X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



PER NON DIMENTICARTI

Pubblicato il 5 settembre 2006 da Marco Di Cesare


PER NON DIMENTICARTI

Un film di donne scritto da un uomo e diretto da sua sorella: questo è Per non dimenticarti, prima fatica registica di Mariantonia Avati (quarantenne esordiente, ma con ormai una ventennale esperienza in ambito cinematografico e televisivo), su script del fratello Tommaso. I due hanno portato sullo schermo una storia ambientata nella Roma del 1947, incentrata su Nina (Anita Caprioli), una giovane moglie in attesa del suo primogenito. La donna, però, vivrà una gravidanza travagliata, a causa della quale dovrà essere ricoverata in ospedale; qui farà la conoscenza di diverse signore, provenienti dai più svariati ambienti della società romana.

Le persone si differenziano principalmente a seconda della cultura, della classe sociale e della loro propria psicologia; questi aspetti confluiscono tutti nella nostra personale capacità di linguaggio, ossia il nostro ritratto, sintetico e immediato quanto il nostro apparire. E Per non dimenticarti ci offre una sequela di vari tipi di espressione verbale: dal romanesco (sia quello simpatico, come quello antipaticamente volgare), fino al lieve dialetto che sporca leggermente la nostra lingua nazionale. Tutto per dare un’idea di un ensemble di voci diverse, ritrovatesi a convivere in cattività, ma con qualcosa di molto importante in comune: l’essere donna, l’essere una futura madre. Ma questo coro richiama più un tono macchiettistico, che una qualsiasi indagine sociologica, per quanto spicciola: ne è esempio la presenza del comico Lillo, purtroppo qui orfano di Greg.
Nina, invece, è monda di tutto ciò, lei parla un italiano praticamente perfetto, forse addirittura improbabile nell’Italia di sessanta anni fa; questo perché non sembra appartenere al nostro mondo. Nina gestisce un negozio tessile assieme al marito Giordano (Ettore Bassi), al centro di Roma: in poche parole è una borghese, in tempi in cui ciò significava qualcosa di ben determinato. Non è difficile comprendere come lei sia un personaggio allegorico: è una Santa, timida e cortese, che sa porgere una parola dolce a chiunque; ed è il tramite che ci permette di fare la conoscenza degli altri personaggi. Ma viene descritta agiograficamente: probabilmente perché è questo il tono che si addice al racconto delle vite virtuose.

Per non dimenticarti è un film à la Avati (padre): opera minimale sui sentimenti, con in più una forte impronta di religiosità di stampo cattolico, una Roma raccontata come se fosse una città di provincia, ma senza il cinismo di Pupi. Però qui racconto minimale significa anche narrazione di basso profilo, con in aggiunta una totale assenza dello sfondo storico (difetto aggravato dalla messa in scena tutta in interni), fatto che ha dato vita a un film dove è claustrofobicamente assente ogni seppur minima ricerca di ampio respiro, e dove tutto suona completamente falso.
Il registro dell’intero film può evincersi fin dai titoli di testa: di fronte ai nostri occhi una mano invisibile traccia parole in bello stile, molto d’antan, che rimandano a un tempo perduto e lontano. E’ il ricordo delle nostre nonne che dovremmo serbare con noi: ma ben presto il racconto diventa didascalico e calligrafico.

L’opera degli Avati è un’occasione perduta per realizzare un film di donne, genere praticamente assente dal panorama cinematografico nazionale: peccato che, invece di tentare almeno di ispirarsi un po’ ad artisti come Bergman e Almodóvar, si sia preferito guardare alla nostrana fiction televisiva, dove, in effetti, molti personaggi femminili regnano sovrani. Probabilmente Per non dimenticarti avrebbe potuto giovarsi proprio dal venire realizzato come opera per il piccolo schermo, traendo magari beneficio da una maggiore durata, grazie alla quale si sarebbero potute scandagliare in maggiore profondità le psicologie dei personaggi.

Il cattolicesimo avatiano diventa addirittura retrivo quando entra in scena l’unica donna che non vuole accettare la propria maternità: nonostante la sua scelta di abortire clandestinamente ci venga motivata (il padre del bambino è un poco di buono), il personaggio viene comunque descritto come laido, volgare, pieno d’astio e sinceramente antipatico; difatti solamente lei non vorrà essere toccata dall’aura di Santa Nina, preferendo rimanere in disparte, lontana dal gruppo di amiche. Messo in questi termini, Per non dimenticarti sembrerebbe uno spot anti-abortista, come neanche sotto la DC anni ’50. E potrebbe ancora essere considerato come un film “al femminile”, purché se ne sottolinei la forte ipocrisia, poiché le donne sono ritratte come solo un uomo, e in più retrogrado, le vorrebbe: mogli e madri, amorevoli angeli del focolare. E questo sì sarebbe un peccato capitale, non solo cinematograficamente parlando, tale da rendere ancor più l’intero film un inutile ciarpame da rinchiudere nella soffitta dei nostri ricordi, però con la speranza che lì anneghi nell’oblio.

Regia: Mariantonia Avati; soggetto e sceneggiatura: Tommaso Avati; fotografia: Cesare Bastelli; montaggio: Carlo Fontana; musica: Stefano Arnaldi; scenografia: Biagio Fersini; costumi: Bettina Bimbi; interpreti: Anita Caprioli (Nina), Ettore Bassi (Giordano), Enrica Maria Modugno (Anna Maria), Emanuela Grimalda (Margherita), Francesca Antonelli (Mariella), Chiara Sani (Giuseppina), Lillo (Eugenio), Luca Biagini (Vito), Massimo Bonetti (Guido); produzione: Matteo Cinematografica con il contributo della Presidenza del Consiglio dei Ministri settore Cinema; distribuzione: Istituto Luce; origine: Italia 2005; durata: 94’.

Enregistrer au format PDF