Piccoli brividi
Nel corso degli anni Novanta, milioni di bambini e ragazzi in tutto il mondo si sono appassionati alla lettura di piccoli volumetti, farciti di avventura, di mostri e di umorismo nero. Facevano parte della serie Piccoli brividi, ideata da R.L.Stine, che ha battuto ogni record editoriale nel suo comparto e che ha anche dato origine ad una serie Tv, tra il ’95 e il ’98, ricca di ben 74 episodi complessivi.
Ora Rob Letterman, al suo secondo lungometraggio non di animazione dopo I fantastici viaggi di Gulliver del 2010, prova a ricreare sul grande schermo lo spirito e le atmosfere della fortunatissima saga letteraria: il risultato è apprezzabile poiché, grazie ad un ritmo incalzante ed alla costante vena umoristica di fondo, riesce a catturare l’attenzione del pubblico, soprattutto quello più giovane, inserendosi a pieno titolo nel sentiero tracciato in precedenza da altri film come Jumanji o la serie de Una notte al museo.
Piuttosto stranito dal trasferimento da una grande città ad un paesino, il giovane Zach riesce comunque ad ambientarsi presto grazie all’amicizia con Hannah, una sua coetanea vicina di casa. Seri problemi nascono, tuttavia, quando il ragazzo scopre che lo strano padre di lei, nientemeno che lo stesso R.L. Stine autore della collana Piccoli brividi, nasconde un grosso segreto: i mostri di cui lui parla nelle sue pagine non sono infatti immaginari e i suoi libri rappresentano la prigione in cui lui è riuscito a rinchiuderli. Tutto precipita, però, quando involontariamente Zach libera le creature mostruose dai manoscritti di Stine e queste cominciano a terrorizzare la cittadina.
L’espediente di porre lo stesso Stine al centro della vicenda ha consentito agli sceneggiatori di evitare l’imbarazzo della scelta tra i circa duecento titoli che compongono la saga letteraria. In questo modo, nel film compaiono decine dei paurosi personaggi dei libri, che permettono di offrire un compendio della vera essenza della collana; a tal proposito, si è cercato di ricreare atmosfere orrorifiche e situazioni inquietanti, senza però calcare troppo la mano, e al contempo si è conferito alla pellicola un tono piuttosto divertente, senza però banalizzare eccessivamente e scadere nella farsa. Proprio nel buon bilanciamento tra commedia e horror risiede peraltro il maggior pregio di Piccoli brividi, che trova in Jack Black il protagonista ideale, in grado di donare “credibilità” alla vicenda grazie alla sua personalità ed alla sua esperienza in ruoli analoghi.
Per quanto riguarda la realizzazione delle numerose creature mostruose, la scelta è stata quella di non esagerare con gli effetti digitali, cercando ove possibile di fare ricorso a comparse mascherate e truccate presenti sul set, al fine di rendere più credibili e genuine le reazioni degli attori, soprattutto quelli più giovani; il risultato è particolarmente efficace e fluido ed anche le sequenze più movimentate presentano una armonica fusione tra computer animation ed azione dal vivo. Scarso, peraltro, il valore aggiunto apportato dal 3D che conferisce enfasi e suggestioni visive solo in un ridotto numero di scene.
In definitiva, Piccoli brividi, se rigidamente incastonato nel suo preciso ambito di prodotto di intrattenimento per ragazzi e famiglie, può considerarsi un film riuscito e coinvolgente, in grado di spaventare con leggerezza e, soprattutto, di divertire in modo mai troppo banale.
(Goosebumps) Regia: Rob Letterman; sceneggiatura: Darren Lemke, Scott Alexander, Larry Karaszewski; fotografia: Javier Aguirresarobe; montaggio: Jim May; musica: Danny Elfman; scenografia: Sean Haworth; interpreti: Jack Black, Dylan Minnette, Odeya Rush; produzione: Columbia Pictures, Sony Pictures Animation, LStar Capital, Scholastic Entertainment, Village Roadshow Pictures; distribuzione: Warner Bros. Italia; origine: Usa, Australia; durata: 103’.