Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Il mare dei mostri

Nessuno sembra aver mai creduto fino in fondo alle potenzialità di un personaggio come Percy Jackson.
Sulla carta, in effetti, il semidio era nato in modo strano, come un divertissment a metà tra il colto e il faceto capace di mischiare, in maniera disinvolta, le dinamiche dei giochi di ruolo e la mitologia greca.
I romanzi non avevano grandi ambizioni letterarie, mantenevano uno stile fluido e colloquiale che assecondava una narrazione in prima persona adatta alla capacità di concentrazione di un adolescente medio, maschio con poca voglia di leggere, ma molto desiderio di avventura. Onesti rappresentati di un’editoria di intrattenimento leggero, i libri puntavano ad un’immedesimazione basica, lineare: l’eroe (come Spiderman) nel mondo reale è un disadattato, dislessico, poco incline allo studio, anche se curioso. Lo si sarebbe potuto immaginare anche un po’ grassottello e lentigginoso prima che Logan Lerman, al cinema, gli donasse aspetto e sguardo.
Nel passaggio dalla pagina al grande schermo il primo torto che si mosse a questi libricini formattati allo standard di trecento pagine l’uno, fu di considerarli Harry Potter minori. Del resto Columbus alla regia e Radcliffe alla produzione questo promettevano alle orde di fan accaniti del maghetto con gli occhiali: un nuove eroe a sostituire il vecchio che arrivava alla sua avventura finale. E l’immaginario che ne conseguì era derivativo più del dovuto con l’Ade che somigliava un po’ troppo ad Hogwarts e un campo estivo a sostituire l’ingombro di una scuola per magie e sortilegi.
Insomma, a dirla tutta, nemmeno gli autori ci credettero fino in fondo già allora e il primo film della saga, omaggiato di incassi non proprio lusinghieri, aveva tutte le caratteristiche del figlio unico: finale chiuso, linee narrative azzerate e poca voglia di poesia.
Che un secondo film andasse in produzione deve essere stata una sorpresa un po’ per tutti. Ed è forse proprio questo senso di sorpresa, che vive e respira prima del film stesso, ma che si coglie nello sguardo degli attori, nella freschezza di certe scelte di regia e nella cura degli effetti speciali (appesantiti solo dal solito inutilissimo 3D), a costituire il pregio migliore di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Il mare dei mostri.
Quel che colpisce del film è la sua aura svagata, è il suo riuscire a dare l’impressione di essere un lungometraggio fatto senza pretese, ma anche senza lo stress di dover stare entro certi costi ed entro certe aspettative.
Così tutto appare stranamente rilassato perché se già la realizzazione di un secondo film è stata inaspettata, la realizzazione di un terzo è chimera e allora perché stressarsi tanto? Non è meglio fare un film per il solo piacere di stare insieme a divertirsi un po’?
Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Il mare dei mostri nasce in questo clima, si abbevera della sua aria fugace e passeggera. Sembra quasi voglia giocare sul suo stesso essere al mondo in un’eterna captatio benevolntiae che invoca affetto, come un cucciolo impertinente eppure dolce, coccoloso quasi.
Non vuole insegnare, non vuole assordare, stranamente non vuole neanche davvero incassare, ma si accontenta di una due ore scarse di racconto, di piccole emozioni e del piacere (null’altro che questo) dello stare insieme, complici e stupiti che un’altra occasione di gioco sia stata concessa proprio prima dell’inizio della scuola e dei compiti a casa che presto si mangeranno tutti i pomeriggi.
In questo il film è stranamente sincero: una mosca bianca in un mare di blockbusters (loro sì davvero troppo spesso mostri). E sarebbe un delitto scriverne troppo male anche se la sceneggiatura, godibilissima nel dettaglio, annaspa nell’accollarsi il peso di un racconto troppo mosso per la breve durata della traversata e se il senso d’avventura ha spesso la meglio su quell’intimità dei personaggi che gli attori ti lasciano intuire.
Infinitamente superiore al primo episodio, Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo: Il mare dei mostri è un film stranamente corale, gioiosamente adolescenziale, ma che sa prendersi qualche volta la sua pausa per sprofondare in emozioni più profonde e più vibranti. Gli manca, anche per questo, la giusta dose di ambiguità nella rappresentazione del lato oscuro, ma sa riempire di dubbi il cammino di un eroe senza cadere nella didascalia. E di questi tempi è già abbastanza.
(Percy Jackson: Sea of Monsters); Regia: Thor Freudenthal; sceneggiatura: Marc Guggenheim; fotografia: Shelly Johnson; montaggio: Mark Goldblatt; musica: Andrew Lockington; interpreti: Logan Lerman, Alexandra Daddario, Douglas Smith, Leven Rambin, Brandon T. Jackson, Jake Abel, Anthony Head, Stanley Tucci, Nathan Fillion, Missi Pyle, Mary Birdsong, Yvette Nicole Brown, Christopher Redman; produzione: Fox 2000 Pictures, TCF Vancouver Productions, Trireme Productions; distribuzione: 20th Century Fox; origine: USA, 2013; durata: 106’
