Un film che predilige l’uso di scenografie reali, di esterni catturati con un occhio che ricorda quello tarantiniano, nella scelta di vie laterali, piccoli centri commerciali, piazzette anonime, specchio rovesciato di una società che non ama mostrare il quotidiano non stereotipato. La macchina da presa scivola senza far sentire la propria presenza tra squallidi appartamenti e asettici uffici dirigenziali, tra piccoli giardini nei retro delle case di provincia e oscuri pub frequentati da una variegata umanità. Un ritmo straordinario, un thriller che non necessita di scene d’azione, supportato da una sceneggiatura a incastro temporale e un freddo sguardo verso l’apoteosi finale. Un continuo incrocio di azioni e reazioni abilmente mescolate nel loro incedere temporale creano una suspance che non richiede trucchi di sceneggiatura, di deus ex machina o di colpi di scena. La discesa verso l’Ade è lenta e inesorabile e avviene anche prima che il Diavolo in persona possa dare il benvenuto nel suo regno.
Lustri dopo l’uscita nelle sale del kubrickiano Rapina a mano a armata, rivive il gusto per la costruzione-ricostruzione di una rapina vissuta attraverso i momenti che la precedono, descritta attraverso vari punti di vista e riletta attraverso gli elementi combinati in base a una linea temporale abilmente spezzata, come un complicato puzzle di una figura semplice. Una decostruzione che ricompone i pezzi senza catarsi, con l’occhio del demiurgo Lumet a vigilare sulla distruzione delle illusioni dei suoi personaggi. Si respira l’epica grottesca di film come Soldi Sporchi, caposaldo recente di quel genere in cui ogni azione tesa a nascondere un delitto (nella fattispecie del capolavoro di Sam Raimi, la scoperta di una ingente quantità di denaro) non può che provocare una catena di conseguenze sempre peggiori. Una ‘poetica’ che rimanda all’universo-Coen dipinto in Fargo. Come nella pellicola dei due fratelli di Minneapolis il rapimento della moglie da parte del travet William H. Macy per estorcere denaro al cognato finirà in un bagno di sangue imprevisto, così nella sceneggiatura a incastro di Kelly Masterson la rapina alla gioielleria dei genitori frutterà morti a catena e la distruzione non solo fisica di un’intera, buona famiglia americana.
Lumet riesce a manipolare un plot scarno ed essenziale giocando di regia, sfruttando dialoghi semplici e mai ampollosi con reiterazioni e capovolgimenti, senza mai far scemare un ritmo avvincente nel suo essere frustrante, grazie al climax prodotto dal lento accumularsi degli elementi come conseguenza della rapina fallita. Come in tutto il suo cinema, caratterizzato da una abile commistione di autorialità e mainstream, l’Uomo si trova di fronte a eventi più grandi di lui, bigger than life, basti pensare alla rapina di Quel pomeriggio di un giorno da cani, o alla Collina del disonore o all’esordio nel film a tesi La parola ai giurati, costruito sulla concatenazione di dialoghi sempre avvincenti e caratterizzato da un crescendo che vedrà i 12 Angry men del titolo originale votare contro la pena di morte dopo un drammatico capovolgimento di opinioni e giudizi. Un cinema che trova il suo fondamento anche nella perfetta sincronia con gli attori, che Lumet dirige con rara maestria. In Before the devil.. Philip Seymour Hoffman regala una straordinaria interpretazione che meriterebbe premi a cascata e risulta ben avvicendato da un ottimo Ethan Hawke, attore dalla maturità crescente grazie anche alla notevole esperienza dimostrata nella recente seconda regia e da una superba presenza quale quella di Albert Finney, luciferino padre dei due fratelli. Chiude il cerchio la bellezza conturbante di Marisa Tomei nei panni della moglie di uno e amante dell’altro, celato ago della bilancia delle azioni dei due fratelli.
L’incubo dell’aver provocato la morte della propria madre, per caso al bancone della gioielleria durante la rapina, sarà ben presto avvicendato dalle pur flebili investigazioni della polizia, dai sospetti crescenti di un padre in cerca di vendetta, da improvvisati ricattatori e da piccoli problemi che si trasformano in scogli insormontabili. Ingredienti di una storia che è verticale precipizio verso gli inferi, cul de sac senza via d’uscita, vaso di Pandora senza fondo. Ingredienti di un capolavoro che non tarderà ad essere sottovalutato, relegato in un genere cinematografico che non crea illusioni, non instilla catarsi nello spettatore, un cinema che ad ogni fotogramma ricorda la caducità di ogni umana azione. Grazie, nonno Sidney.
(Before the devil knows you’re dead) Regia: Sidney Lumet; sceneggiatura: Kelly Masterson; interpreti: Philip Seymour Hoffman(Andy), Ethan Hawke (Hank), Albert Finey (Charles), Marisa Tomei (Gina), Rosemary Harris (Nanette), Aleksa Palladino (Chris), Micheal Shannon (Dex), Amy Ryan (Martha); fotografia: Ron Fortunato; scenografie: Christopher Nowak; montaggio: Tom Swatwout; musiche: Carter Burwell; produzione: Capitol Film, Funky Buddha Group; distribuzione italiana: Medusa; nazione: Usa; anno: 2007; durata: 123’
