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Pesaro 43 - Fuori Concorso - Ritrarsi

Pubblicato il 26 giugno 2007 da Alessandro Izzi


Pesaro 43 - Fuori Concorso - Ritrarsi

Sono molteplici i livelli di lettura di un’opera (work in progress) come Ritrarsi.
Il primo, il più dolente, paradossalmente il più segretamente esibito, è quello esistenziale che vede nel "ritrarsi" una condizione dell’animo, un desiderio, anzi una necessità di "uscire dal mondo", di "farsi da parte", di limitarsi ad osservare, ormai quasi definitivamente dall’esterno, il continuo muoversi inconsulto del mondo.
Azione e dialogo perdono, da questa prospettiva ulteriore, ogni valore, divengono abitudini cui non si può rinunciare perchè sono parte integrante della condizione umana, ma cui non si può più neanche aderire. Da fuori, nel ritmo piano di un’angoscia quieta, quasi serena, come un fuoco che lentamente si spegne in cenere (ma brucia ancora a toccarlo), la Realtà si fa definitivamente "altra da noi", oggetto di uno sguardo che non è, nè può più essere davvero "giudicante".
Non si tratta di una condizione data dall’età (anche se sono anziani i protagonisti di questo lavoro così sfuggente che le classiche distinzioni tra finzione e documentario perdono ogni significato), ma di una condizione dello spirito.
La macchina da presa insegue e sorprende i propri personaggi (al tempo stesso "scoperti" dallo sguardo del documentarista e "scritti" da quello del poeta) nel loro isolarsi. Così l’anziano protagonista che si reca dapprima ad uno sciopero programmato dai sindacati e poi addirittura a Roma per una manifestazione di massa, si tiene sempre in disparte, lontano dall’agitarsi e dallo strepitare di tutti. Non prende nessuna bandiera perchè, come afferma, preferisce tenere tutte e due le mani in tasca e si allontana sempre nei momenti più accesi dei vari dibattiti, mentre le voci degli oratori (significativamente sempre tenute il più possibile fuori campo) si spengono in un’eco lontana che non ha valore se non in quanto rumore.
In casa tra marito e moglie (e poi con l’ancor più anziana suocera) non ci sono dialoghi se non una continua litania che porta il conto dei soldi spesi o delle bottiglie di vino bevute dall’uomo. Per paradosso, sono più le effusioni tra cani e gatti (veri protagonisti di moltissime inquadrature) che non tra uomo e donna.
Eppure non sembra esserci tra i personaggi nè odio, nè un vero sentimento di incomunicabilità. Il loro rapporto è piuttosto dominato da un senso di tacita comprensione che cementa i sentimenti e li rende "duri" per chi, come noi, li contempla dall’esterno.
La realtà del mondo giunge in casa essenzialmente attraverso una televisione cui si presta appena un orecchio distratto, stanco. L’occhio, di quello sfarfallio di pixels, coglie ancor meno, mentre le mani sono intente a sfaccendare e ripulire un mondo che resta sempre sporco com’era all’inizio. Ironico che dall’apparecchio televisivo, oltre che voci di telegiornali, arrivino soprattutto i suoni delle pubblicità dei telefonini: il superfluo in un mondo in cui le parole sembrano essere state disseccate dal sole.

Il secondo livello di lettura ci porta, invece, su una contestualizzazione "sociale" del discorso. Quelli messi in scena da Cotronei sono, in fin dei conti, degli umili. Non solo persone che si sono volontariamente messe da parte, ma anche persone che il mondo ha scientemente voluto mettere da parte. Per questi estromessi, che non sono mai contemplati con uno sguardo cattolico alla Olmi o con vuoto pietismo di stampo televisivo, un film come Ritrarsi sembra essere una sorta di riscatto.
Non siamo neanche dalle parti di I mangiatori di patate di Van Gogh, dove ancora poteva sopravvivere, nel gesto pittorico, un certo lirismo genericamente poetico. Non sono "i poveri" quelli di cui ci parla l’autore. Sono "queste" persone. Sicché il suo film potrebbe essere, al più, I mangiatori di patate riguardato attraverso la lente angosciata e tragica de I corvi. E i paesaggi assolati, i campi coltivati freschi di mietitura, le inquadrature spesso splendidamente composte, hanno davvero un che di pittorico anche se non c’è quasi mai la ricerca della bella immagine per la bella immagine.

Il terzo livello, infine, è quello più strettamente politico. In questa prospettiva, il "ritrarsi" dei personaggi finisce, anche grazie ai continui riferimenti all’attualità politica veicolati dai telegiornali ed esemplificati nelle manifestazioni cui partecipa anche il protagonista, per riflettersi in una condizione generale di un meridione sempre più tenuto lontano dalle leve del potere, indipendentemente dal colore del governo in carica.
I tre livelli sin qui analizzati (ma altri se ne potrebbero aggiungere perchè l’opera, che non ha ancora trovato una sua sistemazione definitiva, è davvero molto complessa) si integrano tra loro e si illuminano reciprocamente, ma è la dimensione esistenziale, la riflessione sull’essere a dominare e guidare gli altri due.
Con questo film, Cotronei si impone come autore originale ed interessante. Il suo film, completamente autoprodotto e caratterizzato da un montaggio piano, lento, ma non estatico o banalmente lirico, sfugge davvero ad ogni possibilità di catalogazione e merita di essere visto.


CAST & CREDITS

(Ritrarsi) work in progress;
Regia: Tommaso Cotronei


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