Philofiction 1.1: da Buster Keaton a Perry Mason
Cos’hanno in comune il romantico professore di letteratura John Keating, il pigro Drugo e il predestinato Neo? All’apparenza nulla tranne il fatto di intercedere sullo schermo per noi impastando visivamente l’ideale pratico di Popsophia: la filosofia che incontra il pop e viceversa. Di comune accordo è l’occhio, lo sguardo, a mantenere le redini del gioco e a coordinare il ritmo. La filosofia abbandona il suo assetto teorico classico e, per raccontarci il contemporaneo, si ciba della cultura pop; quest’ultima, popolare e massificante, smaschera al suo interno meccanismi, fenomeni e linguaggi che ben si coordinano con la cultura alta.
E questo sottosopra, citando Stranger Things, ha creato la base per la prima giornata di Philofiction a Fermo, di fatto un focus sulla serialità televisiva saggiamente strutturato dalla Direttrice Artistica Lucrezia Ercoli. Proponendo un doppio binario di ricezione, da un lato gli studenti e gli insegnanti delle scuole medie e superiori, dall’altro lato il mondo forense, questo primo step ha messo in campo varie strategie comunicative. Ad aprire i giochi ci ha pensato la masterclass del regista e sceneggiatore Luca Vecchi, dei The Pills, che ha presentato la comicità a cinema partendo dal tema del corpo. Su questa linea il focus è andato su Buster Keaton, capace quest’ultimo di ereditare la tradizione circense, sprofondarla dinanzi alla macchina da presa coordinando mimica facciale e movimenti felini. Un linguaggio privo di parola, che punta tutto sulle acrobazie e le gag del protagonista in uno spazio perennemente in movimento, che si modifica e si plasma seguendo le vicissitudini del personaggio. Ad affiancare Vecchi su questa impostazione didattica è intervenuta successivamente la sceneggiatrice Valentina Capelli, che ha raccontato agli studenti le varie fasi che portano al corpus finale della sceneggiatura. Un processo complesso che tuttavia, al netto di derive produttive, dovrebbe essere garantito da un soggetto semplice, lineare, accattivante e facilmente comprensibile. La comicità e la sceneggiatura diventano dunque in questa prima giornata di Philofiction, i capitoli 1 e 2 da leggere, lasciando intravedere altri due temi: la cornice, lo schermo, di fatto le regole della macchina da presa e la scrittura, il racconto e la grande battaglia tra trama e personaggio.
Successivamente l’analisi ha abbracciato un genere seriale che ha avuto un grande successo negli Stati Uniti conquistando il mercato mondiale: il legal drama. Confrontando il “tradizionale” Perry Mason e il “provocatorio” Le regole del delitto perfetto, si è tracciata una linea pratica dell’attività forense americana declinata sui passaggi storici fondamentali del Nocevento. Se nei primi anni Cinquanta, soprattutto grazie al personaggio-eroe incarnato da Perry Mason, il sistema giudiziario americano, rappresentato perfettamente dal cinema e dalla televisione, utilizzava la figura dell’avvocato come il vero baluardo di giustizia, con le nuove serie tv questa figura diventa torbida, ambigua, e la contiguità al male, da sempre raccontata ma mai esaltata, diventa sistemica e necessaria.
L’ultima parte è stata infine dedicata a due letture filosofiche della serie più premiata degli ultimi anni: Game of Thrones. I filosofi Monia Andreani e Tommaso Ariemma hanno analizzato il testo seriale puntando su due tematiche differenti: la materialità del corpo e la vicinanza della serie all’ideale politico di Machiavelli. A riguardo dedicheremo un approfondimento.