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Pesaro 45 - La pivellina - PNC

Pubblicato il 23 giugno 2009 da Alessandro Izzi


Pesaro 45 - La pivellina - PNC

Ci sono registi che girano un film avendo ben in mente sin dall’inizio la storia che vogliono raccontare. Sono autori demiurgo, creatori di mondi, utopisti esagerati che non si arrendono di fronte alla resistenza intrinseca del mezzo e che perseguono la loro visione nella certezza che il tempo darà loro ragione e che il lungo braccio d ferro con il Reale dovrà risolversi, preso o tardi, in loro favore. Sono registi di visione che vogliono che il prodotto finale della loro fatica sia in tutto e per tutto uguale a quel film ch avevano sognato.
E poi ci sono registi che, pur seguendo un’idea, mostrano le mani in segno di resa all’incredibile portento del Mondo. Sono autori che permettono al Caso di entrare nel set e di dividere con loro la firma della pellicola. Più che poeti sono sarti che vogliono, coi loro film, vestire un mondo che già esiste indipendentemente dalla loro volontà. Si prendono un ambiente e lo filmano per quello che è, senza star troppo a pensare a quale luce potrebbe far meglio risaltare i contrasti del loro racconto. Si scelgono un attore e poi lo lasciano libero di respirare al ritmo che gli è più congeniale. Quella storia che avevano appena abbozzato se non altro per presentarla al produttore, lasciano che per un po’ se ne vada per conto suo, libera di muoversi a proprio piacimento. A guardarli da fuori si potrebbe confonderli per dei documentaristi prestati alla fiction, ma non ci vuole molto ad accorgersi che in fondo, pur cucendo la storia addosso ai loro attori, non è che si siano dimenticati la sceneggiatura nel cassetto. Anzi: la finzione resta in primo piano, ma si nasconde tra le pieghe di un discorso che sembra disorganizzato, improvvisato quasi, da più voci in libero contrappunto.
Sono artisti di circo che si esibiscono in acrobazie su di un filo sospeso nel vuoto. Senza quella rete che è lo storyboard perfettamente disegnato fin nel più piccolo dettaglio. La loro unica fiducia è che la realtà sa scrivere da sola storie più belle di quelle che possono avere in mente. E girando i loro film lasciano che il mondo parli la sua lingua. Devono essere un po’ come gli argonauti sulla prima nave della storia dell’umanità: sanno che il loro legno galleggia e sanno che presto o tardi toccheranno terra, ma il moto delle onde e il capriccio dei venti resta per loro imprevedibile.
A questa seconda categoria ci è facile ascrivere Tizza Covi e Rainer Frimmell, i due registi di La pivellina, già presentato a Cannes e primo film italiano in corcorso qui a Pesaro. Lo si vede bene, dalle immagini un po’ sporche e dalla propensione al piano sequenza, che gli autori inseguivano una storia e perseguivano una precisa visione. Non avrebbero scelto altrimenti quei luoghi che hanno scelto (una Roma quanto mai lontana dagli scorci delle cartoline) e quegli attori non professionisti che sanno tanto di neorealismo. Ma si vede anche che la loro intenzione è stata, fin da subito, quella di lasciare che la storia chiaramente inventata si adattasse ad un mondo che è squallidamente sin troppo vero. A partire dalla pioggia non prevista che funestò più giorni di riprese e che diventa personaggio del racconto, sino ad arrivare ai dettagli della zuppa di latte e biscotti che al vederli ne puoi quasi sentire il sapore.
Percepisci dalle immagini che l’intenzione di regia non era quella di facilitare gli attori non professionisti dando loro personaggi quanto più somiglianti al loro vissuto. Non era l’abile scorciatoia populista quella che gli autori inseguivano. Anche perchè, col senno di poi, si capisce bene che quello che sembra un sentiero piano nasconde in realtà la più insidiosa delle trappole: non c’è niente al mondo di più difficile che interpretare credibilmente se stessi. In realtà i registi non hnno fatto altro che prendere una realtà che conoscono bene (quella dei circensi di San Basilio che vivono in roulotte arrangiate, ma accoglienti, vittime del costante pregiudizio dei romani che li guardano con sospetto laddove non con paura) e dar loro un racconto che possa permetterci di comprendere la loro innegabile umanintà. Questo racconto si condensa nella figura di Asia, una bambina di due anni abbandonata dalla madre su un’altalena, che viene ritrovata e quasi adottata da Patti, una donna frustrata da un impossibile desiderio di maternità e decisa a non andare alla polizia per rispettare la volontà della madre della piccola vergata in una disperata nota lasciata nella tasca del suo cappottino. Più che il racconto, ad avanzare all’interno di sequenze spesso animate da un taglio volutamente documentaristico sono le piccole emozioni di questi personaggi reali e quanto mai concreti. Pur se scritta, la sceneggiatura sembra nascere in loco, nel gioco dell’improvvisazione resa perfetta dall’apporto della bambina che è la più ispirata scelta di casting che ci sia mai capitato di vedere. Così questo "Asia nella città" diventa uno strumento utile a liberarsi del pregiudizio, è un invito a non fermarsi alle apparenze e a cercare sempre di cogliere il lato umano delle cose, in barba a quello che i telegornali nazionali vorrebbero farci credere. Il più grande merito della pellicola, comunque, al di là delle sue stesse intenzioni, è quello di riportarci increduli di fronte allo schermo cinematografico. In un tempo e in un cinema in cui siamo abituati a veder venir giù grattacieli e montagne grazie all’uso invasivo del computer sembra che al cinema non possa stupirci più nulla. E, invece, di fronte alle scene in cui Tairo studia storia (guarda caso Mussolini) o quando Asia gioca con la sua immagine riflessa nello specchio, ci sorge spontanea la domanda che assillava i primi spettatori dei film dei fratelli Lumiere: come diavolo avranno fatto i registi a fare questa scena? Com’è possibile che suoni così vera? Una magia che in quel di Hollywood accade sempre più di rado.


CAST & CREDITS

(La pivellina); Regia: Tizza Covi e Rainer Frimmel; sceneggiatura: Tizza Covi; fotografia: Rainer Frimmel; montaggio: Tizza Covi; interpreti: Patrizia Gerardi, Walter Saabel, Tairo Caroli, Asia Crippa; produzione: Vento film; distribuzione: Officine UBU; origine: Austria/Italia, 2009; durata: 100’


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