Pesaro 44 - Mein Stern - Cinema Tedesco Contemporaneo

Lei è Nicole: una ragazzina di quattordici anni dai biondi capelli lunghi e l’adolescenza dipinta su di un volto ancora infantile.
Lui è Christopher: un coetaneo di bella presenza che tutte le ragazze gli corrono dietro.
Si incontrano un giorno e tutto sommato si piacciono. Non sanno ancora bene cosa sia l’amore. L’attrazione fisica che provano l’uno per l’altra è appena un accenno di mondo adulto che si affaccia timido da dietro gli occhi. Lui, in fondo, è ancora troppo basso per prendere il caffè al bancone del bar, mentre lei ha solo una promessa di seno che non si sa ancora se sarà mantenuta.
Quello che è vago a livello fisico si fa ancor più confuso a livello sentimentale. Cos’è che prova davvero lui per lei? E lei per lui?
Si guardano negli occhi e il silenzio cala tra di loro a dirci che non hanno ancora dato un nome ai loro sentimenti. E, si sa, finchè non li hai battezzati non puoi dire di averli davvero provati. Il dialogo tra loro inciampa nella mancanza di parole che è il grande male di un’intera generazione. Quelle che si scambiano sono le frasi fatte dei cioccolatini o quelle che hanno ascoltato in televisione, nelle trasmissioni di prima serata.
Però il mondo che hanno intorno li invita a concretizzare in qualche modo. Hanno bisogno di sentirsi adulti, Christopher e Nicole hanno bisogno di una conferma, di un certificato che possa attestare il loro esser grandi con tanto di timbro e marca da bollo. E la prima concretezza è proprio quella del sesso perchè ogni cosa intorno a loro li invita in quella direzione e ogni amico dice loro che è fondamentale farlo e pure tanto.
Così mimano l’atteggiamento delle navi che hanno preso il mare da tempo e che hanno attraversato gli oceani in barba alle tempeste. Lui racconta storie d’amore grandi. Con dicianovenni addirittura. Lei mette in mezzo la bellezza di diciannove findanzati. Il decimo se l’era portata persino a casa, per la notte, e l’aveva svegliata con un anello e l’inizio di una storia che non era andata più in là di una settimana e mezza.
La realtà è che a quell’età l’eterno dura poco, non regge ai soffi volubili del vento di emozioni provate appena per la prima volta.
Lui le dice al citofono che se non la vede muore e il giorno dopo la lascia senza lo straccio di una spiegazione. Lei gli promette amore eterno e poi lo tradisce pomiciando con un corteggiatore che le compre i dolci al bancone del forno dove lavora quasi per ingannare il tempo.
Così tra una passeggiata ed una festa a suon di birra e sigarette i due si lasciano e si riprendono, si rincorrono e si scacciano infastiditi. In realtà non sanno cosa fare l’uno dell’altra. E le decisioni mutano al volgere del giorno, sono come parole controvento che ti tornano in faccia mentre l’altro non le sente nemmeno.
Mein stern è un film piccolo piccolo. Un apologo delicato e mai dolciastro sull’amore a quattrodici anni. Un ritratto in digitale di una gioventù sbandata che mima il mondo degli adulti con la goffagine di un gioco da bambini.
Il suo più grande pregio è nella scelta degli attori e nel lavoro sui volti. Sono tutte giuste le facce del film, sono scelte con la cura certosina di chi ha ben chiaro il suo messaggio. Te li vedi ancora bambini, ancora piccoli, ancora tutti da crescere e ti fa strano vedere la serietà impacciata con cui si sposano per gioco, con cui si preparano ad una vita adulta (tra casa e lavoro) che non attraversaranno insieme. Sicché anche il sesso che consumano tra loro assume connotati strani, troppo fanciulleschi per apparir vero. Dovrebbe essere scoperta dell’altro, ma regge poco visto che nessuno dei due può ancora dire di avere scoperto se stesso.
Il fatto è che nessuno ha insegnato ancora loro che amare è assumersi una responsabilità. Nessuno ha detto loro che ci vuole sacrificio per darsi all’altro, spesso anche dolore. Quando il mondo adulto veramente comincia a bussare alla loro porta e a presentare un conto rispondono scappando a gambe levate senza sapere neanche perchè.
Il film si regge bene sulle gambe e ti dice più di quanto non avresti creduto col suo stile piano, con la sua regia lineare e chiara. E’ un coltellino che affonda nelle contraddizioni della nostra società e ci responsabilizza più di quanto non vorremmo. Perchè non c’è quasi traccia di adulti per tutta la durata della proiezione. I grandi sono solo figure da imitare in una recita che comincia troppo presto. Ma di educatori e di esempi non ce n’è neanche l’ombra.
(Mein stern); Regia e sceneggiatura: Valeska Grisebach; fotografia: Bernhard Keller; montaggio: Anja Salomonowitz; interpreti: Nicole Glaser, Christopher Schops, Monique Glaser; produzione: Filmakademie Wien Hochschule fur Film und Fernesehen "Konrad Wolf"; origine: Austra - Germania 2001; durata: 65’
