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Pesaro 42 - Maicling Pelicula Nang Ysang - INDIO NACIONAL

Pubblicato il 7 luglio 2006 da Alessia Spagnoli


Pesaro 42 - Maicling Pelicula Nang Ysang - INDIO NACIONAL

L’opera seconda del giovanissimo cineasta filippino Raya Martin - conferma di un talento già subodorato da Pesaro - è un oggetto misterioso e un gioiello raro nel filone della produzione cinematografica corrente.
Dopo il brevissimo inserto di un ragazzo che percorre in maniera stentata l’inquadratura, la prima scena del film ci vede nell’alcova di una coppia, con la donna intenta ad accendere quella che potrebbe benissimo essere una lanterna magica. La camera fissa riprende un uomo di spalle che riposa tranquillamente, mentre la compagna non fa che voltarsi, insonne, nello scomodo giaciglio. E il disagio travalica gli angusti confini della capanna - e dello schermo - e si impadronisce progressivamente anche dello spettatore, messo di fronte alla precaria condizione di chi non riesce a star bene neppure in casa propria. Evidente la valenza emblematica di quest’immagine, che diverrà poi un segno distintivo del film nella sua interezza. Tutto qui assume una connotazione allegorica e acquisisce una dimensione che è contemporaneamente storica e metafisica. Al capezzale della sorellina morente, due ragazze pregano invocando la libertà per la propria terra. L’ellissi è folgorante e l’equazione che ne risulta, formidabile.
In quell’unico frammento di film introduttivo, girato in video e sonoro, ci vengono letteralmente illustrate le ragioni della disarmonia nel mondo. Dopo tale, necessaria spiegazione, parte un film muto “a tutti gli effetti”, in cui Martin affida a brevi frammenti quasi pittorici il compito di svolgere il racconto della dominazione straniera e di ciò che essa ha significato per la storia del suo Paese. Tale scelta reca con sé il sapore dell’anacronismo voluto. L’autore recupera difatti trucchi antichi come il cinema e trasforma la povertà di mezzi espressivi di cui dispone in un’arma in più nelle sue mani sapienti. La quasi totalità di Indio Nacional è girata in 35 mm e in bianco e nero. Un’esperienza visiva andata perduta e con essa, sembra dire Martin, anche la capacità di fermarsi a riflettere, persino su eventi di portata epocale.
Il contesto storico è quello della breve rivoluzione filippina contro il colonialismo spagnolo del 1890. Quello che il giovanissimo cineasta filippino - classe 1984 (!) - ci consegna è un affresco potente e evocativo. Così i tempi sono dilatati eppure sincopati. Ma è tutto il film a muoversi entro coppie di opposizioni forti: il sonno e la veglia, la notte e il giorno, il maschile e il femminile, la fanciullezza e la vecchiaia, i religiosi e i contadini, i primi piani e i campi lunghi, il bianco e nero della fotografia.
L’epigrafe del film recita: “Ciò che segue sono le prolungate sofferenze delle Filippine”. A testimonianza del fatto che un lungometraggio è solo un momento all’interno del lunghissimo, interminabile racconto della tragica storia dell’uomo comune, che si ripete sempre uguale a se stessa. Il diniego al finale è la personale protesta da parte del regista, che rifiuta di consegnare al passato (e dunque archiviare) una ferita che è tutt’altro che rimarginata. Ci affida al suo posto una riflessione sul passato e sul futuro del suo Paese, martoriato da secoli di colonizzazione.

(O Ang Mahabang Kalungkutan ng Katagalugan) Regia: Raya Martin; soggetto e sceneggiatura: Raya Martin ; fotografia: Maisa Demetillo; montaggio: Louie Quirino, Anne Esteban; musiche: Khavn dela Cruz; interpreti: Bodjie Pascua, Suzette Velasco, Lemuel Galman, Mark Joshua Maclang, Russell Ongkeko; produzione: Raya Martin, Arleen Cuevas; origine: Philippines, 2005; durata: 96’


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